Stavo sognando

Respirare il tuo profumo, immaginare i tuoi soffici capelli biondi tra le mie dita e giocare ad unire con linee immaginare i nei sulla tua pelle chiara. Al mio risveglio sembrano gesti così lontani.
Ti guardo come se non fossi proprio io quello che stai smembrando, squarciando, divorando.
Ci osserviamo. Io sdraiato sul letto, immobile. Tu scavi nelle mie viscere e tra le mani insanguinate stringi un pezzo del mio fegato, una parte dello stomaco. Il duodeno fuoriesce abbondantemente; un lungo tubo di carne che si abbandona sui miei fianchi.
I tuoi occhi sono neri, dilatati ed inespressivi. Dalla tua bocca semiaperta si notano denti aguzzi, affilati, pronti a strappare altra materia. L’espressione è diabolica, assente. La mia incredula, distante.
Mi sveglio sudato. Questa volta realmente.
Accanto a me non c’è nessuna persona e la mia pancia è integra. Meno male.
Mi devo sedere e far passare qualche secondo prima di realizzare che ciò che ho vissuto era frutto di una malata fantasia. Un incubo.
Ho battuto la testa sul muro nel mettermi seduto.
La luce penetra creando dei fasci molto definiti e luminosi. Delle delineate figure geometriche. Bianchi coni disturbati solamente da scuri e movimentati puntini di polvere. Sarà l’incubo appena vissuto ma associo le particelle polverose ai microbi che si muovono sul vetrino quando osservati al microscopio.
La forma della stanza prende forma, nitidezza.
Mi avvicino alla finestra ed apro il balcone.
La luce mi sovrasta di un bagliore così potente da costringermi a chiudere gli occhi per qualche secondo.
Li apro a fatica, prima uno poi l’altro.
Metto a fuoco e vedo il blu. Mare blu e azzurro nitido di un infinito cielo.
La natura quest’oggi offre tre elementi: il mare, il cielo, la terra.
L’essere umano, di suo, ci aggiunge poco altro per rendere quest’isola così bella: poche case, molte piccole imbarcazioni.
Qualche rintocco delle campane mi fanno volgere lo sguardo verso il campanile della chiesa che finalmente riesco a mettere a fuoco.
Fa molto caldo e la mia colazione sarà mediterranea. Tra l’altro è mattina inoltrata ed una limonata fresca accompagnata da pane, olio di oliva e qualche pomodorino mi faranno bene rispetto ai soliti dolci.
I limoni sono grandi, gialli, freschi. Si intonano così bene alle piastrelle della cucina bianche ed azzurre che quasi mi dispiace usarli. Mi dispiace altrettanto rientrare in casa e lasciare questo meraviglioso punto di vista. Proprio qui sotto ci sono persone che fanno il bagno.
L’acqua è talmente trasparente che riconosco le linee ed i colori dei loro costumi.
Mentre sgranocchio qualcosa continuo ad osservare il paesaggio, ad ascoltare il rumore insistente, quasi insopportabile, delle cicale. Il vento, che soffia leggero, non trasporta con sé altri suoni.
In realtà in lontananza si sente lo scoppiettio del motore di una vecchia barca di legno che si mostra lungo le rive. Sarei curioso di sapere come vive l’uomo che la sta pilotando.
La sua famiglia, la sua vita… Quello che ha vissuto e come sta vivendo ora.
I grandi spazi e l’aria profumata d’estate mi hanno fatto dimenticare l’incubo di poc’anzi. Non del tutto se però ancora lo menziono tra i miei pensieri. Sono proprio strano.
Adesso non rimane altro che consumare il mio primo pasto ed immergermi nel dipinto di colori con cui ho deliziato il mio inizio di giornata. La priorità sarà cercare qualche spiaggia isolata, silenziosa e riservata. Scottarmi i piedi con la sabbia bollente baciata costantemente dal sole prepotente e poi immergerli e raffreddarli nella tiepida acqua cristallina. Camminare lentamente verso le profondità e sentire il fresco che sale dai polpacci, alle cosce. Far rabbrividire per qualche secondo il corpo prima di scioccarlo definitivamente in un tuffo liberatorio. Poi una lunga nuotata con la cadenza del respiro sempre più affannosa, poi lenta, poi armoniosa. Mi integrerò all’acqua di mare. Non sarò un pesce, sarò acqua.
Mi sveglio tranquillo, sorridente.
Nella stanza c’è penombra e non penetra nessun fascio di luce. Non ci sono limoni né tantomeno porte che si affacciano al balcone. Ascolto il ronzio del frigo. Qualche sirena in lontananza. Non ci capisco più niente.
Mi tocco la testa e non ho sbattuto da nessuna parte.
Allora anche queste erano fantasie…
Stavo sognando.
Sono passato attraverso momenti davvero terribili nella mia vita, alcuni dei quali sono realmente accaduti.
(Mark Twain)
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