Egitto: un fallimento annunciato

L’Egitto fa parte di uno dei tanti Paesi che, nonostante le risorse geo-culturali illimitate, non garantisce alla popolazione un tenore di vita adeguato.

Hurgh oldersLa sofferenza dello Stato che per anni è stato forse forzatamente considerato il cuscinetto tra il mondo cattolico occidentale e quello  musulmano medio orientale, sta provocando enormi scompensi nelle abitudini dei turisti per lo più facenti parte dell’Europa mediterranea e di conseguenza alle tasche dei Tour Operator che negli anni avevano investito fortemente nella terra dei Faraoni.

L’embrione del  fallimento annunciato nasce nel corso degli anni dove le interferenze politiche internazionali hanno sempre prevaricato il volere del popolo egiziano, alla fine incapace di avere una visione democratica del proprio destino. I generali, istruiti per far fronte alla guerra, o ad idearne di nuove, con attitudini emergenziali  a discapito di quelle programmatiche, sicuramente sono le persone più adatte per sopprimere ogni segnale di scontento ma anche le più inopportune per favorire lo sviluppo.

La mancanza di investimenti nell’istruzione, ridotta ormai fondamentalmente allo studio del Corano, nonché nella ricerca, nel sostegno all’artigianato, alla reale conservazione e riprogettazione dei siti archeologici e la completa inosservanza o esistenza dei piani urbanistici specie nelle nuove realtà recentemente sviluppate ad uso esclusivamente turistico, hanno mandato a picco un Paese che di suo possiede già tutto.

DSC_0640Se da un lato la noncuranza e l’approssimazione hanno mantenuto i prezzi decisamente cheap rispetto al vicinato, tra cui primeggiano le simboliche sfarzose Dubai ed Abu Dabi, paradossalmente accaparrandosi di fatto frotte di turisti low cost, dall’altro hanno lentamente strascinato l’economia turistica sempre più in basso fino all’esasperazione e nell’oggettiva impossibilità di investimento in manodopera qualificata e rimodernamento delle strutture, particolarmente fragili ed in balia dei componenti climatici per lo più corrosivi quali sabbia e salsedine.

DSCF1777La crisi che sta attanagliando l’Egitto non sarà passeggera ed i segnali che lo confermano sono evidenti: in primo luogo la mancanza di investimento nell’educazione ha creato una voragine, colmabile in non meno di vent’anni,  tra una risicata e forzata classe dirigente ed i comuni cittadini che al momento si ritrovano in balia degli eventi senza né arte né parte, spavaldamente inconsapevoli e con la sola possibilità di reinventarsi; la fuga degli investitori non sarà fulminea, in quanto le aziende hanno bisogno di piani di rientro a lungo termine che l’Egitto così com’è non può garantire; il lento ma inesorabile cambio d’abitudine del flusso turistico degli affezionati che giorno dopo giorno sembra essersi messo il cuore in pace optando per destinazioni apparentemente simili ma più accoglienti.

gioEppure questo disastro politico non è da attribuire esclusivamente ai dittatori che hanno governato il Paese e continuano a farlo, ma andrebbero rivisitati alcuni punti di vista storici propagandistici che alla fine si stanno rivelando dei boomerang che l’Occidente sta pagando con gli interessi. La pace e la ricchezza a discapito di altre realtà, lontane o vicine esse siano, sono transitorie. Gli scompensi che paghiamo oggi sono frutto dei tempi non troppo lontani in cui Churchill divideva le pacifiche etnie beduine con l’ausilio di un righello o la creazione dello Stato fantasma di Israele che si sarebbe in futuro rivelato una sorta di cancro per le popolazioni arabe, tutt’ora coinvolte in un vortice d’odio, intolleranza e distruzione.

Andrebbe forse ricusato il vanto anglosassone d’aver insegnato la civiltà a popolazioni considerate barbare perché incapaci di utilizzare la forchetta. In fondo, pur non godendo dei privilegi consumistici le tribù beduine adottano ferree regole basate sul profondo rispetto del prossimo, della comunità e di poche, ma inviolabili, leggi sacrosante che dall’altra parte sembrano invece lontani ricordi del dignitoso vivere.

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