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Berlino. Le parole che non sai

Lo scontro tra i due era stato piuttosto violento e questo causò la separazione.

Era giunto il momento di fare un punto della situazione, di stare da soli e riflettere sugli errori commessi. Di scegliere se puntellare definitivamente un sentimento più che mai traballante o lasciarlo volare via come un inutile palloncino al vento. Dopo anni di parole, gesti e respiri condivisi pareva assurda, ad entrambi, ogni minima rinuncia.

Il cielo di Berlino quella mattina ben si adattava all’umore di lui che aveva deciso di dedicare del tempo a se stesso in una delle città europee più simboliche dell’epoca attuale. Il viaggio era stato travagliato. Il sedile accanto al suo era rimasto vuoto fino a quando fu occupato da una passeggera probabilmente sua coetanea. Le osservò sbadatamente le mani, notò degli anelli argentati, un piccolo tatuaggio sul polso. Una serie di bracciali forse regali o ricordi di qualche viaggio. Per un attimo la guardò in viso ed incrociò il suo sguardo. Non era la persona che abitualmente viaggiava con lui, pensò. Fece un sorriso di cortesia, ricambiato, poi si incupì nuovamente.

L’albergo in cui avrebbe dormito a Berlino era in una zona centrale ed era stato scelto da lei. La prenotazione era a nome della ragazza ed essere costretto a pronunciarlo al momento della registrazione gli provocò fastidio allo stomaco. Un misto tra rabbia, delusione e sacrilego. La camera dell’albergo era atipica e curata nei minimi particolari. Appoggiò la valigia e la esplorò con una prima occhiata notando un letto dall’aspetto confortevole e dalle dimensioni piuttosto grandi, poi si soffermò su alcuni quadretti e specchi appesi ad una parete. Aprì le porte del bagno e della doccia e, prima di sedere sulla poltrona di velluto, aprì le tende in modo da poter ammirare un murale dipinto su una parete nel cortile. Senza quel tocco artistico sarebbe stato un ostacolo alla vista e nient’altro. Si soffermò a scrutare altri oggetti nella stanza, poi sospirò lasciandosi cadere in un sonno profondo.

Girare una città sconosciuta da solo era una delle cose che riteneva più stressanti in assoluto. Durante il cammino era infastidito nel imbattersi in opere d’arte senza avere la possibilità di poterle condividere. Così come le persone che incrociava non avevano nessun motivo di esistere se non potevano essere commentate, spesso scherzate, nel gioco che erano soliti fare i due ragazzi. Era semplicemente un training di complicità piuttosto che malizia o cattiveria. Spunti per ridere assieme.

Prese la metropolitana per raggiungere Alexander Platz. L’unica cosa che lo distraeva dal suo pensiero fisso erano le decine e decine di murales che lo accompagnavano ovunque. Mentre immagini malinconiche scorrendo velocemente dal finestrino del treno testimoniavano il cambiamento dei tempi, cominciò a pensare che forse tra lui e Berlino qualche similitudine esisteva. Scese ad Alexander Platz.

Nella piazza, che trovò piuttosto sporca, c’era una manifestazione che denunciava un progetto di riqualifica di un quartiere storico. Contestavano l’F24 Alpha, questo il nome del piano di lavoro, di voler innestare delle case moderne ed accessibili per pochi privilegiati a discapito degli storici residenti attuali. La forma di protesta pacifica era originale se non altro. Persone truccate e vestite da zombie si spostavano sostenendo dei cartelli con scritte in tedesco. Il gruppo di protesta si chiamava Die Verdrängten, quelli repressi tradotto. Era tutto molto curioso ma l’interesse finì al termine della sfilata. Decise di mangiare qualcosa in un locale nei pressi della stazione. La famosa Alexander Platz non l’aveva entusiasmato. C’é da dire che in quelle condizioni psicologiche forse ben poche cose sarebbero riuscite a smuoverlo. Sorseggiò il cercando di individuare qualche notifica di lei sullo smartphone ma ovviamente il nulla.

Impostò google map in direzione Checkpoint Charlie e lì si diresse. Una volta raggiunto rimase nuovamente  deluso da quello che una volta era stato un’importantissimo e spesso tragico passaggio tra Occidente ed Oriente. Una delle tante assurdità architettate dall’uomo adesso era diventato un teatrino del ridicolo con dei personaggi vestiti da militari americani ma dagli accenti albanesi o rumeni, intenti a farsi fotografare dai turisti che avrebbero conservato fasulle e fittizie immagini del momento.

Proseguì il cammino fino ad arrivare al perimetro di ciò che rimane del muro di Berlino. Il simbolo per eccellenza della divisione e massima espressione dell’idiozia umana. Potere, avidità, incomprensione, ottusità. Ogni mattone che è stato posto su quella linea divisoria rappresenta i sentimenti più inumani possibili immaginabili. In molti hanno cercato di scavalcare quel muro, in pochi ce l’hanno fatta. I meno fortunati sono ancora oggi ricordati da foto o nomi che a leggerli ci si vergogna. Ma quanti muri di comodo resistono nell’oblio generale ancora oggi? Pensò il ragazzo mentre fotografava uno dei tanti simboli rimasti in memoria. Poi pezzi di muro che frenano schizzi di vernice in cerca di spazi infiniti da colorare. Che nascondono treni in movimento o persone di passaggio.

Alzò lo sguardo davanti all’imponente porta di Brandeburgo, ennesimo sigillo al potere, alla grandezza. In contrapposizione al monumento ancora proteste e rimostranze contro il sistema. La più curiosa era mossa da un uomo super fisicato che sotto una gigante bandiera tedesca elencava agli innumerevoli passanti motivazioni letteralmente insignificanti. Le foto assumevano contesti goliardici piuttosto che politici e le risatine delle ragazze intente a scattarle ne erano la conferma. Più il ragazzo sfiorava l’ilarità più ne subiva l’effetto contrario. La sua malinconia aumentava di sproposito nel vedere gli altri ridere e divertirsi.

Arrivò presto la sera e si ricordò che in tutto quel tempo non si era neanche minimamente interessato di bersi una birra. Non farlo in Germania era impensabile.  Si sedette così in un locale storico della metropoli tedesca e sfogliò lentamente il menù. Pensò alla birra che avrebbe gradito la sua compagna e ne ordinò una per sé ed una per lei. Simbolicamente. Come se si fosse assentata un attimo e da lì a poco avesse preso posto accanto a lui. Come è sempre stato d’altronde. La cameriera prese l’ordine, si guardò in giro in cerca della seconda persona che ovviamente non era presente ed essendo tedesca, notò l’anomalia, ma non commentò.

Le birre aiutavano a far scivolare i turbamenti e liberare le fantasie. I pensieri si accavallavano nella sua testa in maniera disordinata e copiosa. Le proteste, i murales, i monumenti, i turisti, il muro… Già il muro. Che lui aveva condannato fermamente senza lasciare spiraglio a nessuna giustificazione era lo stesso che aveva innalzato dentro di sé. Un muro che lo divideva dalla persona che più aveva amato ed amava in quel momento. Per orgoglio, per stupidità, forse per qualcuno degli stessi motivi che il muro di Berlino aveva causato così tanto imbarazzo al mondo intero. Loro stavano facendo lo stesso in fondo, avevano cominciato una guerra fredda in cui ogni sentimento buono che cercava di scavalcare il muro veniva soppresso. Lasciato cadere a terra esanime. Quante carezze, quanti baci erano stati ammazzati fino ad ora? Persi per sempre.

Il primo boccale di birra era terminato. Il muro cominciava a vacillare.

Non ha senso tutto ciò, pensò. Come posso permettermi di giudicare gli altri se sono io il primo ad erigere delle barriere verso le persone a cui tengo di più?

Si fece coraggio. Impugnò il telefono e mandò un messaggio: Quando torno ti dirò un sacco di parole che non sai. Che non ti ho mai detto. Sono uno stupido.

Rimase a fissare lo smartphone per tutta la durata della seconda birra, sorso dopo sorso, in attesa di una risposta che non arrivava.

Rassegnato ed annebbiato da tutta quella quantità di alcool ingerita posò il bicchiere vuoto sul tavolino e mise goffamente una mano in tasca alla ricerca del portafoglio.

Nel mentre ci fu una vibrazione.

Va bene, quando torni ne parliamo, lesse.

Sorrise, ringraziò la cameriera intenta a servire altri tavoli e tornò in albergo.

Finché c’é guerra c’é speranza

A momenti sarei partito e chiudendo la porta dietro a me avrei spento le urla ed i rumori provenienti dalle bocche della mia cara famiglia.

Prima di ogni mio viaggio si azionava la messinscena dell’inseguimento per le stanze della casa dei due bambini con mia moglie indaffarata nel redarguirli e ricordarmi di mettere questo e quello nella mia valigia. Le vibrazioni della scala di legno sollecitata dalla corsa dei pargoletti mi rintonavano in testa anche dopo essere salito nel taxi.

Ultimamente le cose stavano andando piuttosto bene. Economicamente riuscivo a soddisfare le richieste di tutti i componenti della famiglia. I bambini potevano vestire abiti di qualità ed erano ricoperti da giochi di ogni genere e tipo. Il maschietto stava impazzendo dietro l’ultimo mio regalo: un piccolo drone che avevo ricevuto io stesso in omaggio da una società israeliana specializzata in sistemi di spionaggio e sicurezza. Sua sorella, come ogni bambina pre-adolescente, preferiva i giochi all’aperto. Quando non cavalcava, passava le ore a spazzolare il suo cavallo. L’avevo avuto ad un prezzo di favore durante uno stage in Arabia Saudita.

Bastava accendere la tv e sintonizzarsi su un qualsiasi telegiornale per capire come gli astri fossero tutti favorevoli a chi, come me, commerciava in sicurezza.

Alla fiera di Washington, era lì che mi stavo recando, mi aspettavano numerosi contratti già belli ed impacchettati pronti per essere firmati. Sinceramente il mio lavoro stava diventando quasi noioso.

Gli inizi non furono brillanti. Vendere la propria merce non era così semplice come ad oggi. Molti politici evitavano di farsi coinvolgere in scandali per non compromettere la propria immagine e l’opinione pubblica era sicuramente più attenta nel mantenere certi valori. Almeno all’apparenza. Al momento, per fortuna, qualsiasi vergogna o dignità è sbriciolata davanti al denaro.

Per vendere un sistema di sorveglianza piuttosto complicato creato da italiani ed ebrei, ad esempio, sono nate delle vere e proprie alleanza tra parte degli stessi ebrei e palestinesi. Difficile solo a pensarlo vista la situazione instabile che regna in quella parte di mondo.

Guardato con gli occhi di uno spettatore moralista quel luogo è uno scempio dell’umanità; con quelli di chi cerca l’affare è un laboratorio dove testare qualunque sistema di sicurezza senza curarsi minimamente di infrangere diritti o dignità umane. Un paradiso.

A Washington mi incontrerò anche con esponenti della Comunità Europea che stanno approvando nuove leggi che regolamenteranno ancora più severamente gli aeroporti. I notevoli sforzi economici dell’azienda che rappresento cominciano a dare i loro frutti. Manca solo la firma sul contratto ma la tavola è già apparecchiata. Ogni volta che mi tolgo il soprabito prima di passare sotto il metaldetector di vecchia generazione sorrido all’idea di cosa aspetta alle persone che già adesso rumoreggiano per il fatto di dover sottostare alla rigidità dei controlli.

Lo strato di grigio di cui faccio parte è l’involucro di uno nero, sommerso, di cui si vuole ricoprire l’esistenza. La fabbrica del nemico. Il luogo dove si modellano figure da combattere a piacimento.

Là sotto non esiste una nazionalità, un credo, una politica. Esiste il colore dei soldi. Un girone infernale dove si mescolano i corrotti di ogni razza e cultura.

In Israele il teatrino del terrorista palestinese che attacca e viene eliminato viene sistematicamente messo in scena e poi lo si butta in pasto ai media che fanno il resto. La pace sarebbe la fine per la ricerca di sistemi di sicurezza e tecnologia balistica.

I Paesi del Mediterraneo, quelli più obbedienti, vengono risparmiati dagli attacchi terroristici. Per vendere bene ci sono gli sbarchi dei clandestini. La paura del diverso, la chiusura nelle proprie case, la voglia di difendersi ed uno Stato non presente alimentano il nostro indotto. Allarmi, antifurti, telecamere, piccole armi da difesa. I cani da guardia? Non ci guadagniamo nulla. Le polpette avvelenate sono un ottimo deterrente per chi ancora crede in quel tipo di difesa antiquata e poco redditizia.

Ma se ho comprato la terza casa al mare lo devo all’inimmaginabile inserimento delle grosse case di distribuzione che si sono inserite prepotentemente nel business dello spionaggio casalingo. Le spy cam che vigilano le nostre case possono essere utilizzati per osservare ed ascoltare anche le stesse persone che ci vivono. I software sono vulnerabili, in alcuni casi progettati appositamente per essere perforati.

Osservare, rubare immagini e dati… La guerra sta prendendo nuove forme e connotati, meno sangue ma più assorbimento di cervelli

Alla fine nonostante i mille reminder di mia moglie mi sono dimenticato di lasciarle i soldi per saldare la retta scolastica dei ragazzi.

Non è la prima volta che capita, ma sono sicuro che i preti capiranno.

Un anno di più

E’ stato un 2016 con la valigia in mano.

Un anno in cui Controviaggio si è guadagnato un’impennata di visite che hanno surclassato quelle degli anni precedenti.

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gennaio2016Tutto parte da Gorizia, le origini. Qualcuno dice che le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove. Un maggiore interesse da parte del resto d’Italia  agli avvenimenti storici avvenuti nel piccolo e schiacciato capoluogo friulano renderebbero più facile le letture di confini, valute e diversità etniche. febbraio16Nel periodo natalizio la tappa nella minacciata Bruxelles. La bellissima città fiamminga, continuamente esposta suo malgrado al giudizio politico e morale dalla gente, ha svelato un’identità artistica eccezionale. Nella capitale belga si evidenzia la continuità di stile tra la sofisticatezza barocca e gotica e l’essenzialità più attuale. Il grigio preponderante degli spazi spesso viene scombinato da murales colorati raffiguranti personaggi di fumetti. Da una città grigia politicamente e geograficamente al centro d’Europa, ad un’altra. Grigia s’intende. Circondata da enormi spazi verdi dove si pratica la coltura del riso fa bella mostra di sé Pavia che, come tutte le città italiane, ha molto da raccontare. marzo16Il capoluogo lombardo si dondola sull’altalena che oscilla tra i vantaggi della vicinanza con la metropoli Milano e le zone d’ombra derivanti dalla stessa. aprile16La tappa a Barcellona è stata di tutt’altro taglio rispetto le visite precedenti. Città molto ben organizzata, pulsante e gioiosa, decorata con estrema creatività e fantasia, figlia del genio visionario Gaudì. La prima mezza maratona corsa in un ambiente partecipativo con gli spagnoli sempre preparati nel cogliere la festa in ogni evento.

maggio 16Dalla Spagna al Portogallo la distanza è breve. Porto è cosa non ti aspetti. E’ aprire la porta di un locale affollato, muoversi tra la gente, ammirare e salutare le persone più in vista, congedarsi per un drink ed essere folgorato dallo sguardo penetrante di una persona in penombra. Con tutte le sinuose forme, semi nascosta ed emergente di luce propria. La voce calda, rassicurante. Sorride e ti mette a tuo agio.

giugno16E’ stato poi il turno del martoriato Egitto e quella che potrebbe essere, o forse a modo suo lo è, la splendida Cairo. Schiacciata da interessi internazionali che costringono migliaia di persone alla povertà ed ignoranza nel nome di equilibri che dovrebbero favorire le stesse persone occidentali che ripudiano i conseguenti flussi migratori causati dai loro malgoverni. Un luogo che ad oggi ha l’aspetto di un fazzoletto gettato a terra dopo l’uso. Similitudini con Varsavia ci sono, con la differenluglio16za che la città polacca sta lasciando dietro a sé il proprio passato di tirannie ed invasori spalancando le porte al libero mercato. Con la propria moneta il costo vita e lavoro in Polonia è notevolmente ridotto rispetto agli altri Stati membri, così da diventare meta ideale per aziende che vogliono abbattere spese. Una Disneyland del capitalismo. Seconda mezza maratona corsa in un ambiente diverso rispetto a Barcellona come era ovvio aspettarselo. I polacchi non hanno un senso dell’humor particolarmente sviluppato e le iniziative che propongono assumono un’aurea piuttosto infantile e scolastica.

agosto16L’estate si tinge d’azzurro del mare e del cielo di Tilos. L’isola greca non è raggiunta da orde di turisti, anzi pare un luogo poco frequentato. E’ stata forse la destinazione che ha fatto da pagliericcio alla scintilla scoccata nel raccontare Bruges il mese seguente. Immaginare ed illustrare artisti e scrittori intenti a sviluppare le loro opere lambiti da soffi di vento caldo e distratti dal rumore delle onde più fragorose nella culla degli Dei, ha inconsciamente suggerito un nuovo modo di raccontare i luoghi.settembre16

I luoghi sono persone. Vite quotidiane. Storie da raccontare.

La fiabesca Bruges è stata la scenografia perfetta di una bella ed interminata storia d’amore. Forse mai iniziata.

ottobre16Dopo una confessione d’amore non poteva mancare una dichiarazione d’odio. Gerusalemme è stato il luogo protagonista e contenitore dove vomitare ogni pensiero riguardante la condizione attuale degli ebrei di Israele. Arroganti e supponenti, hanno creato un muro reale per proteggersi dalle loro stesse azioni di guerra ed un muro ideologico per rifiutare ogni ammonimento dalla società pensante. Fino a quando il mondo intero dovrà pagare il retaggio storico della shoah da loro indiscutibilmente subito?

Infine l’anno si conclude con il Tour del Portogallo e la prima maratona corsa a Porto. Non poteva essere diversamente.novembre16b

La frenesia di una Lisbona attraversata dal tram 28 e soffocata dal traffico nei sali e scendi dei quartieri storici, l’infinito orizzonte del mare di Fortaleza di Sagres, il tramonto a Faro e la città grigia di Piodão. Le fortezze e palazzi colorati di Sintra.

 

Questo è stato il 2016

 

Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle; e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi.
(Sant’Agostino)

 

Egitto: un fallimento annunciato

L’Egitto fa parte di uno dei tanti Paesi che, nonostante le risorse geo-culturali illimitate, non garantisce alla popolazione un tenore di vita adeguato.

Hurgh oldersLa sofferenza dello Stato che per anni è stato forse forzatamente considerato il cuscinetto tra il mondo cattolico occidentale e quello  musulmano medio orientale, sta provocando enormi scompensi nelle abitudini dei turisti per lo più facenti parte dell’Europa mediterranea e di conseguenza alle tasche dei Tour Operator che negli anni avevano investito fortemente nella terra dei Faraoni.

L’embrione del  fallimento annunciato nasce nel corso degli anni dove le interferenze politiche internazionali hanno sempre prevaricato il volere del popolo egiziano, alla fine incapace di avere una visione democratica del proprio destino. I generali, istruiti per far fronte alla guerra, o ad idearne di nuove, con attitudini emergenziali  a discapito di quelle programmatiche, sicuramente sono le persone più adatte per sopprimere ogni segnale di scontento ma anche le più inopportune per favorire lo sviluppo.

La mancanza di investimenti nell’istruzione, ridotta ormai fondamentalmente allo studio del Corano, nonché nella ricerca, nel sostegno all’artigianato, alla reale conservazione e riprogettazione dei siti archeologici e la completa inosservanza o esistenza dei piani urbanistici specie nelle nuove realtà recentemente sviluppate ad uso esclusivamente turistico, hanno mandato a picco un Paese che di suo possiede già tutto.

DSC_0640Se da un lato la noncuranza e l’approssimazione hanno mantenuto i prezzi decisamente cheap rispetto al vicinato, tra cui primeggiano le simboliche sfarzose Dubai ed Abu Dabi, paradossalmente accaparrandosi di fatto frotte di turisti low cost, dall’altro hanno lentamente strascinato l’economia turistica sempre più in basso fino all’esasperazione e nell’oggettiva impossibilità di investimento in manodopera qualificata e rimodernamento delle strutture, particolarmente fragili ed in balia dei componenti climatici per lo più corrosivi quali sabbia e salsedine.

DSCF1777La crisi che sta attanagliando l’Egitto non sarà passeggera ed i segnali che lo confermano sono evidenti: in primo luogo la mancanza di investimento nell’educazione ha creato una voragine, colmabile in non meno di vent’anni,  tra una risicata e forzata classe dirigente ed i comuni cittadini che al momento si ritrovano in balia degli eventi senza né arte né parte, spavaldamente inconsapevoli e con la sola possibilità di reinventarsi; la fuga degli investitori non sarà fulminea, in quanto le aziende hanno bisogno di piani di rientro a lungo termine che l’Egitto così com’è non può garantire; il lento ma inesorabile cambio d’abitudine del flusso turistico degli affezionati che giorno dopo giorno sembra essersi messo il cuore in pace optando per destinazioni apparentemente simili ma più accoglienti.

gioEppure questo disastro politico non è da attribuire esclusivamente ai dittatori che hanno governato il Paese e continuano a farlo, ma andrebbero rivisitati alcuni punti di vista storici propagandistici che alla fine si stanno rivelando dei boomerang che l’Occidente sta pagando con gli interessi. La pace e la ricchezza a discapito di altre realtà, lontane o vicine esse siano, sono transitorie. Gli scompensi che paghiamo oggi sono frutto dei tempi non troppo lontani in cui Churchill divideva le pacifiche etnie beduine con l’ausilio di un righello o la creazione dello Stato fantasma di Israele che si sarebbe in futuro rivelato una sorta di cancro per le popolazioni arabe, tutt’ora coinvolte in un vortice d’odio, intolleranza e distruzione.

Andrebbe forse ricusato il vanto anglosassone d’aver insegnato la civiltà a popolazioni considerate barbare perché incapaci di utilizzare la forchetta. In fondo, pur non godendo dei privilegi consumistici le tribù beduine adottano ferree regole basate sul profondo rispetto del prossimo, della comunità e di poche, ma inviolabili, leggi sacrosante che dall’altra parte sembrano invece lontani ricordi del dignitoso vivere.

Isis: Ciak si gira!

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Sarà, eppure qualcosa non quadra…

Parliamo del nuovo spauracchio dell’Occidente, ossia un gruppo di fanatici che si fan chiamare Isis e che giorno dopo giorno sventolando bandiere nere inneggianti la grandezza di Allah arruolano tra le loro linee un crescendo di seguaci rivoluzionari provenienti da tutto il mondo.

Le forti perplessità che dietro a questa minacciosa entità che ha dichiarato guerra al resto del mondo islamico, e non, ci sia una regia occidentale sono piuttosto consistenti. Saranno anche allucinanti supposizioni probabilmente derivate da tutti i telefilm che quotidianamente le tv ci propinano ad ogni ora con i buoni sorridenti ed armati fino ai denti che lottano e distruggono i cattivi incazzati ed armati fino ai denti, ma comunque meritano essere discusse, tanto per fugare ogni ragionevole dubbio.

guantI PRIGIONIERI E LE TUTE ARANCIONI: Partendo dal presupposto che i popoli arabi sono storicamente popoli nomadi e pertanto non inquadrati, piuttosto disordinati e confusionari anche in ambito militare dove l’aspetto è considerato importante ma non a livello maniacale come in Occidente, spesso a causa delle scarse risorse economiche su cui possono contare, viene da pensare sul perché i prigionieri dell’Isis indossino delle tute arancioni stile Guantanamo e non delle semplici Galabeia come tra l’altro hanno indossato le due ragazze italiane rapite in Siria e poi rilasciate dopo il pagamento del riscatto richiesto, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Magari ci sarà scappato qualcosa, eppure tutta questa attenzione nella cura dei prigionieri, nessuno con barba incolta (il Corano non gradisce la rasatura completa, tra l’altro) o segni dovuti alla trascuratezza cui i popoli del medio oriente ci hanno abituati, se non altro per le circostanze ambientali, può far sorgere qualche dubbio.

videoRIPRESE VIDEO PERFETTE: E’ sorprendente il fatto che tutti i video siano girati senza il minimo intoppo. Chi ha lavorato nel Medio Oriente in luoghi poveri dove si presume siano di istanza i militanti dell’Isis, anche perché il paesaggio circostante il luogo delle esecuzioni non ricorda certo il centro di Dubai o Abu Dabi, sa bene quante difficoltà si debbano affrontare giornalmente a causa della scarsezza dei materiali e dell’approssimazione dei tecnici locali. Poter realizzare dei video professionali in luoghi aridi e senza nessun appoggio tecnologico adeguato nelle vicinanze è pressoché impossibile per un reporter amatoriale, completamente impensabile per un operatore originario del luogo. Non un incertezza nelle riprese, nessun riflesso sbagliato. Una delle più grandi difficoltà che può incontrare un fotografo o un videomaker è lavorare nel deserto con il sole a picco ed una ristrettezza di orari utili impressionante. L’Isis prima di intraprendere il percorso guerrigliero avrà pensato di partecipare a qualche corso di fotografia o avrà arruolato tra le proprie fila dei registi e cineoperatori. Preoccupandosi, tra un Kalashnikov e l’altro, di acquistare Canon, Sony, Go Pro e schede di memoria.

rapGLI ARRUOLAMENTI E GLI INFILTRATI: Questo sicuramente è il dubbio più importante. Ma è mai possibile che i potenti ed onnipresenti servizi americani coadiuvati in loco da quelli forse più invasivi e preparati al mondo israeliani non riescano non solo ad individuare le postazioni del presunto nemico ma nemmeno ad infiltrare un qualsiasi dei loro uomini super addestrati? Le tecniche tanto utilizzate e sbandierate per sgominare le bande criminali e spacciatori incalliti in questo caso non valgono? Riescono ad arruolarsi nell’Isis ex rapper diciannovenni inglesi e mogli infelici albanesi risiedenti nel lecchese e non delle spie di gruppi speciali? Questo è forse il punto che più lascia perplessi sulla reale provenienza ed autenticità dell’Isis.

B87y9-yIgAACFIO.jpg largeIL PILOTA GIORDANO ARSO VIVO MAAZ AL KASSASBEH: Nessuno mette in dubbio la veridicità dei decessi dei martiri decapitati o, nel caso, brutalmente arsi vivi, bensì si tratta di comprendere la reale provenienza e motivazioni degli spietati esecutori. Il video in questione apre numerosi quesiti: il primo deriva dal fatto che ancora una volta si nota una scena del delitto in stile telefilm americano, che più che un’organizzazione di terroristi reale ricorda quelle messe in scena in McGyver dove però il finale è più gioviale grazie alla solita molletta per i capelli ed il chewing gum esplosivo. Il plotone di esecuzione è perfettamente fermo ed allineato, con divise mimetiche ricercatamente uguali ed in ordine, passamontagna identici e, cosa ancor più sorprendente per la provenienza di quei popoli, in silenzio. Osservano in silenzio. Come dire che ad un tratto Papa Francesco si mettesse a ballare il tuca tuca a San Pietro durante l’omelia. La gabbia dove è tenuto il povero ostaggio è saldata perfettamente, non presenta alcun difetto ed anche in questo caso assistiamo a delle riprese video magistrali, un’esecuzione senza intoppi nonostante la difficoltà nel poter appiccare il fuoco e fargli seguire un percorso prestabilito senza che questo si spenga o che insorgano contrattempi, ripeto, molto frequenti da quelle parti. Una volta incenerito il corpo del povero martire giordano Maaz Al Kassasbeh ecco che compare un Caterpillar per seppellire sotto un manto di pietre quel che di lui resta e la gabbia che lo conteneva da vivo. Ribadiamo il concetto: tutta questa perfezione non appartiene alla cultura di quei popoli, approssimativi e pasticcioni nel dna.

Dulcis in fundo, l’Isis che combatte perché mossa dal più profondo credo fanatico religioso e che non tollera l’ignoranza religiosa, brucia viva una persona disubbidendo così all’indicazione del Corano che vieta espressamente la cremazione e facendo infuriare pure il non certo moderato e diplomatico Ahmed Al Tayeb, Grande Imam della Moschea Al Azhar del Cairo.

imagesLE MOTIVAZIONI: Naturalmente per difenderci dal nemico la soluzione è quella proposta giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto nelle centinaia di film, telefilm e videogiochi d’oltre Oceano che ci indottrinano ad armarci fino ai denti e combattere contro i cattivi. Così mentre gli occidentali subiscono un lavaggio di cervello più o meno virtuale ed i musulmani ne subiscono uno religioso altrettanto alienante, si creano situazioni favorevoli al commercio di armi e tecnologie che permettono di mantenere sempre vivo e redditizio il giro di milioni di dollari che ci gira intorno. Il continuo stato di tensione in cui viviamo è appositamente confezionato per alimentare le nostre paure e giustificare qualsiasi attacco e morte a scopo non solo difensivo ma molto spesso anche preventivo. Quest’ultima motivazione frequentemente usata dagli ebrei che con la scusa degli attacchi terroristici hanno invaso un territorio e sterminato il popolo che lo abitava, nonché utilizzata dagli Stati Uniti per bombardare indistintamente luoghi e popoli del Medio Oriente. Pure gli alleati naturalmente necessitano di rinforzare le proprie difese in vista della minaccia imminente e così anche l’Italia è giustificata nell’acquisto di cacciabombardieri F16 che dovrebbero contrastare gli imminenti attacchi terroristici.

D’altronde le guerre sono l’anima del commercio.

Nel frattempo prima che qualche esponente dell’Isis decapiti anche le nostre teste, suggeriamo di usarle un po’ meglio…

Isreale contro Palestina

Israele inghiotte tutto

Israele inghiotte tutto

Argomento alquanto delicato ma visto che la disinformazione in Italia ha raggiunto picchi inaccettabili, cercherò di affrontarlo usando logica ed onestà intellettuale senza la pretesa di convincere nessuno, ma almeno documentando la mia totale solidarietà al popolo palestinese. Certo è che per un occidentale è sconveniente prendere una presa di posizione opposta a quella di comodo evitando di schierarsi dalla parte degli ebrei che nel frattempo continuano imperterriti ad applicare la loro politica di occupazione e di terrore.

Chi ha ragione?

Chi ha ragione?

Qualche lettore rimarrà spiazzato dall’indirizzamento di politica internazionale di questo post, ma il turista (specie italiano) sarebbe bene che capisca e si informi in modo adeguato prima di fare figure idiote nel resto del mondo. Ricordiamo che lo Stato di Israele viene inventato dalle Nazioni Unite nel 1947, completando di fatto l‘occupazione dei territori arabi già abbondantemente usurpati dalla loro autonomia dai turchi e dall’Inghilterra negli anni precedenti. Si innestano quindi gli ebrei in una terra araba chiamata Palestina fino ad allora e considerata terra promessa dai giudei. Israele comincia quindi a sgretolare lo Stato Palestinese fino a farlo diventare un gruviera e costringendo migliaia di sopravvissuti ad emigrare nella vicina Giordania ed in altri Paesi non solo limitrofi, ma del mondo intero. In pratica l’ebreo, dopo aver subito la shoah, si sente autorizzato a fare altrettanto costruendo mura contenitive in cui ghettizzare i palestinesi, bombardare parti del territorio da occupare con la scusa della prevenzione ad atti terroristici e di compiere quotidiani gesti criminali di cui si è anche abbondantemente macchiato l’ex premier recentemente scomparso Sharon, forte del fatto che ad ogni critica si può indicare l’avversario come temuto antisemita. Dietro a questo scudo si compiono impunite le scorribande ebraiche che hanno come unico obiettivo l’occupazione totale della Palestina e, chissà poi, non si vada oltre. L’intento di Israele di liberarsi di tutti gli arabi si concretizza nel coronare Gerusalemme come propria capitale, già capitale della Palestina.

Il criminale Sharon

Il criminale Sharon

Vieni quindi più da piangere che da ridere quando si sentono commenti del tipo gli ebrei continuano a subire attacchi da fanatici religiosi musulmani. In primo luogo dobbiamo ben specificare che gli attacchi avvengono da parte di Israele che vuole conquistare i territori ed impiantarci le proprie colonie. Semmai possiamo parlare di difesa del popolo arabo palestinese che ancora crede nella sua usurpata autonomia. Facciamo un esempio stupidino ma pratico: se lo Stato vi togliesse parte del vostro giardino per darlo a qualcuno che dice che quel territorio gli è stato promesso da Dio, come reagireste? Se una volta preso possesso del giardino arrivasse in casa vostra confinandovi nel solaio dicendovi che dovete andare altrove perché non siete graditi, accettereste in silenzio? Personalmente mi rivolgerei all’autorità e, visto che questa sarebbe complice dell’occupante, cercherei di farlo uscire da casa mia con le buone o cattive. Sono diventato d’improvviso un fanatico religioso o un incazzatissimo inquilino usurpato da casa mia?

il muro della vergogna

il muro della vergogna

Certo è che Israele è una finestra dell’Occidente sui territori arabi ed il potere degli ebrei, popolo storicamente legato al denaro ed al potere, non può essere messo minimamente in discussione per i motivi precedentemente illustrati. In pratica autorizzati a fare quello che vogliono per le colpe subite. Ti hanno ucciso i parenti? Non preoccuparti, adesso puoi uccidere tu quelli di qualcun altro.

Naturalmente queste sono parole che non sentirete mai pronunciare dai nostri politici opportunisti che prima vanno a porgere solidarietà al popolo palestinese per poi, lo stesso giorno, attraversare il confine e vestire il kippah ebraico strappando parole di gratitudine e contratti firmati per il rifornimento di caccia d’addestramento militare Aermacchi. http://selvasorg.blogspot.it/2012/04/monti-piazza-20-aerei-militari-ad.html

Aermacchi

Aermacchi

Se proprio bisogna difendere Israele lo si faccia con consapevolezza; la stessa coscienza che avrebbero dovuto avere i militanti nazisti che davanti allo sterminio degli ebrei han dichiarato di non sapere o di esser stati costretti ad eseguire gli ordini. (Renato)

Spartizione della torta

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