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Viaggiare d’autunno

La meteorologia classifica l’autunno al pari della primavera, come una stagione intermedia; la durata viene quindi stimata tra il 1° settembre e il 30 novembre

 

Mi sono svegliato, o almeno credo.autunno

Nel dormiveglia socchiudo gli occhi ed intravedo la luce dell’alba. Li richiudo avaro di sonno e diventano sempre più definiti i rumori all’esterno; capisco che è un camion della spazzatura quello che emana un acuto segnale ad intermittenza interrotto dal secco frastuono del cassonetto rilasciato a terra. Dura qualche minuto, poi si allontana portando con se il cadenzato rumore diesel e lo scorrere dei pneumatici sull’asfalto amplificati dal cemento bagnato. Pare abbia piovuto o, chissà, forse sta piovendo.

I sogni della notte lasciano spazio ai primi pensieri razionali; c’è da scegliere l’abbigliamento adatto per uscire, ma ancora non so se piove o meno, se fa caldo oppure no, se la giornata di oggi sarà caratterizzata da un vento forte, umidità o da chissà quale altro ostacolo meteorologico. La lucina arancione della ricarica della Nikon è fissa,  la batteria pronta per essere inserita nella macchina.

Scorre l’acqua in bagno, arta malapena ho realizzato che ti sei fatta la doccia qualche istante fa.

Sarai davanti allo specchio concentrata a sistemarti. Chissà se guardandoti penserai a quante centinaia di individui si sono riflesse proprio lì, dove adesso sei tu. Persone con le loro storie vissute, le loro famiglie, i loro desideri e segreti; ansie, paure e differenti modi di usufruire la stessa stanza che stiamo vivendo noi ora. In pochi ci pensano, secondo me. Forse è proprio grazie al pbeattlesotente ed istantaneo senso di proprietà che contraddistingue gli esseri umani che le strutture ricettive esistono. Dal momento in cui ci viene data la chiave la camera diventa nostra; per qualche giorno o settimana la possediamo. Centinaia di persone dormono nello stesso letto certi di essere, non dico gli ultimi, ma i primi ad averlo fatto.  Stranezze.

Sul letto ci sono seduto, adesso. Il bollitore elettrico ha ufficializzato l’inizio della nuova giornata con il suo goffo balletto dovuto al bollore dell’acqua che ho già versato nella tazza. La bustina del tè deteinato me la porto da casa, un amuleto per affrontare nuove culture senza staccarmi dalle mie radici. Apro la confezione di un prodotto locale e ne assaporo il gusto. Tu sei quasi pronta e ti sposti continuamente tra la stanza ed il bagno per gli ultimi preparativi. Devo rompere il silenzio per farti notare quanto sia buono quello che sto degustando; svela sapori inimmaginabili se mangiato lontano da qui. Devi assaggiarlo!

I preparativi per affrontare il primo giorno di viaggio stanno procedendo come di consueto e le lenzuola poc’anzi stropicciate sono perfettamente aderenti al materasso per accogliere la pianta della città. Occupa molto spazio, odora di stampa, ai lati della schematica mappatura pacchiane finestre colorate raccomandano ristoranti, attività e quant’altro. Lievi distrazioni su quello che da lì  a poco diventerà un campo di battaglia pieno di appunti e cerchiature solo all’apparenza disordinate. Una volta usciti capiremo se è il caso di raggiungere questi luoghi camminando o con altri mezzi.

Entriamo nell’ascensore che una coppia di giovani italiani ha appena lasciato alle loro spalle. Sembrano essere in disaccordo su molte cose mentre si incamminano nel corridoio; si chiude la porta. Torna il silenzio.

Ancora non sappiamo cosa ci aspetterà là fuori, ma sono sicuro che ci piacerà anche questo viaggio.

Bello viaggiare d’autunno, penso.

Con te.

 

 

 

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InTourvista: la Grecia vissuta dai greci

L’InTourVista del mese ci porta ad approfondire la realtà greca attraverso una breve analisi di mr.Meos Kambourakis, proprietario assieme alla sorella dell’Hotel Evi situato a Faliraki a Rodi.

L’allineamento contabile rispetto i canoni della Comunità Europea sta chiaramente mettendo in grossa difficoltà lo Stato greco caratterizzato da una economia suddivisa per la maggior parte in estate inverno a differenza di altri Paesi. Chiaramente la conformazione della Grecia è fortemente influenzata dalle entrate turistiche che in piena stagione rimpinguano in qualche modo le tasche degli ellenici che a settembre vengono svuotate di sostanza e riempite di ulteriori incertezze per affrontare l’inverno.

Tassazioni elevate, confuse e senza una limpida programmazione stanno inginocchiando le già deboli risorse turistiche che hanno difficoltà nello stipulare nuovi contratti a prezzi concorrenziali inconsapevoli di quali saranno le nuove imposte da versare sia in quantità che scadenza.

I moltissimi balzelli burocratici cui ci hanno abituato i luminari di Bruxelles hanno praticamente raso al suolo delle, effettivamente, isole felici, che al momento sopravvivono grazie a qualche generosa iniziativa privata e l’aiuto delle condizioni climatiche che bene o male ancora attirano molti turisti certi di non dover aprire l’ombrello per la durata delle loro preziose ferie.

L’aumento del costo vita ha tra l’altro aumentato il già importante divario tra qualità del servizio e prezzo da pagare per averlo con evidenti lacune da parte di innumerevoli strutture perlopiù a gestione familiare.

Chi tra l’altro ha scelto di offrirsi al mercato con formule all inclusive spalancando le porte al mercato principalmente dell’est Europa deve fare i conti con un sostanziale aumento degli alcoolici e prodotti primari che giorno dopo giorno vanno a riempire capienti stomaci mai colmi.

Situazione paradossale quindi quella che si assiste in Grecia dove a far da cornice tra il perfetto binomio del fluttuar d’onde ed un vitale sole incessante, almeno nelle isole, esistono scorci rassomiglianti a luoghi coinvolti in guerriglie o bombardamenti anziché eleganti ed ospitali edifici di accoglienza.

Se il presente è incerto, il futuro pare ancor più traballante vista e considerata l’evidente incompatibilità tra l’estremo rigore teutonico e la spensierata approssimazione ellenica.

Egitto: un fallimento annunciato

L’Egitto fa parte di uno dei tanti Paesi che, nonostante le risorse geo-culturali illimitate, non garantisce alla popolazione un tenore di vita adeguato.

Hurgh oldersLa sofferenza dello Stato che per anni è stato forse forzatamente considerato il cuscinetto tra il mondo cattolico occidentale e quello  musulmano medio orientale, sta provocando enormi scompensi nelle abitudini dei turisti per lo più facenti parte dell’Europa mediterranea e di conseguenza alle tasche dei Tour Operator che negli anni avevano investito fortemente nella terra dei Faraoni.

L’embrione del  fallimento annunciato nasce nel corso degli anni dove le interferenze politiche internazionali hanno sempre prevaricato il volere del popolo egiziano, alla fine incapace di avere una visione democratica del proprio destino. I generali, istruiti per far fronte alla guerra, o ad idearne di nuove, con attitudini emergenziali  a discapito di quelle programmatiche, sicuramente sono le persone più adatte per sopprimere ogni segnale di scontento ma anche le più inopportune per favorire lo sviluppo.

La mancanza di investimenti nell’istruzione, ridotta ormai fondamentalmente allo studio del Corano, nonché nella ricerca, nel sostegno all’artigianato, alla reale conservazione e riprogettazione dei siti archeologici e la completa inosservanza o esistenza dei piani urbanistici specie nelle nuove realtà recentemente sviluppate ad uso esclusivamente turistico, hanno mandato a picco un Paese che di suo possiede già tutto.

DSC_0640Se da un lato la noncuranza e l’approssimazione hanno mantenuto i prezzi decisamente cheap rispetto al vicinato, tra cui primeggiano le simboliche sfarzose Dubai ed Abu Dabi, paradossalmente accaparrandosi di fatto frotte di turisti low cost, dall’altro hanno lentamente strascinato l’economia turistica sempre più in basso fino all’esasperazione e nell’oggettiva impossibilità di investimento in manodopera qualificata e rimodernamento delle strutture, particolarmente fragili ed in balia dei componenti climatici per lo più corrosivi quali sabbia e salsedine.

DSCF1777La crisi che sta attanagliando l’Egitto non sarà passeggera ed i segnali che lo confermano sono evidenti: in primo luogo la mancanza di investimento nell’educazione ha creato una voragine, colmabile in non meno di vent’anni,  tra una risicata e forzata classe dirigente ed i comuni cittadini che al momento si ritrovano in balia degli eventi senza né arte né parte, spavaldamente inconsapevoli e con la sola possibilità di reinventarsi; la fuga degli investitori non sarà fulminea, in quanto le aziende hanno bisogno di piani di rientro a lungo termine che l’Egitto così com’è non può garantire; il lento ma inesorabile cambio d’abitudine del flusso turistico degli affezionati che giorno dopo giorno sembra essersi messo il cuore in pace optando per destinazioni apparentemente simili ma più accoglienti.

gioEppure questo disastro politico non è da attribuire esclusivamente ai dittatori che hanno governato il Paese e continuano a farlo, ma andrebbero rivisitati alcuni punti di vista storici propagandistici che alla fine si stanno rivelando dei boomerang che l’Occidente sta pagando con gli interessi. La pace e la ricchezza a discapito di altre realtà, lontane o vicine esse siano, sono transitorie. Gli scompensi che paghiamo oggi sono frutto dei tempi non troppo lontani in cui Churchill divideva le pacifiche etnie beduine con l’ausilio di un righello o la creazione dello Stato fantasma di Israele che si sarebbe in futuro rivelato una sorta di cancro per le popolazioni arabe, tutt’ora coinvolte in un vortice d’odio, intolleranza e distruzione.

Andrebbe forse ricusato il vanto anglosassone d’aver insegnato la civiltà a popolazioni considerate barbare perché incapaci di utilizzare la forchetta. In fondo, pur non godendo dei privilegi consumistici le tribù beduine adottano ferree regole basate sul profondo rispetto del prossimo, della comunità e di poche, ma inviolabili, leggi sacrosante che dall’altra parte sembrano invece lontani ricordi del dignitoso vivere.

InTourVista: il barbiere di Porto

filoPedro Magalhães, giovane barbiere originario di Lisbona che vive e lavora a Porto è il protagonista della inTourView dedicata alla città lusitana.

La visione dei giovani e meno giovani europei che abbiamo raccolto fin’ora è accumunata da un senso di frustrazione abbastanza papabile, vuoi per il perdurare della crisi economica globale che per la rigida gestione franco-tedesca che prevede lo stringimento della morsa d’austerità senza allentamenti all’orizzonte.

A Porto in ogni caso, così come a Barcellona si nota un notevole sforzo per lasciarsi alle spalle questo periodo e le medicine adottate sono orientate alla professionalità, cura dei dettagli e massima attenzione alla ricezione turistica che giorno dopo giorno sta modificando le proprie abitudini. A conferma delle mie personali percezioni ci sono i dati delle Ambasciate e Consolati Enit a confermarlo. Le analisi del quadro socio economico portoghese dicono infatti che:

il Portogallo, come noto, ha concluso nel maggio 2014 il Programma triennale di assistenza finanziaria con la Troika con una “clean exit”, ovvero senza il ricorso ad ulteriori crediti di sostegno. Ciò è stato possibile grazie ad una ripresa economica nel Paese che si sta consolidando grazie principalmente al buon andamento delle esportazioni e del turismo in arrivo. La crescita del PIL nel 2014 si è confermata allo 0,9% e il trend resta positivo anche nelle previsioni del 2015 (1,6%) e del 2016 (1,5%). (fonte)

luisnightCosì se adeguati investimenti in ricerca e cultura sono fondamentali nella crescita di un Paese che potrà mettere a disposizione dei propri cittadini strumenti funzionali e futuristici, la civilizzazione di luoghi che sono o furono trascurati, attireranno molti curiosi e turisti rassicurati sulla loro incolumità e benessere. Porto si muove in questa direzione.

sciuraGrazie al profumo dei soldi derivante dalla nuova frontiera della green economy molte realtà partecipano alla metamorfosi indispensabile e richiesta proprio dal nuovo e sempre più preponderante turismo responsabile che esige spazi dedicati alla famiglia e sportivi; isole pedonali, parchi giochi attrezzati per bambini ed animali domestici, piste ciclabili e quant’altro allontanino i rumori e l’inquinamento giornaliero cui ci siamo auto condannati negli anni scorsi non solo favoriscono un sano sviluppo comunitario ma, appunto, riflessoattirano le persone che fuggono dalle proprie sgangherate realtà.

L’architettura, ovviamente, testimonia questo nuovo atteggiamento eco responsabile con costruzioni sempre più attente ai consumi senza privare l’ospite di nessuna tecnologia, anzi, spesso aumentandone i comfort. Dal punto di vista turistico è naturalmente importantissimo, sicuramente primario, anche questo aspetto e Porto l’ha ben interpretato con un’ampia offerta di moderni e funzionali guest house, appartamenti, alberghi e via dicendo con un rapporto qualità prezzo davvero notevole e diversificando l’offerta per ogni tipo di turista, prediligendo la classe medio alta a vedere dagli investimenti attuali.

favChi continua ad avere un’idea dell’Europa anni 80, dove Grecia e Portogallo erano fanalini di coda con le loro incertezze per il mercato ed il turismo, oggi giorno si dovrà ricredere sulla meta lusitana. Agli ultimi posti di tutte le statistiche e, peggio di tutto con prospettive funeree, rimane la Grecia che, in buona compagnia italiana, sta colando a picco causa investimenti nulli e politiche di vecchio stampo ben lontane dalle direzioni richieste dal mercato attuale.

La mano di Gaudì ha plasmato l’anima

5Barcellona è energia, emozione, creatività. E’ Gaudì.

La città catalana ha l’atteggiamento sicuro e sbarazzino di un giovincello nato e cresciuto in un ambiente ricco ed aristocratico. Le solide fondamenta della ricchezza, non solo artistica e culturale, le ha posate il grandissimo architetto Antoni Gaudì. Quest’uomo ha costruito e plasmato numerosi edifici ad immagine e somiglianza di ciò che la natura ci propone giorno dopo giorno con apparente semplicità, dimostrando come l’armonia tra l’esistente e l’artificiale siano indispensabili per guardare al futuro con serenità.

Futuro che sembra essere raggiunto passo dopo passo dal popolo catalano che offre ai visitatori una macchina organizzativa praticamente perfetta che consente di scoprire, ammirare e partecipare a qualsiasi attività artistica con continue interazioni moderne ed innovative.

Il simbolo più potente di Barcellona, anche questo nato grazie al genio di Gaudì, è la Sagrada Familia, Basilica Cattolica cui costruzione è incominciata nel 1882 e non ancora terminata del tutto anche se al giorno d’oggi è ormai possibile ammirarne gran parte. Questo edificio è il più visitato di tutta la Spagna, motivo palesato una volta fatto il nostro ingresso; se l’allora trentenne architetto padre del modernismo catalano non lasciò nulla al caso stu2diando sistemi di luce ed audio che ad oggi sono autentici capolavori, altrettanto si può dire dell’organizzazione che cura l’aspetto turistico e che si muove anch’essa intelligentemente occupandosi di ridurre al minimo l’eventuale disagio delle masse di curiosi e studiosi; riuscendoci in maniera impeccabile. A Barcellona non c’è luogo ove non si possa usufruire al meglio della tecnologia contemporanea, dal momento dell’acquisto dove, suggerimento, è meglio prenotare gli ingressi on line precedentemente, alla visita stessa, con l’aiuto di interazioni multimediali pratiche ed intelligenti. Addentrandosi nella Casa Batllò, ennesimo capolavoro del maestro Gaudì, oltre a rimanere basiti per le soluzioni architettoniche stravaganti sì, ma altamente funzionali, si usufruisce di un piccolo monitor dalle dimensioni di uno smartphone che assolve la funzione di audio guida e che all’occorrenza diventa uno spioncino sul passato. Puntando l’oggetto in direzione desiderata come se dovessimo scattare una foto, sullo schermo comparirà la sequenza visiva originale risalente all’epoca o ciò che scorreva nella mente di Gaudì durante la creazione dell’oggetto. Un ulteriore attraversamento del tempo tridimensionale in quello che già possiamo definire viaggio surreale.10

Queste opere si integrano con la vida loca che, spumeggiante e vitale e come detto forse figlia delle opere stesse, si profonde nell’aria rendendo la città di Barcellona giovane e frivola agli occhi della proibizionista ed asfissiante Europa anglosassone.

6Piombando dall’infinito spazio del mare alla frequentata Barceloneta affacciata ad esso, in un insolito capovolgimento di sensazioni dove generalmente prevale la voglia di evasione verso grandi spazi e non viceversa, diventa piacevole far parte delle innumerevoli attività che scandiscono il fine settimana dei catalani e dove non può che far mostra di sé la fuoriclasse della cucina iberica, la paella.paella

I profumi si avviluppano tra gli scenari che migliaia di persone, gioiosamente, trasformano attimo dopo attimo nella coscienza civile cui, forse, lo stesso Gaudì ne sarebbe compiaciuto; magari passeggiando in un’altra sua meravigliosa creazione, il Parco Güell, che vanta opere di estrema raffinatezza cui l’architetto ci ha ormai abituati e che, anche in questo caso, offrono al visitatore la possibilità di confondere arte e natura usufruendo a pieno i benefici che la bellezza comporta. Il parco, che sorge a ridosso di una collina, propone diversi punti panoramici ove è possibile ammirare dall’alto la metropoli che attende l’arrivo del tramonto per esprimere fino all’ultimo istante la propria bellezza.

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1Mentre Barcellona sembra atteggiarsi alla sua bellezza in modo quasi sfacciato, ricordando in parte l’arroganza sportiva che va quasi settimanalmente in scena al Camp Nou, stadio considerato il più bello d’Europa dove i calciatori bleugrana esibiscono pregiati elementi quali Messi, Neymar, Iniesta e via dicendo, le persone sembrano molto concentrate nel proprio lavoro.

7Tutto ciò contribuisce a rendere l’asticella della professionalità decisamente alta in qualsiasi ambiente si voglia frequentare; da uno degli innumerevoli locali musica e drink presenti nella zona del porto a Barceloneta fino a risalire la Rambla, agli alberghi spesso in over booking a causa delle manifestazioni e fiere che la città offre spesso e volentieri, ai ristoranti sempre molto curati nell’aspetto e nella sostanza. A dimostrazione infine di una città in crescita e fermento sono le innumerevoli start up che giorno dopo giorno si aggiungono a tutte le attività storiche che, dal canto loro, non subiscono ma anzi non perdono tempo nel fondere la propria tradizione con l’innovazione.

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#Parigi Il turismo responsabile

In tempi storici decisivi sono state raccolte testimonianze profonde e sentenze solenni scritte da poeti, scrittori, religiosi, statisti e dagli stessi combattenti; visioni trascritte di un mondo martoriato vissuto attraverso le sbarre di una corazza o dall’oblò di navi da guerra e carri armati. Si sono evoluti i mezzi di comunicazione e sono aumentate le documentazioni, ma il messaggio che ne deriva dalle persone informate e credibili è uno ed inequivocabile: la guerra non porta altro che morte e distruzione.

In epoca moderna esistono anche i talk show ed Hollywood dove la linea del rispetto e del silenzio è sistematicamente oltrepassata dalla spettacolarizzazione di eventi tragici con conseguente tsunami di minchiate di ospiti dalla cultura sommaria e volutamente disinformati dei fatti.

Per evitare d’essere collocati in quest’ultima categoria ci limiteremo a fare delle considerazioni su come il turismo stia vivendo queste situazioni in cui regna l’incertezza; non tanto cercando delle conclusioni scontate vista l’evidenza di tali negatività, ma cercando di fotografare alcuni aspetti caratteriali dell’occidentale che spesso la propaganda casalinga tende a sminuire preferendo, come suo compito vuole, notare pagliuzze negli occhi del nemico senza soffermarsi sulle proprie travi.

Attualmente la maggioranza della clientela italiana è composta da persone anziane, ghiotte di mete low cost a corto raggio dove godere del clima mite e di buffet più o meno ricchi. Si esprimono in dialetto e sono paradossalmente ferventi sostenitori dell’ognuno stia a casa sua. L’atteggiamento verso gli indigeni con cui trattano i loro acquisti porta con sé i profumi della polenta o dell’impepata di cozze, sapori che amorevolmente tendono ad annientare qualsiasi cuscus locale o derivante. Questi signori usano spesso lamentarsi del fatto che nel luogo di villeggiatura in nessuno o pochi parlano il loro idioma, cosa inammissibile dato il flusso di denaro garantito che essi portano in dote al Paese ospitante. Le tradizioni religiose locali vengono osservate con distacco ed arroganza, spesso commentate con lo stupore di chi vive una quotidianità composta da un’alta civiltà e solidi valori umani.

Questi eserciti di turisti sono gli ambasciatori italiani che abbiamo nel mondo e che non distinguono i musulmani sciiti da quelli sunniti, ad esempio; che induisti o buddisti son la stessa roba. Ridono di chi prega con il culo in su ma sono devoti ad individui che predicano in costumi medievali ed accessoriati con gioielleria raffinata. Schierati dalla parte di politici imprenditori cui mantenimento milionario pesa sulla società di cui fanno parte, si complimentano per la ferrea legge del taglione adottata nel luogo di villeggiatura desertico. Si lamentano dei disagi provocati dai continui rovesci nelle loro umide e piovose zone e vengono ascoltati in silenzio da pazienti guide che invece ringraziano il cielo d’avere ancora l’acqua, finché dura.

Divisi tra gli amici degli americani che nella loro correttezza civile combattono guerre giuste con armi convenzionali intelligenti che colpiscono il solo nemico e risparmiano i civili nutrendolo con barrette di cioccolato, (dimenticandosi le bombe atomiche in Giappone ed il gas nervino in Vietnam), ed i compagni di vecchio stampo cresciuti con l’Unità ed il compiacimento politico per il terrorismo nostrano.

Nei gruppi l’assortimento tra egoisticamente consci e sbadati, tralascia il fatto che se prevalesse il credo ognuno stia a casa propria l’Europa non potrebbe garantire il carburante che utilizzano i corrieri per recapitare la Play Station ai loro nipoti o quello che alimenta i trattori che macinano terreno tra le vigne dato che il Vecchio Continente ha tanta civiltà ma poco petrolio.

Ma in fin dei conti ciò che chiede il turista responsabile è poca cosa e non riguarda disagi sociali o politica: sole, spiaggia, un ombrellone e qualcuno che parli italiano; per il resto facciano quello che gli pare.

A casa loro però.

Gran Canaria: a misura d’uomo

rDurante le ferie lo scopo principale del turista proveniente da ambienti fortemente industrializzati è quello di fermare per qualche giorno la ruota che nel resto dei suoi giorni fa girare vorticosamente come un criceto; di conseguenza i luoghi più apprezzati e ricercati sono località dove l’anomalo tempo libero possa essere utilizzato al meglio e senza l’abituale stress.

Gran Canaria e senza dubbio una meta che può definirsi a misura d’uomo proprio per questo motivo; la cura per le facilitazioni che riducono al minimo la soglia d’attenzione dovuta ad eventi a rischio consente al visitatore di parcheggiare il cervello (se provvisti) e dedicarsi alle attività più umane.p

Le premesse di esser giunti su un’isola organizzata ed attenta alle esigenze primarie del turista si intuiscono già in aeroporto quando l’unica difficoltà di chi è abituato a pensare complicato perché proveniente da luoghi socialmente primitivi è proprio quella di adattarsi alla semplicità delle prime indicazioni rivolte ai mezzi di trasporto da utilizzare per fare i primi spostamenti. Anche in questo caso, come nella maggior parte delle isole, è facile incontrare persone disponibili e sorridenti e con una percezione del tempo notevolmente rallentata rispetto quella continentale.

La capitale Las Palmas presenta una parte marittima fortemente industrializzata, con il suo porto commerciale molto vasto ed una realtà parallela, anche fisicamente, caratterizzata da un bellissimo lungomare. Mare che bagna un’ampia spiaggia di sabbia accompagnata da una camminata con numerosi locali di diverso genere che animano l’atmosfera sia nelle ore baciate dal sole che in quelle notturne.

tL’ampio investimento in zone pedonali con interminabili piste ciclabili che addirittura accompagnano alcune delle superstrade principali che si ramificano nei vari punti dell’isola, fan sì che ci sia una moltitudine di persone di ogni genere ed età dedite a sport quali il ciclismo, la corsa, skate, rollerblade e chi ne ha più ne metta. Tale sacralità viene riconosciuta anche da rispettosi automobilisti che non si permettono di mancare di precedenza a pedoni o ciclisti, probabilmente momentaneamente obbligati all’uso della macchina per varie esigenze, ma essi stessi abituali attivisti sportivi. L’attenzione non si ferma solamente ai praticanti di sport ma anche ai bambini ed alle famiglie con numerosi parchi giochi sicuri e ben allestiti nonché agli amici quattro zampe che accompagnati dai loro proprietari possono usufruire anch’essi di parchi dedicati. Tutto nel segno della gratuità.

Un uso intelligente delle risorse comunali a favore della comunità e dello sviluppo della stessa.q

Naturalmente non è tutto oro quello che luccica e l’isola vulcanica molto avara dal punto di vista storico e culturale non si è risparmiata in investimenti edilizi che hanno completamente ricoperto di cemento intere zone nella parte più a sud indirizzata al turista più orientato al modello villaggio turistico. Strutture ad alveare si arrampicano ed aggrediscono il naturale suolo vulcanico trasformando di fatto il territorio in un gigantesco parco dei divertimenti con un susseguirsi di abitazioni e piscine artificiali non sempre di buon gusto e rispettose dell’ambiente. Le grosse catene alberghiere la fanno da padrone e la clientela proviene per la maggioranza da Paesi nordici; l’impronta coloniale teutonica è facilmente riconoscibile nell’artificialità di alcune opere a dir poco discutibili. Fatto sta che anche in quella zona lo sport mantiene un’importanza primaria che garantisce così la presenza di un interessante campo da golf che timidamente cerca di equilibrare il massiccio colpo d’occhio degli hotel circostanti. A sud sono presenti anche dei piccoli e curati centri commerciali che ovviamente attirano la clientela russa che ci si fionda gironzolandoci intorno come api sui fiori. Figurarsi se la globalizzazione poteva risparmiarsi anche Gran Canaria, così dalla zona dell’aeroporto civile ci accompagnano fino alla periferia di Las Palmas decine e decine di altri centri commerciali convenzionali con le solite note marche d’arredamento, abbigliamento e via dicendo.c

Una volta messo nelle condizioni di organizzare al meglio il proprio tempo libero al turista crescerà anyche l’appetito che, se non verrà soddisfatto in modo piuttosto squallido alle mense presenti nei vari capannoni delle aree commerciali, si offriranno diverse possibilità culinarie dai prezzi non sempre economici. La moltitudine di locali presenti sull’isola farà sì che non manchi la possibilità di scegliere, magari per una volta evitando di consultare il solito Trip Advisor che a volte ci salva da situazioni imbarazzanti ma spesso beffardamente ci indirizza proprio nei luoghi da evitare.

Da evitare sarebbero anche le giornate di pioggia intensa che quando raramente si presentano causano numerosi disagi alla circolazione del traffico e rendono le piste ciclabili delle vere e proprie trappole a causa della loro scivolosità. Rovesci che hanno anche causato il rinvio della spettacolare mezza maratona LPA NightRun.

 

 

 

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I Racconti d’estate: Il Barbiere di Patrasso

Per il periodo estivo e non solo dato che sul blog i post rimangono accessibili ad ogni stagione, potrete fare letture di brevi racconti con comun denominatore un salone da barbiere. Tanto per non perdere l’abitudine ai viaggi, ad ogni storia cambierà il luogo d’ambientazione e di conseguenza la nazionalità del barbiere di turno. Solo il cliente sarà lo stesso ed è lui a scrivere ciò che state leggendo…

Tra intrecci noir e grotteschi, tra invenzione e realtà, non vi rimane altro che incominciare la lettura…

 

IL BARBIERE DI PATRASSO

Ci sono diversi modi per affrontare la vita, tra questi non decidere di risolvere gli eventi e farsi trasportare dagli stessi o viceversa dare un senso anche alle cose meno simpatiche.

Tra le varie disdicevoli ricorrenze naturali, forse la più trascurabile, per molti addirittura non più esistente, c’è la ricrescita dei capelli.

Chi per svariati motivi è spesso lontano da casa ed è incapace di utilizzare le infernali macchinette tosatrici si ritrova obbligato a rivolgersi di volta in volta a barbieri sconosciuti che, non è un esagerazione, dal momento in cui prendono le forbici al taglio della prima ciocca, suscitano sempre sudori freddi.

Per sdrammatizzare quel fatidico momento generalmente si incominciano delle conversazioni basate su banalità tra domande e risposte viziate da incomprensioni e timori. Spesso è il barbiere che intavola il discorso…

A Patrasso ero appena sbarcato dopo ore di noiosissimo viaggio su uno dei tanti enormi traghetti che fa spola dall’Italia alla Grecia. Le ore di strada che mi separavano al porto del Pireo ad Atene erano nulla rispetto a quelle che avrei dovuto aspettare prima di imbarcare nuovamente la macchina per raggiungere l’isola di destinazione. Sarà stato il caldo o la stanchezza ma avere il capello leggermente fuori misura e disordinato mi fece optare al taglio seduta stante. La ricerca del barbiere a Patrasso non fu così difficile vista l’ora pranzo in cui l’unica bottega con la porta aperta ed apparentemente disponibile pareva essere quella di un signore piuttosto anziano. Indossava un grembiule stile anni sessanta e teneva i capelli bianchi imbrillantinati e solcati da un pettine a denti larghi. Questo signore era di carnagione scura, abbastanza minuto, con il viso un po’ scafato, il naso aquilino; tipico greco, pensai. Probabilmente aveva da poco terminato di servire un cliente dato che armeggiava la scopa per pulire i capelli residui sul pavimento. Mi fece accomodare sulla poltrona dopo avermi salutato in greco con un deciso e forte kalimera. Dopo avermi avvolto con un telo nylon bianco per evitare di riempire di peli gli indumenti che indossavo, diede qualche colpo deciso con il piede alla leva, mi posizionò alla giusta altezza e guardandomi allo specchio che oltre a me rifletteva una pompetta dell’acqua, altre forbici ed una pomata ordinatamente sistemati su di una mensola in legno piuttosto retrò mi chiese che taglio volessi. In greco. Capì ciò che mi disse ma non riuscì a rispondere nella sua lingua che pur parlicchiavo, facendogli però inequivocabilmente intendere la mia provenienza. “Ah, italiano” disse. Lui l’italiano lo parlava dato che aveva vissuto per molti anni in un paesino non ben definito di qualche regione che non capì bene.

Cominciò a raccontare in un italiano approssimativo e con forte accento greco stile “una fazza una razza” che per comodità trascriverò in modo corretto per facilitarne la lettura e la comprensione del senso “Sono stato per molti anni in Italia e la conosco bene. Ci andai da ragazzino, ero povero quella volta”.

-Non sembra ricco manco adesso, pensai maliziosamente

“I miei genitori erano molto poveri. Mio papà lavorava su una piccola barca di pescatori vicino ad Olympia, mentre mia mamma rimaneva a casa a cucinare ed a badare a me ed i miei dodici fratelli. Solo uno è rimasto vivo. Si è trasferito a Salonicco ed aveva dodici figli. Ma solo uno è rimasto vivo. Si è trasferito ad Atene. Mio nipote è sposato e sua moglie è incinta per la dodicesima volta.

Quegli anni erano duri, noi eravamo molto poveri. Aiutavo mio papà a districare le reti e fu proprio durante una di quelle giornate sotto il sole tra il groviglio di fili di cui non venivo a capo che decisi di prendere le forbici e tagliare tutto. Mio padre non la prese bene e per punizione mi chiuse in una cassa di legno per alcuni giorni. Purtroppo i soldi erano pochi e non riuscimmo a ripagare il danno fatto ai pescatori che davano lavoro a mio padre tanto che fummo costretti ad emigrare l’anno dopo. Quando uscì dalla cassa mi stropicciai gli occhi e vidi un paesaggio diverso da quello che ricordavo prima d’esserci entrato. La gente si spostava in groppa agli asini come in Grecia, c’era caldo come in Grecia, resti di templi abbandonati come in Grecia, ma la gente parlava in modo diverso, avevano una lupara a tracolla ed invece del caffè bevevano la granatina. Capì subito che eravamo in Germania. Mio papà trovò lavoro come pescatore anche là. Oltre alla cassa con me dentro probabilmente si era portato dietro anche il diploma da pescatore e quello che rimaneva delle reti che avevo tagliuzzato l’anno precedente. Purtroppo quell’annata non fu delle migliori, il pescato non abbondava ed a casa il cibo cominciava a scarseggiare. I miei dodici fratelli, che ci raggiunsero qualche mese più tardi assieme al mia povera mamma, lavoravano come muratori ed in un anno avevano costruito tre nuovi quartieri finché non venne detto loro che c’erano sei case libere per ogni abitante e sarebbe stato meglio prendersi una breve pausa prima che il paesello di S.Rocco Barbinaceo (quello si capiva…) fosse stato completamente sommerso dal cemento. Le ultime costruzioni che ricordo sono due enormi colonne di sostentamento ad un ponte, proprio in concomitanza con la sparizione di due miei fratelli.

Eravamo molto poveri”.

-Li lasci pure più lunghi sopra, grazie. Mi spiace per i fratelli. Proprio scomparsi?

“Decidemmo di tornare in Grecia, ci mancava.

Fui accolto da uno zio vicino a Salonicco, è da lì che incominciai il mio mestiere. Facevo il garzone nella sua bottega di barbiere…”

-A che età? …circa

“Avevo 25, 36 anni…

Mio zio era una persona molto importante nel paese. Da lui andavano a tagliarsi i capelli il sindaco, il prete ed il capo della polizia. Un giorno mi ricordo che sentì degli spari nel campo dietro alla Chiesa. Accorremmo subito a vedere quello che era successo. Ricordo che in quel preciso istante mio zio stava tagliando le basette proprio al capo della polizia che, sentito gli scoppi, si alzò dalla poltrona con un balzo, diede qualche sorso al caffè ed impugnando l’arma si precipitò ad accertarsi di cosa stava accadendo… Io ero terrorizzato al solo pensiero di quello che poteva essere successo ed infatti non mi sbagliavo. Nella nostra bottega girava voce che la moglie del falegname fosse uscita da sola sul terrazzo e nonostante l’assenza del marito, abbia rivolto lo sguardo al figlio del pastore che in quel momento stava pascolando le pecore. Il figlio del pastore era un bel ragazzo giovane e prestante. La domenica si faceva il bagno e partecipava alla cerimonia religiosa, persona per bene. Il falegname però, che stupido non era, si accorse di tutto e così quel giorno fece una pazzia.

Quando arrivammo sul posto era troppo tardi per fermarlo: gli scoppi che sentimmo erano usciti dallo scarico del furgoncino del falegname che, caricata la moglie e tutte le loro provviste, abbandonò il paese dalla vergogna. Riuscimmo a vedere solo la sagoma del malandato furgoncino azzurro che si allontanava inequivocabilmente in qualche posto lontano dove ricominciare la loro vita”.

  • Ah, pensavo ad un finale peggiore sinceramente…

“Oggi giorno i tempi sono cambiati. L’ultimo dei miei dodici figli mi è morto ammazzato da delinquenti l’anno scorso. Gli altri sono morti prima. Aveva solo 34 anni.”

  • Pure lui? Ma la sua famiglia non è molto fortunata mi pare di capire… Mi dispiace… Cosa gli è successo?

“Quella mattina ero sceso a lavorare come sempre. Avevo aperto bottega presto e mi ero messo a riordinare. I miei figli fortunatamente non sono nati in una famiglia povera come la mia; hanno trovato una casa, cibo e sono andati a scuola anche fino ai 13 anni. Tutti intelligenti, ma lui speciale. Mi aveva fatto capire, per dire quanto era intelligente, che se lui fosse venuto in bottega ad aiutarmi la gente avrebbe pensato che un giorno sarebbe potuto diventare più bravo di me, in seguito avrebbe aperto un suo salone ed io sarei rimasto senza lavoro perché tutti sarebbero andati da lui. Ma mio figlio, intelligente ed altruista, volle evitare questa situazione e così evitò di venire a lavorare in bottega sforzandosi di fare il mantenuto. Gli costava caro dormire fino alle prime ore del pomeriggio ed uscire la notte ad ubriacarsi con gli amici fino al mattino seguente e vedevo quanto era mortificato ogni volta che passava a trovarmi mentre ero al lavoro per chiedere delle dracme di sostentamento.”

  • Ma poi di cosa è morto?

“Una fine stupida, come la maggior parte delle volte che la morte viene a bussare. In modo stupido.

Quella mattina stavano trasferendo uno spazzaneve da Salonicco a Patrasso perché avevano previsto forti nevicate. Ma a Patrasso non nevica mai! Greci idioti!

Mio figlio dopo anni si era svegliato presto ed aveva deciso di andare a cercare un lavoro che non fosse il barbiere. Ho ancora in mente l’immagine che vedevo attraverso il lunotto del maggiolone: un bel ragazzo sorridente con i capelli lunghi neri e la barba incolta, maglietta rossa e con la sigaretta nella mano sinistra e bicchiere di Nescafé e cellulare nella destra mentre parla al telefono con probabilmente la sua ragazza. Come dimenticare il crocifisso che appeso allo specchietto ciondola riflettendo la sua immagine sui suoi occhiali scuri? Non l’avrei mai più rivisto.

Dicono che mentre guidava gli sia caduta della cenere nel caffè e così abbia provato a toglierla dal bicchiere con l’antenna del cellulare e che non si sia accorto che il pitagyros che aveva appoggiato vicino al cambio sia finito proprio sotto al pedale del freno. L’impatto con lo spazzaneve è stato fatale.

Ed a Patrasso non nevica mai”.

  • Che sfiga, vero… Bene, quanto le devo?

“30 euro”

  • Ah, pensavo meno…

“Eravamo poveri, molto poveri…”