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L’Italia che non stanca

Quella che segue è una semplice storia di ragazzi qualunque…

VASTO, (ABRUZZO) 1991

Lu Cacciunelle, così chiamato dai suoi compagni delle medie visto l’aspetto minuto ed apparentemente gracile, stava seduto sulla scalinata a fianco della casa natale del fu poeta Gabriele Rossetti.

Lui questo lo ignorava.

Dopo qualche anno e qualche febbre da cavallo Lu Cacciunelle cambiò aspetto, ma il soprannome rimase quello. Non era più un bambino. Le dita affusolate rovistavano tra le tasche del giaccone in cerca di cartine e tabacco, le sue lunghe  gambe si distendevano sulle scale, mentre lo sguardo era rivolto al primo piano di una casa poco distante. Aspettava speranzoso come ogni giorno l’arrivo di S. un’attraente ragazzina che a quell’ora abitualmente faceva ritorno da scuola. Non si erano mai conosciuti, ma nelle tante ore libere a disposizione anche un innamoramento platonico lo aiutava ad ingannare il tempo. Bastava vederla rientrare a casa per fantasticare l’inizio di una storia da film.

Puntuali come le incertezze che viveva quotidianamente Lu Cacciunelle erano i suoi tre amici che ogni giorno, di rientro anch’essi dalla scuola durante l’ora di pranzo, lo raggiungevano sulle scalinate. Lui aveva abbandonato gli studi ed era in cerca, si fa per dire, di un lavoro.

Una volta radunati il punto di ritrovo della combriccola diventava  una delle panchine che si affacciano sul lungomare. Da lì commentavano la spiaggia dove in estate gli schiamazzi dei bambini paiono arrampicarsi tra le mura antiche prima di disperdersi nel vuoto e nel calore. Gli incontri in quella parte della città duravano il tempo di qualche chiacchiera ed una sigaretta. Un saluto veloce e poi tutti a casa dove ad aspettarli c’era il pranzo.

Il primo pomeriggio Lu Cacciunelle raggiungeva l’amico B periodicamente  intento nello smontare e rimontare la sua grossa motocicletta. Il padre si era rassegnato a rinunciare al garage che aveva l’aspetto di un’officina più che di un’autorimessa. Pur passando molte ore nell’ingegnarsi ad escogitare metodi per potenziare la sua moto, B non trascurava gli impegni scolastici portando a casa soddisfacenti risultati che gli consentivano di mantenere integre le grazie del permissivo papà. Venivano raggiunti più tardi, da G che frequentava il liceo e pertanto con meno tempo libero a disposizione. Tutti e tre si concentravano sulle motociclette mentre la giovane età soffiava ininterrottamente su di loro sogni e sfrenate fantasie sfocianti in un futuro surreale. La spinta motivazionale di B nel modificare gli allestimenti della moto e potenziarne il motore proveniva dalla voglia di partecipare ad una gara di enduro regionale che si sarebbe svolta dopo qualche mese ed alla quale non avrebbe mai partecipato. G invece si dedicava giorno e notte ad improbabili calcoli ingegneristici mentre Lu Cacciunelle rimbalzava i suoi pensieri all’interno di un’immaginaria stanza bianca e vuota.

Durante una di queste paradossali superflue giornate scattò la scintilla che accese ulteriormente le fantasie dei tre ragazzi. L’insofferenza d’esser legati alle catene d’immobilità del paese scaturì l’affascinante e strampalata idea di progettare qualcosa di fortemente adrenalinico. Non poteva che nascere nella testa della persona più annoiata e slegata dalla realtà che infatti d’un tratto aprì bocca e la propose agli altri: una rapina! Lu Cacciunelle in un primo momento fu seppellito dalle risate degli altri due che però, tra una stretta di bullone ed una limata al carburatore cominciarono a considerare l’idiota proposta del loro amico. Una volta gettato il pagliericcio ad accendere il fiammifero ci pensò sorprendentemente G che scartò l’idea ridicola di infilarsi un passamontagna e fare irruzione nella banca come ipotizzato gogliardicamente in un primo momento dai tre ragazzi, ma di organizzare qualcosa di importante prendendo spunto da un libro che aveva recentemente letto. La Grande Rapina di Nizza, di Ken Follet. Ignari dell’esistenza del romanzo basato su fatti realmente accaduti, spettò a G riassumerne brevemente il concetto. Questa volta ad esser seppellito dalle risate fu lui. Eppure ridendo e scherzando in pochi minuti si era già delineata una prima folle strategia. L’obiettivo prefissato era diventata la filiale di banca dove aveva lavorato per qualche tempo come impiegato il padre di un loro ex compagno delle scuole medie. Il motivo perché si persero di vista era proprio dovuto al trasferimento del genitore presso la sede a L’Aquila. Forse il loro amichetto sarebbe potuto esser d’aiuto in qualche modo.

Nonostante il passare dei giorni non solo nessuno accennava ripensamenti, anzi, la malsana idea si gonfiava di nuove proposte e stratagemmi per evitare il peggio. Il gioco si stava trasformando in qualcosa di tremendamente reale.

Dentro ad una casa, un’anziana signora, impastava la farina e le uova. Tradizione che si trasmette da tempo immemorabile e che la nonna della bella ragazzina S compiva con abile maestria. La finestra della sua piccola cucina ospitava un vasetto di basilico profumatissimo che pareva completamente disinteressato all’inverno. Da quella stessa finestra era da qualche giorno che non si vedeva più sedere sui gradini il ragazzino che ogni giorno verso quell’ora compariva sulla scalinata.

Erano diverse mattine infatti che Lu Cacciunelle si concentrava su cose che in quel momento a lui parevano piuttosto serie. Dagli appostamenti che stavano compiendo, la banda di aspiranti criminali avrebbero tratto tutte le informazioni utili per portare a compimento il piano. Il direttore della banca non si presentava mai puntualissimo in filiale ma era abitudinario nei movimenti. Seduto al tavolino del caffè Lu Cacciunelle vide arrivare il funzionario con una Mercedes marrone chiaro. La macchina era vissuta ma con lucide e riflettenti cromature. Una volta parcheggiata s’impegnò nel far uscire dalla vettura il suo ingombrante corpo per poi incamminarsi verso l’ingresso. Teneva la giacca aperta, la cravatta allentata e la camicia sbottonata che evidenziava un largo collo. In una mano aveva una valigetta di pelle mentre nell’altra un fazzoletto di tessuto bianco che utilizzava per tergersi il sudore ed aggiustarsi gli occhiali dall’ingombrante montatura nera. Siamo in inverno e questo signore soffre già il caldo in questo modo; pensò Lu Cacciunelle mentre sorseggiava il terzo caffè della mattinata. Il direttore di banca raggiunse affannosamente l’ingresso per poi affondare la propria ingombrante sagoma nella penombra dell’ufficio.

Dopo pochi minuti fu il turno dell’impiegato, che guidava una Renault 11 beige e che sistemò ordinatamente nel posto difronte al parcheggio riservato al suo responsabile. Indossava un cappotto cammello, un completo spezzato ed un Borsalino che agli occhi degli sconosciuti potevano farlo sembrare un gangster più che un bancario.

Lu Cacciunelle attese l’arrivo dell’ultima occupante dell’ufficio che tra l’altro era una lontana parente da parte di sua madre. La signora parcheggiò la sua Y10 nel cortile riservato ai dipendenti della banca come avevano fatto in precedenza i suoi colleghi. Prima di abbandonare l’auto passò il rossetto sulle labbra guardandosi nello specchietto retrovisore, si sistemò velocemente i capelli, scese dalla vettura e percorse a piedi il breve tratto che la separava dal posto di lavoro.

L’idea dei ragazzi, affascinante quanto irrealistica, era quella di intrufolarsi nella banca la notte dalle fognature per poi svignarsela la mattina seguente prima dell’arrivo del personale.

Nel mentre della stesura del piano che avvenne in una trattoria di Vasto davanti ad un abbondante piatto Sagne e fasciul B si era detto certo nel riuscire a recuperare un furgone da camuffare da mezzo di riparazioni del manto stradale o cose simili. G dal suo canto srotolò sul tavolino con ingenuità una mappa dettagliata dell’impianto fognario della zona di Corso Mazzini che aveva recuperato da un suo zio impiegato al Comune con mansioni catastali. Il piano scorreva liscio come gli arrosticini ed il Cerasuolo che nel frattempo pareva evaporare.

Riassumendo: il giorno prestabilito alle 02.00 Lu Cacciunelle con l’aiuto di G si sarebbe dovuto trovare difronte la banca in prossimità del tombino nel vicoletto a fianco del bar. G l’avrebbe aiutato ad aprire e richiudere il tombino sopra a sé mentre lui si sarebbe intrufolato nella fognatura fino al raggiungimento della banca dove, in teoria, al di là di un muro ci sarebbe stato il caveau. Una volta dentro ed eseguito il colpo ad attenderlo per portare fuori il bottino ci sarebbero stati i due complici che nel frattempo avrebbero posizionato il furgone pronti per fuggire con il malloppo.

Totò e Peppino non sarebbero riusciti a pensarla meglio.

La vigilia di quello che era stato ideato come un gran colpo Lu Cacciunelle non chiuse occhio, girandosi e rigirandosi nel letto. Il suo incubo si materializzava in una buia cella senza finestre. Non avrebbe più potuto attendere la sua amata immaginaria S oppure semplicemente chiacchierare con i suoi amici con lo sguardo rivolto al mare. Nel bene o nel male avrebbe dovuto rinunciare ai sapori d’Abruzzo, della sua piccola e noiosa, ma tanto amata, Vasto. Le pallotte cace e ove di sua nonna e le camminate sul lungo mare con i cugini.

Il giorno della rapina B, che non riuscì a trovare nessun furgone, passò la nottata nel garage per sistemare la moto in previsione di una gara alla quale non avrebbe mai partecipato. Di G si persero le tracce per qualche giorno dato che si era rinchiuso in casa per prepararsi ad un tour de force di interrogazioni.

Le fragili fantasiose fondamenta erano crollate trascinando con sé la fantomatica rapina del secolo.

Lu Cacciunelle aveva cambiato mentalità, ma il soprannome era rimasto quello. Ancora una volta le dita affusolate rovistavano tra le tasche del giaccone in cerca di cartine e tabacco, le sue lunghe  gambe si distendevano sulle scale, mentre lo sguardo era rivolto al primo piano di una casa poco distante. Aspettò speranzoso come ogni giorno l’arrivo di S. un’attraente ragazzina che a quell’ora abitualmente faceva ritorno da scuola. Quel giorno finalmente la conobbe.

Passò poco tempo che Lu Cacciunelle trovò anche lavoro presso l’edicola di un suo caro cugino. La strampalata idea della rapina era svanita completamente nel nulla sostituita dalla più concreta voglia di passare le vacanze assieme alla sua ragazza S. Erano le prime luci dell’alba quando espose la civetta che intitolava: Arrestato il socialista Mario Chiesa.

 

La libertà deriva dalla consapevolezza, la consapevolezza deriva dalla conoscenza, la conoscenza deriva (anche) dall’informazione, dallo studio e dalla lettura senza pregiudizi.

Lo chef ci svela la cucina pavese

Per testare la cucina pavese abbiamo scelto un tipico ristorante del Borgo, ossia l’Osteria dal Povero Lele, luogo molto frequentato dalla gente del posto e che propone, tra i numerosi piatti, cibarie tradizionali.

IMG-20160304-WA0013Pesci di fiume, rane e lumache non potevano evitare di finire nella trappola culinaria adattata dai cuochi autoctoni che attingono molti dei prodotti dal fiume Ticino, che ricordiamolo attraversa Pavia; nonché dalle numerose risaie circostanti, trasformando i chicchi in meravigliosi risotti. Le zone umide ed in parte boschive offrono inoltre la presenza di funghi e tartufi, spesso condimenti ideali per piatti dal sapore rurale e prestigioso.

Entro nell’Osteria dal Povero Lele in tarda mattinata, orario di preparazione del pranzo e la cucina è in pieno fermento.

Niente caos, niente creazione. Prova: la cucina all’ora di pranzo (Mason Cooley)1

Nelle capienti pentole bolle un invitante e leggermente piccante goulash ungherese che avrò modo di assaggiare in seguito e che manterrà tutte le promesse iniziali. Certo il goulash di tipico pavese non ha molto ma l’aspetto ed il gusto associato a delle fette di polenta è risultato irresistibile.

6Gli insaccati la fanno da padrone e durante le degustazioni arrivano sotto mentita spoglia di antipasto. Vista la prelibata consistenza potrebbero tranquillamente essere considerati un piatto unico. Salame, prosciutto crudo, coppa, pancetta e diamo vita all’interminabile rito in cui li adagiamo su fette di pane casereccio o gnocco fritto amalgamandosi e rendendosi così una sfiziosa portata che abbiamo fortuna di assaporare.

La cucina migliore è quella che tiene conto della stagionalità e con il freddo, quando il corpo consuma più energie per mantenersi caldo, un sostanzioso primo piatto è sempre ben gradito. Certo è che se davanti a noi si presentano dei gnocchetti di patate con gorg9onzola dolce di Novara e noci, delle fettuccine all’uovo spolverate da abbondante tartufo nero ed un risotto ai funghi porcini e cavoletti di Bruxelles diventa impossibile resistere al calcolo delle calorie in eccesso rispetto ai fulminei piaceri della gola.

8Scandisce il tempo un fermo vino rosso di Bonarda mentre sgorga abbondante dal piccolo foro della brocca. Tipica anche quella.

L’aumento di brusio indica il costante aumento di avventori che nel giro di pochi minuti riempiono le due capienti sale del ristorante, certificandone la bontà dei piatti che nel frattempo escono dalla cucina con alta frequenza.

E’ tempo di secondi piatti che, come anticipato, possono variare da cibi tradizionali come le rane, lumache e piccoli pesci di fiume o rimanere sul caratteristico come lo spettacolare asado di cavallo al forno, la battuta di fassona femmina alla tartar con tartufo o una tagliata di manzo con radicchio e cacio.IMG-20160304-WA0001

Piacevole riassumere la giornata trascorsa tra i ponti, vie e monumenti di Pavia, ripercorrere il back stage dell’intervista all’amicocollegastorico Federico Barani, commentare le riprese in cucina ed aiutati dal buon vino, perché no, chiacchierare anche di aspettative e prossime mete.

3Ormai allo sbando completo nel bel mezzo dell’Oceano del rimorso diventa impossibile poter rinunciare ad affondare l’ultimo colpo nei dolci che variano dal cannolo siciliano al tiramisù, nonché alla decisamente tipica torta meneghina con panna montata e frutti di bosco o le crostate con marmellata di castagna e crema pasticcera; tentazioni alle quali è davvero difficile poter resistere anche per i più costanti.

Finito il pranzo non rimane che saldare i debiti e lasciare alle spalle l’Osteria dal Povero Lele, certi che prima o poi ci torneremo.

Intanto a casa mi aspettano le scarpe da running che accompagnandomi nell’allenamento pomeridiano smorzeranno il senso di colpa per il pranzo esagerato ed enfatizzeranno la gioia che solo un tavolo imbandito a dovere ed una buona compagnia possono regalare.

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Mangia, Prega, Parma

Sono anni che passo di fianco a Parma ma mai avevo avuto occasione di visitarla prima d’ora.

Nel mio immaginario la città ducale aveva un aspetto nitido, regale, giovane, pulito, addirittura snob. L’impatto è stato abbastanza deludente invece, alla stregua di quando andai per la prima volta a Vienna, capitale del romanticismo che mai avrei immaginato subire una crisi d’identità così consistente.

DSC_0391La periferia di Parma offre al visitatore la classica atmosfera della distesa e cruda Pianura Padana, dai colori tradizionalmente sbiaditi ed industrie sparse qua e là quasi a rimarcare la durezza di quel territorio, da sempre solcato dagli aratri di volenterosi contadini e dai sacrifici degli allevatori di bestiame che ancora ci permettono di primeggiare nel mondo intero nel campo agroalimentare.

DSC_0388Ma se le colorazioni ambientali sono quelle che sono, lasciano stupiti le pigmentazioni dei cittadini parmensi che nella mia tranquilla novembrina domenica pomeriggio, risultavano essere alquanto scure, tanto da farmi pensare di essere in un quartiere di Harlem più che in qualche Borgo della città ducale, completamente invasa da cittadini extra europei. Mi limito a fare delle constatazioni ambientali e non riflessioni politiche.

DSC_0395Lasciata alle spalle la periferia e la sagoma dello stadio Tardini dove poche ore prima, fortunatamente senza la mia presenza, si era consumato l’ennesimo scempio di quella che una volta era una squadra di calcio chiamata F.C.Internazionale, si arriva nella zona del centro della città emiliana, irraggiungibile con mezzi propri. Personalmente non mi posso permettere di suggerire una lista di monumenti e chiese dato che la mia visita è stata molto fugace, con lo scatto di poche foto anche a causa di una luce molto impegnativa e poco gratificante. Girando per le vie del centro ci si imbatte comunque nella Chiesa di San Giovanni Evangelista, nel Duomo ed il Battistero. Molto interessante anche Piazza Garibaldi che nel primo pomeriggio ha cominciato a popolarsi. La tappa parmense, come ho da subito ammesso, non è stata approfondita, così dopo aver girovagato a casaccio tra le decine di Chiese, Battisteri e Monasteri, tra un vicolo e l’altro, tra la moltitudine di eleganti palazzi dalle pulsantiere dorate riportanti nomi di avvocati e notai ed altrettanti negozi con le serrande abbassate recanti cartelli vendesi ed affittasi, ecco trovato un luogo non troppo turistico dove assaggiare le molteplici specialità culinarie; a dire il vero di turisti ce ne sono parecchi, ma conforta il fatto di trovare anche molte persone locali.

DSC_0398La trattoria si chiama “Corrieri” in via Conservatorio, il menù offre tutti i piatti tipici emiliani tra cui sottolineo un eccezionale prosciutto crudo di Parma nemmeno lontanamente parente di quello che si acquista nei supermercati. Constatazione degna di Capitan Ovvio, obietterà qualcuno, ma di questi tempi dove gli egiziani fanno la miglior pizza napoletana ed il kebab prende il posto della mortadella, è sempre bene sottolinearlo.

In conclusione, parafrasando il comico Maurizio Crozza mentre imita l’On. Antonio Razzi vien da dire “Bella, ma non ci vivrei”.

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