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Turismo è…

Arriva la pandemia che tutto il turismo porta via.

Nonostante l’evento catastrofico abbia modificato in peggio la qualità della vita dell’intero globo terrestre, il pensiero di molti, espresso apertamente, è stato ed è “chissenefrega delle vacanze, ci sono cose più importanti a cui pensare”

Pensiero parrebbe condiviso, tra l’altro, prima dal Governo Conte (quello della bodenza di fuoco)  con il pluriministro Franceschini  inerme ed incompetente e dal Governo Draghi dopo, con l’istituzione di un Ministero autonomo di fatto annullato dal Ministero della Salute.

Morale della favola un cortocircuito perfetto che ha disintegrato l’intero comparto turistico.

Ma cos’è il turismo? Le menti deficitarie che non l’hanno capito sono fondamentalmente due: chi pensa che il turismo si limiti ad una sciabattata in spiaggia, un bagno in mare ed una effimera abbronzatura fini a se stessi e chi crede che il territorio italiano vada privilegiato a scapito di quello straniero.

Cominciamo dal secondo punto: l’essenza del turismo è l’abbattimento dei confini. Voler privilegiare un territorio, ovunque esso si trovi, a discapito di altri è come affermare di voler aiutare prima i poveri di casa nostra e poi gli altri. I poveri vanno possibilmente aiutati. Punto. Indipendentemente dal luogo o dalla nazionalità. Se l’argomento povertà non convince i nazionalisti, allora c’è l’aspetto opposto da valutare, la ricchezza. Pecunia non olet dicevano i latini, qualunque sia la provenienza denaro rimane sempre, o solo, denaro.

Quando un connazionale varca un confine per godere delle meritate ferie non significa che tutti i suoi risparmi finiscano all’estero, anzi. Spiegando questa fase possiamo anche ricollegarci e rispondere al primo punto sopra menzionato, ossia il turismo è una rinunciabile sciabattata in spiaggia.

La signora Luisa, moglie del sig. Mario, vede su Instagram una foto bellissima di una spiaggia greca. Il paesaggio la colpisce talmente tanto che l’idea di passare qualche settimana d’estate sotto un sole garantito, acque limpide e cristalline prende forma giorno dopo giorno.

Entrambi esausti dalle limitazioni, dalle pressioni e dallo stress, si convincono che staccare momentaneamente la spina sia la scelta migliore.

Non se la sentono di organizzare il viaggio autonomamente perché vogliono evitare ulteriori pensieri che si andrebbero ad accumulare a quelli già presenti. Si affidano così ad una agenzia di viaggi di fiducia. A prendersi carico delle loro richieste è direttamente il proprietario che offre loro diverse possibilità. Valuta che le date siano compatibili con le varie offerte sul mercato proposte dai tour operator, si informa sulla qualità delle strutture, le preferenze sul cibo; tra l’altro uno dei due è celiaco. I due signori fanno la loro scelta mettendo in moto la fase organizzativa numero due. L’agenzia effettua la prenotazione presso il tour operator che da adesso in poi si prende carico dei due clienti. Prenota i posti sul volo di andata e ritorno che li porterà a destinazione, organizza il trasferimento dall’aeroporto alla struttura, comunica all’hotel la tipologia di stanza richiesta, nelle note fa presente che uno dei due ospiti è celiaco. Ad aspettarli, una volta arrivati nel luogo dei loro sogni, c’è un assistente che, essendo loro connazionale, parla la stessa lingua e rappresenterà dall’inizio alla fine il tour operator accertandosi quotidianamente che la vacanza del signor Mario e della signora Luisa si svolga come pattuito.

Intervenendo  tempestivamente in caso di necessità, come quando i due, cadendo da fermi con lo scooter, si slogano polso e caviglia. Li accompagna in ospedale, attiva l’assicurazione, indica loro un medico e la farmacia più vicina. Tutto risolto in poche ore, la vacanza non subisce nessun contrattempo. I due signori si godono le giornate al mare ma apprezzano particolarmente il fatto che, essendo italiani, la pasta a pranzo non manca mai. C’è addirittura un cuoco che la salta in padella al momento. I camerieri sono disponibili e sorridenti ed anche il maitre di sala vigila costantemente che il cibo del signor Mario sia glutin free. I coniugi giorno dopo giorno ritrovano il sorriso e sono sempre più rilassati tant’è che dopo aver aderito a tutte le iniziative dello staff di animazione decidono di esplorare l’isola usufruendo di una delle tante escursioni guidate. Via terra, via mare… C’è né per tutti i gusti. Comprano dei souvenir ed a volte cenano in qualche taverna tipica assaporando con curiosità i prodotti locali che sicuramente cercheranno di acquistare in qualche supermercato ben fornito una volta tornati a casa.

Arriviamo alla conclusione: Mario e Luisa sono andati in Grecia, vero. La maggior parte del loro investimento è però rimasto in Italia. Com’è possibile? L’agenzia di viaggi è italiana, il tour operator è italiano, la compagnia aerea che hanno utilizzato potrebbe essere italiana. L’equipaggio italiano. All’andata hanno fatto colazione nel bar dell’aeroporto italiano e sono stati serviti da una simpatica barista italiana. Quando hanno lasciato il tavolino dove erano seduti è passata una signora delle pulizie che lavora in una ditta italiana. Parte del personale della struttura in cui soggiornano in Grecia è italiano, molti prodotti che trovano al buffet sono italiani. La padella in cui viene saltata la pasta è costruita in Italia. Il caffè è importato dall’Italia; così come il formaggio grana, le mozzarelle ed il prosciutto crudo. L’assistente che si prende cura di loro, è italiano. Lo staff di animazione con cui si sono divertiti comprende diversi elementi italiani. Due receptionist sono italiani, altri due hanno studiato in Italia. Anche il dottore che li ha presi in cura ha conseguito la laurea in Italia ed ha prescritto loro dei medicinali prodotti nel Belpaese e di cui è rifornita la farmacia. La guida che li ha accompagnati in escursione ha studiato in Italia.

Grazie alle risorse che i turisti portano all’estero, tutti i beneficiari della filiera sono grati ed interessati alla cultura italiana tant’è che durante i mesi invernali scelgono di spendere le loro ferie o indirizzare i loro studi proprio in Italia. Mario e Luisa non lo sanno, ma chiacchierando con i locali quale il barista, il ristoratore, l’autista del bus, si sono resi ambasciatori della cultura italiana che, va sottolineato, spesso ha più rilevanza dell’esportazione dell’inciviltà.

Le persone partecipi  nel viaggio dei nostri simbolici coniugi non si riescono a contare. Non c’è un settore lavorativo che non sia coinvolto direttamente o indirettamente dal movimento turistico che è cuore pulsante ed indispensabile dell’economia mondiale.  

Se in qualche modo è giustificabile sentire affermazioni decerebrate scaturite da individui dalla conoscenza circoscritta, è preoccupante l’atteggiamento istituzionale nei confronti del turismo che fino all’arrivo della pandemia si è saputo muovere autonomamente.

Il turismo è arricchimento globale.

Se vuoi essere migliore di noi, caro amico, viaggia.

(Goethe)

San Diego. Incontro

Un signore distinto di mezza età si allontana dalla cassa dopo aver ritirato le sue cibarie. Si avvicina ad un tavolo occupato da una ragazza a cui si rivolge educatamente

“Buongiorno, se questo posto è libero le dispiace se mi siedo qui di fronte a lei?”

Lei alza lo sguardo e risponde abbozzando un sorriso di cortesia.

“Sì, è libero, si accomodi pure”

Lui ringrazia, appoggia il vassoio al tavolo e prende posto.

“Sbaglio o parliamo la stessa lingua? Che combinazione! Ci sono parecchi posti liberi ma stanno lavando il pavimento e sono tutti inaccessibili. Grazie ancora e scusi se la disturbo”

La ragazza da un piccolo morso al panino che tiene tra le mani. L’uomo scarta il suo e fa lo stesso. Tra un boccone e l’altro ha inizio una conversazione

“Come mai è da queste parti? Lavoro, turismo? Se posso chiaramente…”

Chiede il signore. Lei non sembra infastidita dalla domanda e risponde

“In questo periodo io e mio marito ci dedichiamo ai viaggi un po’ più impegnativi rispetto ai week end fuori porta. Gli USA sono una di quelle mete che ci ha sempre incuriosito per la varietà del paesaggio e per la vastità degli spazi”

L’uomo ascolta attento sorseggiando da un bicchierone di plastica una bevanda esageratamente zuccherata e gassata.

“Quindi è sposata. Ma suo marito l’ha abbandonata in questo misero fast food ed è scappato in Messico?”

I due ridono alla battuta

“No, è nei dintorni anche se mi ha fatto venire il dubbio che abbia trovato qualche giovane messicana e sia fuggito oltre confine. Lei invece come mai si trova in California?”

“Anch’io sono attratto dagli States per gli stessi motivi. A volte mi capita di venirci per lavoro, altre, come in questo caso, per passarci le vacanze. La California è uno Stato particolarmente ricco ed interessante ma apprezzo anche altri luoghi meno sfavillanti. Lei viene spesso a mangiare nei fast food?”

Chiede lui mentre vengono distratti dal passaggio di un’impiegata di colore dalla mole gigantesca intenta a trasportare faticosamente il carrello dei detersivi. Ad ogni passo il suo fondoschiena si scuote come in una danza hawaiana a ritmo con il liquido contenuto nel  secchio.

“No, non ci vengo quasi mai. Trovo questo tipo di cibo piuttosto insano

Risponde la donna  e questa volta è lui a sorridere

“In effetti , così a prima vista, ho avuto l’impressione che lei sia un po’ sofisticata. Nemmeno io amo questi posti. Anzi, le dirò, questa costante puzza di fritto e la discordanza tra le foto dei prodotti  della pubblicità e la realtà mi infastidisce proprio”

Mentre lo dice preme con le dita il panino risaltando la mollezza del pane

“Sì vero. Ma allora perché è venuto a mangiare qui scusi…”

“Me lo chiedo anch’io. Ecco a dire il vero avevo un incontro con una persona”

La ragazza evita di porgere ulteriori domande per educazione. Si guarda in giro distratta dai clienti che passano a fianco a loro in cerca di tavolini disponibili. Fuori dalla vetrina scorge un senza tetto intento a racimolare qualche soldo o del cibo che gli consenta di passare la giornata. Anche lui lo nota e vuole approfondire.

“Ha notato quanti homeless ci sono a San Diego? A me pare che in tutti gli USA siano in forte aumento. Certo qui è davvero impressionante vedere tutte queste persone buttate in mezzo alle strade”

La ragazza è d’accordo.

“Il paradosso è che se attraversa il ponte e va a Coronado Beach il più povero è come minimo proprietario di qualche villa”

Lui annuisce e da un altro morso a quello che rimane del suo panino striminzito

“Indubbiamente sapere che gli abitanti dell’isola hanno a disposizione il campo da golf municipale e da questa parte ci sono persone che vagano nel nulla come gli zombie fa impressione”

“D’altronde questo è il Paese dei paradossi. Il sogno americano e la povertà estrema, la libertà e Guantanamo, l’uguaglianza ma prima gli americani… E’ un Paese bellissimo da visitare ma dal punto di vista politico è davvero un disastro. Diciamo che i Repubblicani bombardano con il petto in fuori, i Democratici bombardano lo stesso ma con più discrezione”

La donna alleggerisce subito la conversazione

“Ma dobbiamo parlare proprio di politica? Con questa meravigliosa giornata?”

“Non mi fraintenda ma davanti a me di meraviglioso vedo solamente i suoi occhi

Replica sfrontatamente l’uomo.

“Così però mi fa arrossire…”

La ragazza abbassa lo sguardo cercando di nascondere un po’ il suo imbarazzo

“E’ la verità. Non mi spingo oltre perché non vorrei mai arrivasse suo marito a gonfiarmi di botte”

Ancora una volta la coppia improvvisata si mette a ridere.

“Mio marito non so neanche se è geloso. A volte sembra non mi consideri proprio”

“Magari è solo una sua impressione. Ognuno è fatto a modo suo. Mi creda che il suo sguardo, la sua bocca, il suo sorriso non passano certo inosservati. Se l’ha sposata vuol dire che è rimasto folgorato sulla via di Damasco…”

“Lei dice?”

“Sì, lo dico e lo penso”

“Non ne sono così sicura…”

“Che dice se ce ne andiamo da questo postaccio che ho gli abiti impregnati di fritto?”

“Sì, sì, non vedo l’ora anch’io di levarmi questo odore di dosso”

Dopo aver ripulito dai residui cartacei i vassoi i due lasciano il locale.

“Ma davvero pensi che io non ti consideri?”

Dice lui mentre apre la porta della loro macchina

“A volte. Non capisco come tu faccia a non essere geloso… Se m’avessi veramente trovata seduta con uno sconosciuto come avresti reagito?”

“Avrei stretto la mano al tuo nuovo pretendente e sarei scappato in Messico con una giovane messicana”

“Che scemo…”

 

“Nei momenti sereni ricordati di temere sempre le avversità e nelle avversità ricordati di sperare sempre in cose migliori.”
Catone il Censore

Costa Rica. Il laboratorio dei sogni

“Presto ai vostri posti!”

La favola incomincia così, con il laboratorio dei sogni in subbuglio.

Il perché è presto detto: il bambino si sta per addormentare ed è compito degli inventori sognatori occuparsi del suo sonno.

I severi addetti alla verifica chiusura occhi stanno controllando che tutte le luci siano spente.

Per poter lavorare hanno bisogno dell’oscurità.

“Ci siamo quasi! Siete pronti?”

Il capo reparto da il via alle operazioni quando all’improvviso ecco l’imprevisto.

“No, fermi, fermi!” grida un addetto “C’è una lucetta sotto il comodino!”

“Tranquilli!” interviene ancora il responsabile degli occhi chiusi “La mamma ha acceso una piccola lampadina perché il bambino ha paura del buio”

“Paura del buio?” gli fa verso un impiegato scatenando le risate di tutti gli altri ma non del capo che lo sgrida “Proprio tu ridi che se vedi una pulce salti sulla sedia!”

Ma mentre si discute ecco che… Tre… Due… Uno… Il bambino comincia a dormire.

Nel laboratorio riecheggia il suona dell’allarme e subito gli inventori della stanza accanto si mettono al lavoro.

Seduti attorno ad un lunghissimo tavolo ascoltano le decisioni del capo. “Signori, il nostro cliente dorme da qualche minuto e non abbiamo tanto tempo per costruirgli un bel sogno. Qualcuno di voi ha delle idee?”

Uno del gruppo alza la mano e prende la parola “Propongo di costruire una foresta piena di alberi, piante, frutti esotici. Bella fitta”

Tutti ascoltano curiosi. Qualcuno prende appunti. Lui continua. “In mezzo a tutto questo verde, facciamo dei sentieri in modo tale che ci si possa camminare dentro” Disegnò con un pennarello tantissime  linee sulla lavagna “Ecco vedete colleghi? Tipo così, così, così…”

Il grande capo sembra soddisfatto e spedisce subito il progetto al reparto costruzione sogni che dovrà far  diventare vera la foresta nel minor tempo possibile.

Uno degli inventori comincia a lamentarsi dei rumori provenienti da quella sala.

“Uffa! Qualcuno può dire ai costruttori di non fare tutta questa confusione? Non riesco a concentrarmi!”

In effetti  stanno facendo un gran baccano con seghe, martelli e trapani.

Il capo non è ancora soddisfatto “Allora signori inventori, tutto qui?”

“Possiamo aggiungere dei serpenti!” dice uno di loro

“Serpenti? Nel sogno di un bambino? Ma ti sei rincitrullito?” tuona il capo

“Capo, mi ascolti”

“Dimmi…”

“Mettiamo quelli buoni e tranquilli. Il bambino se vuole li può cercare sotto qualche foglia o sul ramo di qualche albero. Non troppo grandi e belli colorati”

Il capo riflette pensieroso “Ma non è che poi c’è rischio che lo mordono vero?” “No no capo. Tutto studiato. Li teniamo a distanza. Il bambino può solo guardare e non toccare. Nessun pericolo!”

“Progetto approvato!”

I rumori nella sala costruzione aumentano.

“Così mi viene il mal di testa e non riesco ad inventare niente!” si lamenta di nuovo l’impiegato.

Ma ecco spuntare un’altra idea.

“Un’iguana gigante!”

“Ancora rettili? Già abbiamo i serpenti! Così rischiamo di farlo diventare un incubo più che un sogno” borbotta il capo

“Capo, mi ascolti”

“Dimmi…”

“Mentre lui cammina nella foresta per uno dei sentieri, ascolta i suoni degli animali ed il canto degli uccelli. Ne vede di diversi tipi. Chi di un colore, chi di un altro. Uno più smilzo, uno più cicciotto. Uno con un becco piccolo, l’altro gigante. Uno con… ”

“Sì, sì abbiamo capito, vai avanti”

“Scusi capo. Era per farmi capire meglio. Comunque dicevo che il bambino mentre è distratto da tutte queste varietà di animali non si accorge che nel mezzo del sentiero c’è un grosso tronco con sopra appoggiata un’iguana che prende il sole.”

“E poi? Non mi fido molto”

“Guardi capo che le iguane hanno un aspetto poco rassicurante ma in realtà mangiano solo insalata e frutta. Quindi sono completamente innocue. Pensi che c’è gente che le tiene in casa!”

“Progetto approvato!”

I rumori provenienti dalla sala costruzione aumentano a dismisura per ogni idea approvata e l’impiegato infastidito non li sopporta più. “Basta! Mi state facendo venire la scimmia al cervello!”

Scimmia? Bravo, ottima idea!”

Esclamò il capo

“Progetto approvato”

Nel frattempo anche gli addetti al suono si danno il loro bel da fare per rendere il sogno il più bello e veritiero possibile.

“Dunque… Qua ci mettiamo un po’ di rumore delle onde… Qui un cinguettio” dice concentrato sul lavoro uno dei due tecnici “Il richiamo delle scimmie lo lascio così alto?”

“No, no, abbassa un po’ il volume altrimenti rischiamo di svegliare il bimbo. Sai cosa? Metti in sottofondo lo scroscio di una cascata. E’ rilassante che dici?”

Ma un sogno per essere unico deve avere qualcosa di speciale. Ad aggiungere la giusta dose di fantasia c’è l’ingegnere Svalvolato. Sta seduto tutto il giorno nel suo ufficio di un metro per un metro sommerso da centinaia di scartoffie. Non parla. Disegna giorno e notte ininterrottamente.

“Buonasera Ingegner Svalvolato” lo saluta il capo “Hai qualcosa di interessante per il nostro sogno?”

L’ingegnere continua a scarabocchiare velocissimo i suoi appunti mentre digrigna frasi senza senso “gnnn grrr gnnn grrr” D’un tratto ecco il disegno.

“Qualcuno capisce che roba è questa?”

“Certo! Un armadio di peli!” dice un inventore “Ma no!” risponde un altro “Non vedi che è una scatoletta di sardine grande come un autobus?” “Ma va!” Un altro ancora “E’ un mestolo lunghissimo”

L’ingegnere svalvolato riprende la matita e titola il disegno: ponte.

“E’ un ponte!” Esclamò il capo “Bravo! Mettiamo tanti ponti qua e la… Ma devono essere altissimi come questo. Dobbiamo far camminare il bambino nel cielo, sopra la foresta.”

All’improvviso ecco una segnalazione dall’ufficio realistico “Buonasera colleghi, mi dispiace disturbare ma devo segnalarvi che i genitori gli hanno fatto vedere un bel tramonto

“Ci penso io non preoccupatevi” interviene l’addetto alla fotografia dei sogni “trovo io qualche foto di un tramonto mozzafiato. Così avrà un ricordo ancora più bello di quello che ha visto”

Così mentre il laboratorio dei sogni progetta e realizza idee per allietare la notte che dovrà affrontare il bimbo, nel sonno lui abbozza un sorriso e comincia il viaggio.

Vivrà cose incredibili che forse esistono da qualche parte del mondo. Circondato da specie animali che non ha mai visto, da persone sorridenti, da case dipinte di rosso e lunghe strade che tagliano in due le foreste.

Spiagge affacciate sugli Oceani, il calore del sole e l’affetto della luna.

Una carezza, un bacio sulla fronte e d’improvviso il laboratorio dei sogni è costretto ad interrompersi bruscamente.

“Svegliati, che c’è una bella giornata che ci aspetta”

La mamma lo guarda amorevolmente

“Facciamo una bella colazione e poi andiamo a vedere gli animali

“Quelli del sogno mamma?”

“Sì, quelli del sogno”

 

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole. (Giovanni Pascoli)

 

 

 

Vietri sul Mare. 47 e l’eredità

“Prego si accomodi, il dottore la sta aspettando”

La signora in sala d’aspetto in paziente attesa della convocazione, si alzò dalla sedia ed entrò nello studio del notaio. Salutò educatamente e colse l’invito a sedere nuovamente. Una pregiata scrivania in legno la divideva dal funzionario che reggeva tra le mani una busta da lettere sigillata. Lui teneva gli occhiali sulla punta del naso che si reggevano come equilibristi sulla fune e, ad ogni suo movimento, sembravano lasciarsi scivolare. Scrutava tutti i particolari con dovizia mentre alle sue spalle un ricercato orologio a muro scandiva i secondi che riecheggiavano nella stanza. I doppi vetri delle finestre la isolavano quasi completamente dai rumori provenienti dalla strada limitrofa.

Il notaio aprì la busta ed estrasse la lettera. Si mise a leggerla tra sé e sé, sussurrando di tanto in tanto qualche spezzone di parola contenuta nel testo. La sua testa lucida e pelata rifletteva la luce che filtrava nella penombra dello studio. La signora attendeva un riscontro da parte del funzionario intento ad interpretare lo scritto. Fino a che questi si pronunciò traendo le prime conclusioni.

“Dunque, la defunta pare abbia espresso in piena consapevolezza quanto riportato da lei stessa in questo manoscritto”

La signora era visibilmente dispiaciuta per la dipartita della conoscente.  Si limitò ad ascoltare il notaio senza proferire parola che elencò le volontà della donna precisando da subito un particolare.

“Qui viene indicata come unica erede la nipote, tale signorina M.T., cui però legalmente grado di parentela non risulta in essere”

“No, infàtt a’ signurina…” Il notaio fece segno con la mano di aspettare, interrompendo sul nascere l’iniziativa della cliente “Dicevamo…” continuò “non è riconosciuta legalmente, però non ci dovrebbero essere problemi in tal senso. Che lei sappia c’è qualche parente interessato ad impugnare il testamento?”

“A’ poverà signòr nun ricevèv visitè ra tiemp immemorè. ra quantò ne so io, in tuttì chisti annì in cui ha abitàt int’a’ nostrà palazzìn nun si è maje presentàt nisciuno a farlè visità. Tantu menò lei ha maje fatto cennò a’ parentì, poi nun credò chè…” Nuovamente il notaio fece cenno zittendo la signora. Lesse qualche riga prima di riprendere il discorso.

“Dunque parrebbe che l’unica persona che aveva a cuore era questa ragazza che lei chiama affettuosamente nipote ed alla quale ha dato disposizione di lasciare tutto”

La signora dinanzi al notaio riprese timidamente parola.

“Vere era na’ persòn assaie solitarià e l’unìc persòn a cui sembràv da’ na’ certà confidènz è statà mia figlià. Fin ra piccolà. pure a’ mia criatura stavà simpatìc a’ signorà, tànt’è ca’ capitàv spessò ca’ andàss a farlè visità e’ pomeriggì. A vote’ si fermàv a studiàr ra leì” il notaio ascoltava e lasciava proseguire il discorso con lo sguardo vigile e severo “Povèr signorà, era assaie coltà e e’ frequènt aiutàv mia figlià a fa’ e’ compitì. E’ prestàv e’ librì. Parlavàn tantu assiemè. Forsè l’unà e l’àltr avevàn trovàt e’ figurè e’ nonnà e nipotè ca’ entràmb nun hannò maje avutò”

“Capisco signora. Però già le dico che la situazione qui è piuttosto complicata. Sua figlia dove si trova adesso?”

“Mia figlià fatica all’esterò. nun ha fatto nimmanco in tiemp a tornare ppe o’ funeralè. Ci tenevà davvèr tantu a salutàrl un’ultìm voltà. Era affrànt”

Il notaio annuì, poi finalmente posò la lettera sulla scrivania.

“Quindì cosà pòzzo comunicàr a mia figlià? Lei nun si nullà e’ chesta cosà. nimmanco io me immaginàv ca’ a’ signòr e’ lasciàss chillu pocò ca’ avevà. Poverinà. Sicuramènt decidèrà e’ donarè mobilì e vestìt in beneficenzà. Magarì si tèrrà cacc librò e’ ricòrd”

Il notaio fece una smorfia di disappunto.

“Ma allorà davvèr nun si e’ cosà stiamo parlànd?”

La signora non capì.

Leggo testualmente.

Il notaio riprese in mano il documento e cominciò a leggere ad alta voce.

“L’unica pace di cui avevo bisogno l’ho ritrovata nei libri che ho letto in questi lunghi anni. Periodo in cui ho liberamente scelto di separarmi da ogni vincolo materiale. Poeti e filosofi sono state le guide che mi hanno accompagnato in questo lungo e tortuoso sentiero spirituale. Ho scelto di chiudere la porta dell’uscio e rifugiarmi in me stessa rifiutando qualsivoglia contatto con le persone che distrattamente per scelta loro, o meno, si destreggiano a vivere, forse sopravvivere, nel mondo là fuori. Ma questo è un lascito, non un giudizio. Puntando il dito rinnegherei gli insegnamenti di libertà cui sono stata fiera allieva. Di conseguenza la mia volontà che esprimo nel pieno possesso delle mie facoltà, è quella di agevolare la vita dell’unica persona che con la sua gioia, spontaneità e spensieratezza ha sempre illuminato la parte più buia di questa casa e di me stessa. Essere diventata nonna, senza i requisiti né la volontà d’esserlo, è stato il premio più bello che mi potesse capitare. Non sono credente e non ho un Dio specifico da ringraziare. Di concreto c’è la mia nipotina invece, cui dispongo di lasciare, i miei averi elencati di seguito e di cui lei ignora l’esistenza”

Alla signora spuntarono le lacrime agli occhi.

Il notaio fece un sospiro ed elencò i beni materiali. Tre appartamenti nel centro della città, alcuni terreni sulla costiera amalfitana, gioielli ed altri valori depositati presso una banca, mentre in un altro istituto titoli ed un cospicuo conto corrente.

Come avviene nelle piccole cittadine la voce si sparse velocemente tant’è che, come da previsione del notaio, i primi a fare causa all’ereditiera furono due sorelle della defunta ed i loro figli, quelli sì legalmente nipoti, che si fecero vivi per la prima volta. Si erano preparati al meglio “Poverà nonnà” versavano lacrime “leì ci scrivèv semprè. Ci riceva ca’ era costrètt a starsèn chiusà a casa ppe paurà ca’ e’ rubassèr tuttò. Ci parlàv e’ na’ uagliuncella ca’ avevà miso e’ uocchi sullè sue cosè. Ma chi pensàv andavà a ferni’ còsì? Tantà crudèltà è inimmaginabìl”

Anche il sindaco e qualche assessore non mancarono di far valere ragione “a’ signòr avevà assaie a core a’ sua cìttà. Spessò telefonàv o’ Comunè ppe informàrs sui lavorì e’ mantenimentò, sullò statò ra’ conservaziòn dei palàzz storicì” Chiaramente non era vero “Era attènt a’ cultùr e, ca’ io sappià, cacc semana prima e’ muri’ ci era giuntà vocè ra’ sua volòntà e’ donarè na’ cospicuà sommà indirizzàt e’ operè pubblìch“

Immancabilmente ebbe da dire la sua pure il prete che aveva speso malvolentieri qualche minuto del suo esercizio per cospargerla di acqua santa e dedicarle una preghiera al cospetto di una funzione deserta che, al pratico, significava l’assenza di offerte.

“Comm nun ave’ a core e’ sortì e’ chesta anema ca’ a modò suo seguìv a’ lucè ro’ Dio misericordiosò” disse stringendo un rosario ed il vangelo al proprio petto “unà femmena cui a’ presènz è sempe statà costànt o’ cospètt e’ nostrò Signorè. Song certò ca’ sul o’ pocò tiemp rimàst e o’ smarrimènt ra’ malattià e’ abbiàn impedìt e’ esprimèr a’ sua volòntà ca’ evidentemènt includèv nu’ generòs obolò a’ Chiesà”

Furono i più rappresentativi, ma non gli unici, a presentare le mani tese al cospetto del notaio ed alcuni di loro, come i nipoti ad esempio, ne ebbero convenienza.

Solo i libri non furono soggetti della disputa. L’eredità spirituale di quella donna finirono sugli scaffali della nipotina che fu l’unica tra tutti a non aspettarsi nulla ed a ricevere il dono più grande che la sua nonna acquisita potesse lasciarle in eredità:  la conoscenza.

Non le case, i terreni, o i gioielli, ma la conoscenza fu la chiave della felicità di quella bambina che nel frattempo aveva imparato a splendere di luce propria.

E fu felice.

Si ereditano beni mobili o immobili. Si ereditano anche dei debiti. Tutto ciò che si eredita è sempre di una materia contabile. È possibile che non si possa ereditare, nemmeno dalle persone più care, un patrimonio che non sia venale? Ereditare sogni, pensieri sfusi, fantasie di vario genere; e poi spunti di romanzi o di romanze, dubbi filosofici, amori, certezze teologiche, brandelli di poesie, magari chiacchiere e bugie da tener buoni per le ore di solitudine. Questo si chiamerebbe ereditare.
(Francesco Burdin)

Panarea. Roulette.

“Hai deciso cosa ordinare? Io prenderò un sandwich… Con una birra. Ci sta”

“Buona idea. Dai, uguale”

La giornata è soleggiata e limpida. Il sole è nel pieno della sua forza.

“Scusi signorina… Noi avremmo deciso”

La cameriera puntò la penna sul piccolo block notes pronta a trascrivere l’ordine dei due ragazzi seduti al tavolino “Ci siamo! Ditemi tutto!” Disse sorridente.

“Dunque, due sandwich e due birre. Piccole o grandi?” Si rivolse all’amico abbassando la lista che stava consultando.

“Vorrei provare la birra Cristalli di Sale… In bottiglia. Che dici?”

L’amico annuì, ricambiò il sorriso alla gentile insererviente e le restituì il menù.

“Abbiamo fatto bene a venire a Panarea. Guarda che incanto di isola

“Davvero. E’ proprio spettacolare. Mi ricorda la Grecia. Qualche isola delle loro. Con queste case bianche. I colori pastello degli infissi. I vasi. Anche le piante sono simili”

“Sì, stesso stile. Il clima, i colori… Vero.”

La cameriera appoggiò bicchieri e bottiglie di birra sul tavolo.

“Perfetto. Avevo una sete che non ne potevo più”

“Tra poco vi porto anche il resto. Cin!”

I ragazzi accompagnarono con lo sguardo i primi passi della ragazza che tornò al banco con il vassoio vuoto.

“Niente male” disse uno dei due.

“Ma dai. Pensi sempre a quello” rispose l’altro

“Scusa, siamo in ferie, in un posto spettacolare, tranquilli e rilassati, soli… Se non ci penso adesso quando mai dovrei pensarci?”

“Comunque confermo. Bella ragazza. Dai, assaggiamo sta birra prima che si scaldi”

Con il primo sorso eliminarono l’arsura della bocca, poi si dedicarono a studiarne il gusto.

“Ci voleva. Buona. Mi piace. Per essere una birra in bottiglia non è niente male”

Tornò nuovamente la cameriera con i sandwich.

Si concentrarono sullo spuntino.

“Che spettacolo. Guarda che mare. Si è alzato anche un po’ di vento, si sta benissimo”

“Certo che è impressionante vedere tutti questi yacht al largo”

“Beh, Panarea è un’isola ricchissima. Hai visto che razza di ville abbiamo incontrato sulla strada. Mi fanno impazzire tutti questi giardini e terrazze affacciate sul mare. Chissà chi si può permettere queste case. Che poi, sono case di villeggiatura. Sembra di vivere in una rivista di architettura

I due rimasero per qualche istante in silenzio a contemplare il paesaggio.

“Certo che è assurdo se ci pensi” disse uno dei due.

“Cosa è assurdo?” rispose l’altro masticando con gusto l’ultimo morso del panino.

“Gli squilibri nella distribuzione della ricchezza. Ci sono alcune persone a bordo di yacht con la servitù che pasteggiano ad ostriche e champagne e migliaia di altre che non hanno a disposizione neanche una ciotola di riso al giorno” L’amico spalancò gli occhi incredulo a ciò che le sue orecchie avevano appena sentito, si ripulì la bocca da qualche briciola, sorseggiò la birra e ribatté

“Ma ti sei fulminato il cervello? A te il caldo fa male… Sarai mica diventato comunista?”

“E’ una constatazione. Scusa, non ci vedi dell’ingiustizia in tutto questo?”

“Assolutamente no. A meno che i ricconi non abbiano rubato per avere ciò hanno, non ci vedo niente di male. Anzi, sai quanti posti di lavoro offrono queste persone ai meno abbienti?”

“Ma io non contesto il fatto che uno sia ricco o meno. Trovo ingiusto il fatto che non ci siano pari opportunità”

“Ecco. Sei diventato comunista. Dimmi te se mi doveva capitare anche un amico comunista. La birra non ti ha dato in testa perché la sto bevendo anch’io, i panini erano uguali… Manca solo che confessi d’esserti innamorato di me. Anzi, ti dirò, meglio un amico finocchio che comunista!”

Né uscì un sorriso. Si conoscevano da troppo tempo e nessuno dei due voleva giungere al litigio.

“Tranquillo, anche se fosse non saresti il mio tipo” Risero di gusto. Poi il discorso proseguì.

“La cosa che mi fa riflettere è che la nostra esistenza scaturisce da un colpo di fortuna o sfortuna. Il lancio di una monetina. Nascere in una famiglia di ricchi o di poveracci non è una scelta. Noi siamo bianchi, italiani. Nati e cresciuti in famiglie benestanti che ci hanno permesso di crescere, studiare, essere qui adesso…  Ma in procinto d’esser creato non mi è stata data la possibilità di scegliere il grembo a me più congeniale. Mi spiego?”

L’amico ascoltava allibito e totalmente discordante “Che ne sai che non hai scelto? Magari Dio ti ha dato questa possibilità e non te lo ricordi…”

“Se così fosse o esistono dei cretini che scelgono di nascere nella miseria più assoluta o Dio è così figlio di puttana da mettere in difficoltà da subito milioni di suoi figli. Io Dio lo lascerei proprio fuori dal discorso…”

“Magari vuole metterli alla prova”

“E’ questione di fortuna. Una roulette. Infatti non capisco nemmeno questi forti sentimenti di nazionalismo che da millenni ci stanno ammazzando gli uni con gli altri”

L’amico visibilmente destabilizzato da conclusioni così filosofiche ed inaspettate fece il gesto del conto alla cameriera.  Non si tirò certo indietro nell’affermare che era orgoglioso delle sue radici, di essere italiano.

“Ma hai scelto te di essere italiano? No. Sei nato in Italia per casualità. Ci scontriamo su concetti di appartenenza di etnia, dialettica, eredità e cultura, basate su un diritto acquisito casualmente”

I due si alzarono, pagarono il conto soddisfatti, scambiarono qualche parola di cortesia con la ragazza che li aveva serviti e si incamminarono verso il porto dove avrebbero aspettato la barca diretta a Stromboli.

“Vabbé, ho l’amico comunista. Robe da pazzi. Basta che non cominci a rompere i coglioni che gli extra comunitari vanno accolti e via dicendo perché ti mando a fanculo!

“No tranquillo. Godiamoci la vista di queste magnifiche ville e delle barche che veleggiano verso il tramonto

 

Io amo pensare alla Sicilia come un luogo dove puoi trovare qualunque tipo di contraddizioni. Troverai sempre che tutto ha un fondamento. Però certamente il fatto che sia un’isola ha influito moltissimo sulla capacità di ragionare, ma anche, forse, sulla capacità di sragionare, se vogliamo sempre citare Pirandello. Quello che a me sempre ha colpito è che, secondo me, l’isola, l’essere nati in un’isola ha accentuato la vena sognatrice dei siciliani. L’essere costretti ad immaginarsi che cosa ci sia dall’altra parte dell’orizzonte ha accentuato molto questa vena visionaria che mi è molto vicina, in qualche modo.
(Giuseppe Tornatore)