Panarea. Roulette.
“Hai deciso cosa ordinare? Io prenderò un sandwich… Con una birra. Ci sta”
“Buona idea. Dai, uguale”
La giornata è soleggiata e limpida. Il sole è nel pieno della sua forza.
“Scusi signorina… Noi avremmo deciso”
La cameriera puntò la penna sul piccolo block notes pronta a trascrivere l’ordine dei due ragazzi seduti al tavolino “Ci siamo! Ditemi tutto!” Disse sorridente.
“Dunque, due sandwich e due birre. Piccole o grandi?” Si rivolse all’amico abbassando la lista che stava consultando.
“Vorrei provare la birra Cristalli di Sale… In bottiglia. Che dici?”
L’amico annuì, ricambiò il sorriso alla gentile insererviente e le restituì il menù.
“Abbiamo fatto bene a venire a Panarea. Guarda che incanto di isola”
“Davvero. E’ proprio spettacolare. Mi ricorda la Grecia. Qualche isola delle loro. Con queste case bianche. I colori pastello degli infissi. I vasi. Anche le piante sono simili”
“Sì, stesso stile. Il clima, i colori… Vero.”
La cameriera appoggiò bicchieri e bottiglie di birra sul tavolo.
“Perfetto. Avevo una sete che non ne potevo più”
“Tra poco vi porto anche il resto. Cin!”
I ragazzi accompagnarono con lo sguardo i primi passi della ragazza che tornò al banco con il vassoio vuoto.
“Niente male” disse uno dei due.
“Ma dai. Pensi sempre a quello” rispose l’altro
“Scusa, siamo in ferie, in un posto spettacolare, tranquilli e rilassati, soli… Se non ci penso adesso quando mai dovrei pensarci?”
“Comunque confermo. Bella ragazza. Dai, assaggiamo sta birra prima che si scaldi”
Con il primo sorso eliminarono l’arsura della bocca, poi si dedicarono a studiarne il gusto.
“Ci voleva. Buona. Mi piace. Per essere una birra in bottiglia non è niente male”
Tornò nuovamente la cameriera con i sandwich.
Si concentrarono sullo spuntino.
“Che spettacolo. Guarda che mare. Si è alzato anche un po’ di vento, si sta benissimo”
“Certo che è impressionante vedere tutti questi yacht al largo”
“Beh, Panarea è un’isola ricchissima. Hai visto che razza di ville abbiamo incontrato sulla strada. Mi fanno impazzire tutti questi giardini e terrazze affacciate sul mare. Chissà chi si può permettere queste case. Che poi, sono case di villeggiatura. Sembra di vivere in una rivista di architettura”
I due rimasero per qualche istante in silenzio a contemplare il paesaggio.
“Certo che è assurdo se ci pensi” disse uno dei due.
“Cosa è assurdo?” rispose l’altro masticando con gusto l’ultimo morso del panino.
“Gli squilibri nella distribuzione della ricchezza. Ci sono alcune persone a bordo di yacht con la servitù che pasteggiano ad ostriche e champagne e migliaia di altre che non hanno a disposizione neanche una ciotola di riso al giorno” L’amico spalancò gli occhi incredulo a ciò che le sue orecchie avevano appena sentito, si ripulì la bocca da qualche briciola, sorseggiò la birra e ribatté
“Ma ti sei fulminato il cervello? A te il caldo fa male… Sarai mica diventato comunista?”
“E’ una constatazione. Scusa, non ci vedi dell’ingiustizia in tutto questo?”
“Assolutamente no. A meno che i ricconi non abbiano rubato per avere ciò hanno, non ci vedo niente di male. Anzi, sai quanti posti di lavoro offrono queste persone ai meno abbienti?”
“Ma io non contesto il fatto che uno sia ricco o meno. Trovo ingiusto il fatto che non ci siano pari opportunità”
“Ecco. Sei diventato comunista. Dimmi te se mi doveva capitare anche un amico comunista. La birra non ti ha dato in testa perché la sto bevendo anch’io, i panini erano uguali… Manca solo che confessi d’esserti innamorato di me. Anzi, ti dirò, meglio un amico finocchio che comunista!”
Né uscì un sorriso. Si conoscevano da troppo tempo e nessuno dei due voleva giungere al litigio.
“Tranquillo, anche se fosse non saresti il mio tipo” Risero di gusto. Poi il discorso proseguì.
“La cosa che mi fa riflettere è che la nostra esistenza scaturisce da un colpo di fortuna o sfortuna. Il lancio di una monetina. Nascere in una famiglia di ricchi o di poveracci non è una scelta. Noi siamo bianchi, italiani. Nati e cresciuti in famiglie benestanti che ci hanno permesso di crescere, studiare, essere qui adesso… Ma in procinto d’esser creato non mi è stata data la possibilità di scegliere il grembo a me più congeniale. Mi spiego?”
L’amico ascoltava allibito e totalmente discordante “Che ne sai che non hai scelto? Magari Dio ti ha dato questa possibilità e non te lo ricordi…”
“Se così fosse o esistono dei cretini che scelgono di nascere nella miseria più assoluta o Dio è così figlio di puttana da mettere in difficoltà da subito milioni di suoi figli. Io Dio lo lascerei proprio fuori dal discorso…”
“Magari vuole metterli alla prova”
“E’ questione di fortuna. Una roulette. Infatti non capisco nemmeno questi forti sentimenti di nazionalismo che da millenni ci stanno ammazzando gli uni con gli altri”
L’amico visibilmente destabilizzato da conclusioni così filosofiche ed inaspettate fece il gesto del conto alla cameriera. Non si tirò certo indietro nell’affermare che era orgoglioso delle sue radici, di essere italiano.
“Ma hai scelto te di essere italiano? No. Sei nato in Italia per casualità. Ci scontriamo su concetti di appartenenza di etnia, dialettica, eredità e cultura, basate su un diritto acquisito casualmente”
I due si alzarono, pagarono il conto soddisfatti, scambiarono qualche parola di cortesia con la ragazza che li aveva serviti e si incamminarono verso il porto dove avrebbero aspettato la barca diretta a Stromboli.
“Vabbé, ho l’amico comunista. Robe da pazzi. Basta che non cominci a rompere i coglioni che gli extra comunitari vanno accolti e via dicendo perché ti mando a fanculo!”
“No tranquillo. Godiamoci la vista di queste magnifiche ville e delle barche che veleggiano verso il tramonto”
Io amo pensare alla Sicilia come un luogo dove puoi trovare qualunque tipo di contraddizioni. Troverai sempre che tutto ha un fondamento. Però certamente il fatto che sia un’isola ha influito moltissimo sulla capacità di ragionare, ma anche, forse, sulla capacità di sragionare, se vogliamo sempre citare Pirandello. Quello che a me sempre ha colpito è che, secondo me, l’isola, l’essere nati in un’isola ha accentuato la vena sognatrice dei siciliani. L’essere costretti ad immaginarsi che cosa ci sia dall’altra parte dell’orizzonte ha accentuato molto questa vena visionaria che mi è molto vicina, in qualche modo.
(Giuseppe Tornatore)
Il turismo: orfano di follia e romanticismo
1994, Primavera.
Rimini. Io ed il mio amico Andrea abbiamo parlato, riso, scherzato; progettato il futuro.
Oscillando tra incoscienza ed utopie.
Poi una cabina telefonica lungo la strada e la chiamata rassicurante di rito ai genitori. Rispose mia madre.
“Guarda hanno telefonato, ti cercavano. Ti hanno preso.”
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Lettura consigliata:
Atlanta: la resa dei conti
Atlanta è una città visibilmente stanca, avvolta da un opacizzato smalto fine anni 90.
L’affascinante strascico delle Olimpiadi del 1996 è presente quasi ovunque, in particolare a South Downtown nel Centennial Olympic Park. I ragazzini si arrampicano sui cinque cerchi colorati eretti all’ingresso del parco. Nella vasta area verde sorge anche il museo del simbolo commerciale americano più invasivo e potente al mondo, la Coca Cola.
La bevanda creata dal farmacista John Stith Pemberton nel 1886 è l’esempio lampante di come la sete di consumismo stia pericolosamente guidando il mondo verso il baratro. Il marketing della bevanda color marrone è vincente perché maledettamente semplice: il prodotto è alla portata di tutti e piace a tutti, dal Presidente degli USA al senza tetto. Ognuno di noi può avere un dollaro in tasca per acquistarla, moltiplicato per i 7 miliardi di abitanti che popolano il mondo i conti sono presto fatti.
Atlanta è la capitale dello Stato della Georgia che nel 1929 vide nascere il Reverendo Protestante ed attivista politico pacifista Martin Luther King al quale fu assegnato nel 1964 il Nobel per la Pace. Nella città è stato costruito il Martin Luther King Jr. National Historic Site in sua memoria ed anche una via principale porta il suo nome. Il Reverendo King cominciò il suo cammino di lotta pacifica contro l’ingiustizia civile in una piccola chiesa a Montgomery, cittadina dell’Alabama non troppo distante da Atlanta e resasi nota per episodi di impegno civile quali il boicottaggio dei mezzi pubblici in seguito al rifiuto della coraggiosa Rosa Parks di rinunciare al suo posto sul bus riservato ai bianchi ed il Bloody Sunday, la celebre marcia da Selma a Montgomery. Nella cittadina sorgono il National Memorial for Peace and Justice ed il Civil Rights Memorial luoghi dove sono conservate le memorie del lungo periodo in cui la parte di popolazione più forte ha approfittato dei più deboli con reiterate e consapevoli ingiustizie e soprusi. Fatti di cronaca che ancora oggi penalizzano la libertà e giustizia di alcune etnie.
Sarebbe impossibile riassumere in poche righe ciò che centinaia di pubblicazioni autonome stanno cercando di far emergere senza essere disinnescate dai tentacoli della censura occidentale, ma la situazione che si è creata è evidente a tutti. Tutto ha inizio con il colonialismo spagnolo, portoghese, quello inglese e le conquiste di nuovi territori perpetrati da ciechi soldati di Dio, presuntuosi della loro evoluzione in ambito di medicina e scienza, spesso trainata da esigenze belliche. L’imprinting del conquistadores è ancora oggi caratteristica europea, la stessa che ha di fatto sterminato l’intero popolo di nativi americani che oltre ad essere stati usurpati di terre e diritti sono stati umiliati per anni dalla rivisitazione storica hollywoodiana specialista in indottrinamento delle masse occidentali.
In tutti i film, poche le eccezioni, tutti i nemici di zio Sam sono dipinti come spietati e crudeli assassini, malvagi terroristi privi di scrupolo ed immorali, contrapposti all’esercito dei buoni e comprensivi americani intenti a distribuire cioccolate e chewing gum alle mani tese delle popolazioni liberate. Siano questi soldati, cowboy, pugili o combattenti di qualsiasi tipo sono caratterizzati da un’infinita umanità, solidarietà, calma e sicurezza anche quando scaricano interi caricatori addosso al truce nemico.
Quanti telefilm polizieschi indottrinano intere generazioni che un uso lecito delle armi porta benefici alla comunità? I videogame sparatutto non hanno la stessa funzione? Chi non è dalla nostra parte va eliminato per il bene comune. Le campagne mediatiche di questo tipo sono una prassi che utilizza sistematicamente anche Israele per dimostrare al mondo di essere nella parte del giusto mentre giornalmente compie atroci ed efferati delitti contro la Palestina che sta, passo dopo passo, sgretolandosi con il tacito consenso del mondo occidentale. Ma perché l’ingiustizia trionfa senza che nessun Paese così detto democratico di fatto prenda una ferma e decisa posizione in tal senso? Perché a muovere i fili delle marionette del teatrino del mondo ideale ci sono gli interessi economici.
Il razzismo fondamentalmente riguarda i poveri. Il terrore dei privilegiati che i ruoli si possano invertire. Nel 1865 a seguito della guerra civile venne emanato il XIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che decretò la fine della schiavitù. Questo fatto comporterà paradossalmente un ulteriore disagio sociale enorme in particolar modo per quelli che oggi chiamiamo afroamericani. Essendo stati prelevati forzosamente dalle loro terre native, una volta terminata la condizione di schiavitù almeno dal punto di vista legislativo, si trovarono abbandonati a loro stessi senza poter contare su nessun sostegno economico. Questo è stato il vero disastro.
In Europa stiamo pagando scelte di alcune centinaia di anni fa quando l’osannato statista inglese Sir Winston Churchill si ricoprì di fama e gloria grazie alle strategie vincenti che consentirono gli alleati di sconfiggere i temuti nazisti cui scopo finale era lo stesso di chiunque scateni o partecipi ad una guerra: annientare l’avversario possibilmente cancellandolo dalla faccia della terra. L’hanno fatto gli americani con i coreani o gasando i vietnamiti, sganciando bombe atomiche in Giappone; tutt’oggi lo fanno gli israeliani bombardando i civili palestinesi o con escursioni belliche in Siria dove colpiscono ospedali e scuole. Per non parlare di ciò che avviene in Afghanistan, Iraq, Yemen e via dicendo. Churchill tracciò con righello e matita i confini del Medioriente separando pacifiche tribù di beduini. Lo fece senza interpellare nessuno durante un caldo pomeriggio, dopo aver pranzato e bevuto abbondantemente come suo solito.
Eppure sui libri ufficiali è quasi impossibile leggere versioni realistiche di quanto avvenuto.
Chi vince scrive la storia.
Poi c’è lo stato di polizia che serve a mantenere chiaro il concetto che al povero non è consentito partecipare alla spartizione del bottino. Per mantenere vivo il decadente equilibrio del capitalismo c’è necessità che una piccola parte di mondo goda del prodotto, gli altri devono lavorare duramente per produrla. L’abolizione della schiavitù non comporta l’acquisizione dei diritti fondamentali. Nativi americani, afroamericani, asioamericani ed ispanici sudamericani, hanno continuato ad essere discriminati perché poveri. Negli anni c’è stata un’evoluzione economica e tra questi molti sono emersi. Anche in questo caso sono stati i mass media occidentali a sdoganare l’immagine del poveraccio che cavalca il sogno americano sostenendo che è merito della democrazia liberista delle pari opportunità se qualcuno di loro è diventato ricco e famoso. Sappiamo che non è così. L’etnia bianca si tramanda il senso di superiorità verso le etnie di origini povere o dissociate al capitalismo che si traduce in sguardi languidi e comprensivi che in realtà sono un sommario lavaggio di coscienza.
Per sancire dei diritti fondamentali si è dovuta scatenare una guerra civile che evidentemente non è bastata. Non sono bastate le manifestazioni pacifiche di Martin Luther King né tantomeno quelle violente delle Pantere Nere o Malcom X. Non sono bastati i disperati gesti simbolici durante le manifestazioni sportive. Non bastano i movimenti artistici. Non bastano i morti che ci sono stati e ci saranno.
Il capitalismo è una guerra giornaliera in cui tutti siamo illusi di correre sulla stessa pista ma la cui distanza è variabile per ognuno e ad alcuni non è manco consentito di partire.
Una cosa è certa: non si può più procrastinare la propria presa di posizione. L’attendismo di comodo si sta crepando sotto i colpi di una parte di società che non è più disposta ad alimentare il mondo dei potenti in cambio di infelicità. Se fortunatamente ci si trova tra i pochi che usufruiscono di privilegi sarà il caso di agire in modo tale da ripensare le regole ed inglobare nel progetto l’intera popolazione mondiale raggiungendo traguardi di uguaglianza e sostenibilità. Altrimenti si dichiari apertamente la volontà di salvaguardare il sistema attuale, dove l’uso della forza fisica e psicologica perpetrata dai potenti consenta di mantenere la supremazia a danno dei soliti poveri.
Consapevoli di questo prepariamoci alla resa dei conti.
Il capitalismo corre sempre il rischio di ispirare gli uomini ad essere più interessati a guadagnarsi da vivere che a vivere
(Martin Luther King)



