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Parafrasi di terremoto

biciA L’Aquila quasi tutti gli edifici sono coinvolti in opere di ricostruzioni. Alcuni ancora nascosti dalle reti di protezione, altri sostengono complesse impalcature, qualcuno è stato puntellato ed abbandonato a se stesso.

Sembra di camminare all’interno di un grande set cinematografico svuotato dagli attori protagonisti.

Sempre meno presenti, ma esistono ancora luoghi dove il tempo si è fermato pochi istanti dopo i crolli della notte del 6 aprile 2009. Si possono scorgere dei grossi monitor della saletta computer di un bar. La visione ci fa comprendere i passi da gigante che sta facendo la tecnologia, quasi voglia instaurare in rapidità un ampio e netto distacco dal tragico avvenimento.  Affacciandosi alle vetrine di alcuni negozi evacuati si nota la merce giacente disordinata tra scaffali incrinati e pavimenti impolverati.

Camminando tra le vie della città questo è quello che si vede.

impalcaturaLe martellate, le accelerate delle betoniere, lo stridere dei trapani, i richiami tra muratori è quello che invece si sente. Attorniati da un irreale cuscinetto di silenzio.

Il rischio è focalizzarsi su quanto sopra descritto e piangere la parziale dispersione culturale ed architettonica anziché la perdita umana e comunitaria.

L’eruzione del Vesuvio a Pompei provocò la distruzione dell’insediamento umano immobilizzando e cristallizzando nella storia centinaia di persone. Resti a tutt’oggi riconoscibili che ci ricordano gli attimi di sorpresa e sofferenza subiti dagli abitanti. A distanza di duemila anni il ritrovamento di oggetti e resti appartenenti al nostro genere ci ricordano i drammi e le storie vissute all’epoca. Il centro dell’attenzione è rivolta all’uomo.

L’Aquila, a differenza della cittadina campana, sarà ripulita e tirata a lucido pronta per ripresentarsi al mondo come una delle più belle città europee e non solo. Esiste così il rischio che venga celata traccia della sofferenza subita da ogni cittadino. Persona per persona.

Il pericolo più grande è che dopo il caloroso abbraccio umanitario ricevuto in varie forme dagli aquilani, nel caso specifico, le vittime vengano dimenticate o abbandonate per procurata scocciatura. Le richieste d’aiuto protratte nel tempo, pur logicamente legittime, diventano scomode al resto delle comunità integre che non amano protrarsi nelle emergenze. Anche se irrisolte.

internoNella storia il bar non porta i ricordi, ma i ricordi portano inevitabilmente al bar  quello che si cerca di far emergere è il fatto che le cose si possono ricostruire. A tutto c’è una soluzione, tranne che alla morte. Simbolicamente il riferimento a questo detto è la serranda del bar del protagonista del racconto, tornata in asse dopo il sisma. Qualcosa di materiale che in mezzo alla distruzione addirittura si ripara.

Per chi resta in vita non rimane altro che adattarsi ai cambiamenti e confrontarsi con la nuova realtà.

Guardando negli occhi di queste persone si dovrebbe pensare a quello che hanno perso, a ciò che hanno subito. Negli Stati Uniti dopo il crollo doloso delle Twin Towers hanno individuato un nemico contro cui scagliare la loro rabbia. Tutti i desideri di rivalsa all’accaduto li stiamo pagando ancora oggi con l’aggiunta di altre vittime; anche tra uomini dell’esercito riversati nei luoghi dove si radicalizza il male. A loro detta.

Nel caso nostrano non c’è un nemico da affrontare. Esiste chi punta il dito verso le autorità competenti che non hanno prevenuto niente di ciò che si è verificato, gli orfani delle Chiese semidistrutte che evocano punizioni divine, altri che si appellano alla fortuna o sfortuna.

Ciò che è stato è un evento naturale. Vedendolo da un punto di vista naif e fantasioso una scrollatina del globo terrestre forse annoiato nel sopportare milioni e milioni di puntini che lo modificano quotidianamente estraendo minerali, producendo scorie, lasciando residui ovunque e divorando tutto ciò che si muove tra terra, acqua ed aria.

Anche questa teoria però devia la traiettoria dell’intento della storia dell’uomo del bar che, se ancora non si fosse capita, vuole indirizzare l’attenzione alle persone toccate dall’evento e non alle cose.

Le cose sono fatte per essere usate.
Le persone sono fatte per essere amate.
Il mondo va storto perché si usano le persone e si amano le cose.