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La Maratona di New York (vista da dentro)

Anche la melodia della sveglia pare diversa questa mattina.

Le luci esagerate a Time Square non hanno lasciato spazio al buio della notte così come incessanti suonano tra le mie orecchie le sirene dei mezzi di soccorso che transitano tra le vie di New York.

Sulla sedia della scrivania davanti al mio letto ho disposto tutti gli indumenti che dovrò indossare. Un gesto che non si limita alla praticità; è un rito spirituale che serve a riordinare le idee e che i maratoneti conoscono bene. Sistemare con cura pantaloncini, calze, integratori… Spillare il numero sulla canotta e poi osservarlo pensieroso per qualche minuto.

Mi lavo i denti guardandomi allo specchio e stamattina quel banale gesto assume una forma di solennità.

Finiti i preparativi esco dalla camera dell’albergo.

Già la colazione svela un’infinità di differenze tra coloro che prenderanno il via alla 60ma edizione della New York City Marathon.

Non riesco a fare a meno di sbirciare nei piatti delle persone. Siamo quello che mangiamo, diceva qualcuno; nello specifico penso che mangiamo come corriamo.

Fuori la temperatura è fresca, ma non gelida. Non si intravedono nuvole e si prospetta una bella giornata a differenza dell’anno precedente.

L’organizzazione ha già cominciato a sistemare le transenne sotto gli occhi vigili della polizia. Le sirene delle volanti ruotano ad intermittenza illuminando con fasci luminosi blu la base dei grattacieli. Grossi automezzi azionano ad ogni manovra acuti segnali acustici ritmando il frenetico ed ordinato lavoro dei volontari ed operai dai caschi gialli e giubbini catarifrangenti.

Mi sento un puntino perso nell’Universo nell’assistere a ciò che sta avvenendo. Sembra così fantastico prenderne parte.

I bus giungono al molo e le persone infreddolite attendono di salire sul traghetto.

Manhattan indossa ancora il suo bellissimo abito da sera mentre scorre tra le finestre dell’imbarcazione che ci sta accompagnando alla partenza. Non ho con me nulla per poter immortalare ciò che vedo. In un primo momento ho qualche rammarico, ma prevale l’intimità del momento. Sarà il mio cuore, supportato dalla mia memoria, a ricordare ciò che sto vivendo. Ormai non c’è dubbio che la giornata è una parentesi meteorologicamente perfetta e l’alba che si riflette tra le acque del fiume Hudson, che stiamo navigando, lo sigilla. Anche la Statua della Libertà si concede fiera e vanitosa ai nostri sguardi.

Non manca molto per arrivare a Staten Island. C’è del tempo per parlare di esperienze personali, materiali tecnici, integratori. È un modo per conoscere nuove persone ed ingannare l’emozione. Tra non molto sarò parte del colorato movimento che scandisce l’avvio della manifestazione al quale fino a pochi anni fa non davo alcun significato.

Il villaggio pre-gara accoglie i partecipanti in modo estremamente ordinato. L’ennesimo controllo di sicurezza e poi l’attesa. Bevo un tè caldo, indosso il regalo di uno sponsor preso in uno stand, ossia una cuffia colorata prevista per avvolgere il pensatoio capelluto dalle disattese rigide temperature, approfondisco qualche conoscenza. Comincio a pianificare la gara con un vero atleta, Maurizio De Angelis, che mi propone di correre in coppia. Ma lui merita un capitolo a parte.

C’è gente in ogni dove; un agglomerato di ogni genetica possibile immaginabile e quasi mi stordisce osservare tutta la varietà di persone e comportamenti.

Il tempo scorre e si avvicina il momento fatidico per cui le migliaia di persone presenti si sono preparate da mesi, forse anni. Mentre mi spoglio dall’economica tuta presa per l’occasione dedico un pensiero a chi non ha potuto esserci per svariati e sfortunati motivi. Sono centinaia le persone iscritte che rinunceranno alla maratona ed a loro auguro di far parte ad una delle prossime edizioni.

Il tonfo sordo della prima cannonata oltre a sancire la partenza dei primi atleti preoccupa un po’ tutti gli altri. Gli elicotteri sorvegliano la zona e lo spiegamento di forze di sicurezza è imponente.

Le onde colorate si susseguono velocemente fino al momento in cui è chiamata in causa quella verde di cui faccio parte.

In un attimo mi trovo a correre sul ponte di Verrazzano con una vista su Manhattan che toglie il fiato. Sono attimi che racchiudono un turbinio di emozioni e di energia che nessuno si preoccupa di nascondere. Per la gioia del momento qualcuno ride, qualcun altro urla, c’è chi piange. Poi il silenzio cadenzato dal pulsante suono di migliaia di scarpe ed altrettanti cuori.

Ho studiato abbastanza bene il percorso che sto affrontando per la prima volta e non voglio forzare già alla prima salita. Ho scelto una strategia conservativa.

Nel frattempo il mio cronometro perde il segnale gps e mi riporta valori di passo completamente sballati.

Non è la prima maratona a cui partecipo e vedermi superato dopo poche centinaia di metri da un signore che corre con i mocassini ed un peruviano in costume Inca con tanto di piume in testa non dovrebbe preoccuparmi. Comincio invece a pensare che sto esagerando con il risparmio energetico. Non c’è pubblico fino al terzo chilometro. I lati delle strade di Brooklyn già strabordano spettatori che esibiscono cartelli e tifano come fossero tutti nostri parenti. Grazie alle loro animazioni la lunga e noiosa strada che porta al 13K in prossimità del Brooklyn Academy of Music è scorrevole e divertente. Ci sono gruppi musicali e persone festanti. Scelgo di aumentare un po’ il ritmo ma mi ritrovo nuovamente davanti ad una salita. La strada in questo caso si restringe e la folla è ancora più presente. Cancello dalla mente le strategie distratto dagli incoraggiamenti di centinaia di bambini e dall’onda viola e chiassosa di un magnifico coro gospel organizzato sul marciapiede davanti ad una chiesa. A rendere l’atmosfera silenziosa ci pensa il Quartiere ebraico di Williamsburg dove la partecipazione all’evento è inesistente. Riposo le orecchie. La mezza maratona è fissata nel Queens dove pochi chilometri dopo è presente il famigerato Queensboro Bridge, rinomato per il vento che soffia gelido di traverso sui maratoneti. Una volta attraversato sarò di nuovo a Manhattan. La giornata è talmente bella che veniamo graziati dal meteo così che il ponte non presenta nessun pegno da pagare. Evento unico in 60 anni di Maratona di New York, giurano i partecipanti più esperti. Siamo intorno al 25K e mi rammarica vedere un ragazzo fermarsi per un problema al polpaccio. Non faccio in tempo a pensarci che mi ritrovo a percorrere la curva alla fine del ponte animato da un foltissimo pubblico che festeggia il nostro ingresso a Manhattan come fossimo i primi del gruppo, transitato almeno un’ora prima. La stanchezza e la botta di energia che mi arrivano dritti in faccia quasi mi commuovono.

Gli interminabili sali scendi dell’infinita 1st ave sono la rampa di lancio per cercare di abbassare il mio tempo che è molto al di sopra delle mie possibilità. Sinceramente non sto correndo per fare il mio personal best o per dimostrare niente a nessuno ma voglio dare un senso agli allenamenti svolti durante tutta l’estate. Comincio a sentire bruciore all’interno coscia di entrambe le gambe a causa di un ripetuto sfregamento dei pantaloncini. Per fortuna ai lati delle strade ci sono i volontari che oltre a liquidi ed alimenti distribuiscono anche vaselina spalmata su stecchi simil ghiacciolo. In teoria servirebbero ad evitare l’abrasione ai capezzoli che è una delle cose più dolorose che possono capitare quando corri. Non è facile riuscire a prendere un bastoncino in corsa e cercare di convincerli che sei consapevole di quello che stai facendo. In molti, infatti, scambiano la vaselina per cibo commestibile e se la mangiano. Di conseguenza i ragazzi sono esageratamente premurosi e prevenuti nel concedertene uno. La spalmo e dopo un immediato bruciore mi sento sollevato.

Entro ad Harlem.

Una carica emozionale fortissima mi dà un ulteriore spinta per aumentare il ritmo. Stavolta mi metto a correre seriamente senza dedicare tempo a dare il cinque ai bambini ai bordi delle strade o concentrarmi sulle meraviglie che mi circondano. Mancano circa 10K per entrare a Central Park e mettere fine alla gara più suggestiva che ho corso fino ad ora. È bello accelerare il passo alla fine perché c’è la cosiddetta raccolta dei cadaveri. Quelli che hanno dato tutto nella prima parte di gara e che ora sono in panne. Ne supero davvero tanti ma per recuperare il tempo perso nei primi 30K dovrei viaggiare alla velocità di Kipchoge. Vengo colto dai crampi quasi all’altezza del punto dove l’anno precedente mi ero posizionato per fare foto agli atleti. Impreco, rallento, dialogo con i muscoli, penso alla fortuna che ho questa volta ad essere dalla parte giusta della transenna e mi riprendo in fretta. L’ingresso a Central Park è spettacolare e l’incitamento che non è mai mancato per quasi 35K è commovente. Trovo le ultime motivazioni nella sfida con un altro italiano. Entrambi ne traiamo beneficio tagliando il traguardo con dignità.

C’è qualcosa nell’aria di New York che rende il sonno inutile.
(Simone de Beauvoir)

Un sincero ringraziamento ad Antonio ed Annalisa di Terramia che mi hanno concesso questa fantastica opportunità.

La Mezza Maratona di Torremolinos

Visto il percorso non proprio velocissimo e la modesta dimensione della località balneare spagnola, la mezza maratona di Torremolinos è da considerarsi una di quelle gare di seconda, terza fascia.

Abbastanza comodamente raggiungibile dalla vicina Malaga la gara si corre i primi di febbraio e può essere usata come test di allenamento in vista delle più rinomate mezze o maratone di aprile.

Nonostante il mese invernale in cui si svolge il clima è abbastanza mite ed adatto alla corsa. Discreta l’affluenza di pubblico, sempre partecipativo come avviene abitualmente in Spagna, anche se la manifestazione attrae principalmente e quasi esclusivamente atleti, corridori ed addetti ai lavori più che gente comune.

Gli stranieri più presenti sicuramente gli inglesi che si presentano al via con numerosi gruppi organizzati.

La partenza avviene presso la pista di atletica dello stadio comunale di Torremolinos dove i più veloci devono sgomitare un po’ per posizionarsi nelle prime file che consentono loro di non essere rallentati. Essendo una competizione non troppo partecipata chiaramente non sono predisposti wave, quindi chi prima arriva meglio alloggia. Almeno così dovrebbe essere perché anche alla partenza delle gare podistiche c’è sempre chi cerca di infrangere le regole della fisica impegnandosi nella difficile impresa di oltrepassare i corpi solidi che interferiscono tra lui ed il nastro del via.

Prima di recarmi sul posto ho cercato filmati o informazioni riguardanti il tracciato con l’intenzione di preparare una strategia di gara, ma non ho trovato nulla. Preferendo risiedere a Malaga anziché Torremolinos, non ho avuto modo di testare nemmeno parte delle strade che avrei dovuto affrontare. Il fattore sorpresa non aiuta certamente, sia nella strategia di gara che mentalmente.

Già alla prima curva usciti dallo stadio un disguido: una strettoia che costringe la maggior parte dei corridori a rallentare a tal punto da camminare. Ecco il perché in molti hanno spintonato alla partenza per garantirsi la prima fila.

Dopo questo intoppo parte il pendio. Una prima parte di mezza maratona velocissima dove, prendendo di riferimento anche la condotta di gara di alcuni locali, ho usato il freno per cercare di non disperdere tutte le energie in discese forsennate ed in attesa di ciò che mi sarebbe aspettato in seguito.

Sbagliato.

Nella parte centrale, quella visivamente più attraente con un passaggio sul lungomare e completamente piatta, mi sono accodato con non troppa disinvoltura, ad una ragazza dai tempi ben lontani di quelli del mio personal che resiste ancora da quel di Bonn e che nel mondo della mia fantasia avrei voluto battere a Torremolinos. Il cronometro diceva che la nostra andatura era da maratona più che da mezza. Lentissimi.

Strategia sbagliata nuovamente.

Solo all’ultimo tornante prima di entrare nella terza fase di gara ho cominciato a correre nelle mie possibilità ed ho guadagnato metri su metri sulla ragazza alla quale avevo tenuto la scia e che mi aveva fatto perdere molto tempo. L’ultima parte di gara ripresenta tutte le discese affrontate all’inizio sotto forma di salite ovviamente. Quindi, vero è che risparmiare energie serve a superare queste insidiose pendenze, vero è anche che essendo il sottoscritto allenato per la maratona, in salita avrei fatto più o meno gli stessi tempi con o senza energie da spendere. Quindi la tattica migliore sarebbe stata quella di tirare come un pazzo nelle prime due parti di gara e mantenere un ritmo lento costante nei chilometri finali.

Fatto sta che questa mezza maratona è stata archiviata con un tempo insoddisfacente ed un’esperienza in più da raccontare.

Per quanto riguarda il discorso gadget, sponsor ed organizzazione non si sono risparmiati con una caratteristica e variopinta medaglia finale, una t shirt tecnica ed un telo mare. Tanto per completezza di informazione, non che la scelta delle gare ricada sulla qualità o l’abbondanza dei gadget chiaramente.

Avete appena letto il resoconto di un consapevole podista amatoriale senior dalle irrilevanti tempistiche, quindi prendete le mie informazioni come spunti per le vostre future esperienze. Dei primi obiettivi da raggiungere se siete principianti alle prime armi oppure con pietà e tenerezza se siete professionisti o giovani fuoriclasse.

Dammi 10

Avere la fortuna e, perché no, le capacità di poter partecipare ad un evento sportivo podistico sia questo di breve o lunga durata è sempre una bella esperienza.

davCosì è stato il 1 ottobre 2017 anche per la ben riuscita 10K e 5K organizzata dalla Run Greece che ha colorato Rodi (Grecia) di azzurro; colore delle magliette del main sponsor che ben si è integrato con il blu del cielo e del mare che hanno fatto da splendida cornice alla gara.

davMolti dei partecipanti della 10K, duecento per l’esattezza, mi hanno ricordato il mio primo approccio a questo tipo di attività che mi ha poi coinvolto visceralmente fino a farmi diventare maratoneta. Parecchi di questi sono arrivati all’arrivo esausti e con tempi decisamente alti rispetto ai primi, esattamente come era successo a me alle prime manifestazioni. Certo, a vederli adesso sembra quasi impossibile che correre 10K possa ridurti in stati limitrofi al collasso, eppure ci siamo passati tutti da lì. Era il periodo in cui guardavo i maratoneti come persone venute da altri mondi e mi era difficile solo pensare l’idea che un uomo potesse correre per 42K. Eppure dopo i miei primi 10K la voglia di migliorare, per abbassare il tempo ma soprattutto per diminuire la soglia del dolore, ha svolto un compito da ruota del mulino. Una secchiata d’acqua alla volta, pian piano, gira e rigira, il granaio ha cominciato a riempirsi. Gli allenamenti si intensificano, l’asticella viene posta sempre più in alto e così si punta all’impresa successiva: la mezza maratona. Quello è lo step in cui ci si applica alla corsa in modo più passionale. Diciamo che è ancora consentito partecipare alla mezza maratona con atteggiamento e preparazione light. Per la maratona no. Quella non lascia via di scampo come il giudizio divino: se ti sei allenato male o poco, non la finisci. Neanche camminando.

IMG_20171002_015730_473Tornando alla 10K di Rodi, è stata parecchio impegnativa dal punto di vista climatico; farci partire alle 10 di mattina non è stata proprio una mossa geniale ed infatti tutti abbiamo sofferto il sole in faccia che ci ha accompagnato dalla partenza adiacente il Municipio, palazzo costruito dagli italiani durante l’occupazione fascista, per continuare al passaggio nel Porto di Mandraki e Marina Gate, fino ai primi scorci d’ombra in prossimità della porta Pili Italias Akantias, pertugio ricavato nelle mura antiche che caratterizzano e contengono la old town. Personalmente non ero sufficientemente preparato a correre con 27/28 gradi e questo fattore ha influito sul mio tempo finale (42:18) e sulla resistenza.

davFatto sta che questa 10K, che comunque ho terminato 14mo e 4° di categoria (M45), non era in programma e gli allenamenti che sto seguendo sono mirati a finire dignitosamente la prossima maratona che avverrà in Vietnam. E’ stata comunque una piacevole esperienza ed un’ulteriore stimolo a non fermarsi. Partecipare ad una qualunque tipo di gara è inoltre un ottimo test per verificare le proprie condizioni cui spesso si rischia di sottovalutare o, come nel mio caso, di sopravvalutare. L’asfalto non lascia scampo a scorciatoie o inganni ed anche vedere le sagome degli atleti professionisti (o semi professionisti) scomparire all’orizzonte dopo pochi minuti di inutile inseguimento, servono come monito a chi si sente arrivato o appagato dagli sforzi fatti.

Per quanto mi riguarda arrivare dietro a qualcuno con più o meno le mie stesse caratteristiche agonistiche mi infastidisce parecchio, perché significa che lui ha lavorato di più, o forse solamente meglio di me. O significa aver lasciato davanti qualche secondo sufficiente a non qualificarti alla Boston Marathon…

Quindi al lavoro!

 

 

 

 

La Mezza Maratona di Bonn

La Deutsche Post Marathon di Bonn in Germania si svolge ad aprile e comprende sia la maratona di 42K che la mezza di cui ci occuperemo in questo caso.

La scelta di correre una mezza maratona in questa località è fondamentalmente scaturita da due fattori, uno dovuto alla curiosità ed uno economico. La curiosità nasce dal fatto di visitare due interessanti realtà teutoniche quali Bonn, Capitale della Germania Ovest prima della riunificazione ed un anno dopo la caduta del muro di Berlino (che avvenne nel 1989) e Colonia dove vi si è quasi costretti a transitare in quanto è lì che è situato l’aeroporto di riferimento.

La distanza tra le due città è davvero breve e con efficienti collegamenti che permettono di dedicare un giorno del week end per visitare l’interessante Colonia bagnata dal fiume Reno che nel suo lunghissimo tratto navigabile scorre fino ed anche a Bonn, creando così un collegamento fluviale tra i due centri tedeschi.

Economicamente, accennavo nelle premesse, c’è la possibilità di trovare prezzi dei voli ridottissimi con le solite compagnie low cost dato che, almeno in questa occasione, l’evento sportivo non ha contribuito ad alzare le tariffe. Prenotare un biglietto aereo nel week end in cui si svolge una maratona di prestigio spesso significa sborsare un ingente quantitativo di denaro in più rispetto alla media.

La mezza maratona di Bonn, così come la maratona, non è internazionale e per di più si svolge in contemporanea con quella di Berlino che, per ovvi motivi, è la più ambita.

Non essendo internazionale la navigazione del sito ufficiale  e la conseguente iscrizione per chi non parla o legge tedesco diventa abbastanza complicata ma, con l’aiuto delle tecnologie moderne, nulla è impossibile.

Pettorale e gadget si ritirano vicino il luogo stabilito per la partenza che avviene nei pressi dell’Università di Bonn. Le gare meritano di essere corse solo per il gusto di poter ritirare la t-shirt omaggio che è una delle più brutte casacche mai viste in circolazione e per questo motivo diventa di primaria importanza riuscire ad impossessarsene ed indossarla almeno una volta nella vita.

Chiaramente modesto anche lo stand dedicato agli articoli per corridori che nelle manifestazioni internazionali siamo abituati a vivere come vere e proprie fiere.

Ciò premesso l’ambiente che si respira è quello di una competizione paesana e spensierata con non moltissimi partecipanti, circa 1000, anche se al nastro della partenza non mancano atleti professionisti di buon livello. Il rischio per un amatore con tempi appena decenti, come nel mio caso, è di ritrovarsi proprio nelle primissime file con atleti che al via partono a razzo costringendoti a fare altrettanto per non essere travolto. Personalmente è stata la prima volta che anziché cercare di guadagnare posizioni ho indietreggiato per evitare di partire in prima fila con i professionisti o presunti tali dalle velocità esorbitanti. Ciò nonostante ai primi metri avevo un ritmo di 4,18 che neanche a vent’anni avrei tenuto.

Il percorso, se si è fortunati nel viverlo in una giornata primaverile soleggiata, è davvero bello.

Usciti dal centro cittadino si attraversa immediatamente il ponte sul Reno Kennedybrücke e ci si trova a correre sulla sponda opposta di Bonn, a Beuel, tra quartieri signorili, ci si immerge in un polmone verde, si scende un pezzo di superstrada per poi risalirlo, si pratica la pedonale che costeggia il Reno per poi riattraversare il ponte che ci porterà nuovamente al centro di Bonn. Curiosi i punti di ristoro che, oltre ai soliti maledetti bicchieri di plastica d’acqua impossibili da bere in corsa, presentano la bevanda energetica per eccellenza in Germania: la sacra birra. Assurdo.

Fatto sta che i ritmi della gara sono davvero buoni per chi è in cerca del suo personale.

L’affluenza di pubblico è presso che nullo fino alla zona del Parco Hofgarten dell’Università a circa 3K dall’arrivo dove invece le strade sono stracolme di curiosi e sostenitori che indubbiamente spingono gli atleti a dare il massimo fino all’arrivo allestito a Piazza Markt.

Tagliato il traguardo e ritirata la medaglia, pure questa di scarso appeal estetico, ci si addentra nel paddock riservato agli atleti dove rifocillarsi con prodotti locali e litri di birra nei numerosi chioschi sponsorizzati che per molti dei partecipanti locali pare essere il vero scopo dell’iscrizione.

In conclusione Bonn con la sua mezza maratona diventerà un piacevole ricordo ed un’esperienza da non perdere. Consigliata.