Italia sì, Italia no
Che gran sospiro pensare alle cose meravigliose che ci sono in Italia. Talmente tante risorse che riesce difficile accettare il fatto gli italiani siano sempre più ingabbiati da debiti e difficoltà. Chissà quante volte nei nostri discorsi abbiamo elencato le cose belle della penisola. In questa piccola fettina di mondo sono racchiusi laghi, fiumi, colline, montagne, pianure, isole. Una nazione quasi priva di confini se non quelli naturali, bagnata da mari che con le loro onde infrangono giorno dopo giorno coste sabbiose e rocciose. Dalle Alpi al Mediterraneo l’Italia si tinge di colori diversi come un arlecchino, regione per regione, provincia per provincia, addirittura comune per comune, offrendo al visitatore cibi, culture, dialetti, lingue che si modificano nel arco di pochi chilometri. In queste terre si sono succeduti nei secoli artisti di riferimento mondiale come scultori, pittori, musicisti, poeti, tessitori, architetti, registi, sceneggiatori, attori, stilisti. Citando di botto solo alcune categorie tra le più rappresentative. Italia da sempre riferimento del design. Dalla sedia alle autovetture ed imbarcazioni di lusso. L’ossessione della firma sugli abiti e sugli oggetti. Lo stile sempre presente nelle passeggiate tra le vie illuminate dalle vetrine di negozi storici e rinomati, ospitati da palazzi antichi. Metropoli con il cuore rinascimentale ed edifici dèco sparsi qua e là. Nelle periferie più remote tra il verde ed oro di vigne e frumento, ecco spuntare fiabeschi castelli e borghi , promemoria di una complicata ma produttiva epoca medievale.
Le gesta di illustri sportivi che ancora riecheggiano nell’olimpo delle imprese più ardue mai compiute.
Questa è l’Italia sì. Ambita e raccontata come una diva, invidiata e discreditata da alcuni vicini forse un pò invidiosi.
Perché dunque gli italiani sentono il bisogno di viaggiare altrove anziché approfondire il proprio territorio? Com’è possibile che con quello che offrono i nostri mari e le nostre isole si possa solo pensare ad espatriare nelle vicine Spagna o Grecia? Perché decidere di viaggiare su treni perennemente in ritardo e su aerei low cost per raggiungere qualche fredda cittadina tedesca o inglese? Tailandia, Costa Rica, Maldive, Srilanka. Certo Paesi dalla forte attrazione ma in fondo che senso ha ricercare l’esotico se prima non si approfondiscono le proprie radici? Cosa spinge gli italiani a varcare i confini alla ricerca della vacanza perfetta quando hanno tutto a portata di mano?
Da un punto di vista filosofico si potrebbe affermare che i viaggiatori sono di indole curiosa e la curiosità non si ferma davanti ad un confine; sentirsi cittadini del mondo profuma di libertà. Chi pensa non sia logico questo discorso trova probabilmente inutile l’esplorazione dello spazio e lo studio di nuove vite nell’Universo. Che senso ha approcciare la luna o marte quando ancora non conosciamo la terra?
Più concretamente i motivi che spingono gli italiani a recarsi all’estero potrebbero essere i seguenti e fanno parte dell’Italia no: la nazione è interamente in balia di organizzazioni malavitose che influiscono profondamente sull’intero tessuto sociale. Leggi sofisticate ed incomprensibili contribuiscono a rendere ancora più fitto l’intreccio di inefficienze e disservizi. L’Italia non è mai stata avvezza al senso civico ed alla collettività ove primeggia l’interesse di qualcuno a discapito di molti. Quel qualcuno sarà premiato e non punito.
I costi sono esorbitanti e spesso ingiustificabili nonostante la pressione fiscale asfissiante.
Aleggia sempre un’aria pesante che in termini pratici si manifesta sui visi delle persone che si interfacciano con il pubblico. Raro trovare persone disinteressate sorridenti e disponibili, anche al Sud notoriamente dichiaratosi ospitale, in realtà travestimento di una perenne presa per il culo.
La voglia di espatriare deriva proprio dall’esigenza di staccare con la vita di tutti i giorni. Cambiare discorsi, vedere persone e tradizioni sconosciute, lasciare alle spalle le solite italiche problematiche.
Distrarsi. Sostituire il ghisa alla ricerca di divieti di sosta tra il caotico traffico milanese con il bobby dallo sguardo severo di Londra. Scegliere di cenare in riva al mare in una bella taverna greca allo stesso prezzo di un caffè a Porto Cervo. Fare festa tutta la notte in una discoteca alle Baleari senza l’ansia da carabiniere che bussa alla porta da un momento all’altro.
Il non sentirsi pollo da batteria all’ingrasso, pronto a farsi spennare. Sulla bilancia il peso specifico dell’Italia sì con l’Italia no miracolosamente mantiene un equilibrio stabile che fa sì che molti visitatori italiani e non, siano consapevolmente disposti ad essere centrifugati nel sistema piuttosto che rinunciare a godere delle innumerevoli bellezze sopra citate.
L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade,
ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole.
Onestà tedesca ovunque cercherai invano,
c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina;
ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida,
e i capi dello Stato, pure loro, pensano solo per sé.
(Johann Wolfgang Goethe)
Kastellorizo: Dedicato a tutti quelli che stanno scappando
“Ci stavano mandando in missione a Megisti, un’isola sperduta dell’Egeo, la più piccola, la più lontana; importanza strategica zero” Queste sono le parole che introducono la storia del film Mediterraneo, girato nell’ormai lontano 1991 dal regista Gabriele Salvatores ed ambientato nell’esistente isola di Castelrosso, Megisti o meglio conosciuta come Kastellorizo.
In quello che di
venterà un film cult per gli amanti della Grecia e che sarà pluripremiato con diversi Oscar, non mancano le inesattezze storiche, verità tralasciate che ad ogni modo non solo non intaccheranno il successo della pellicola ma anzi, contribuiranno a rendere una piccola e davvero sperduta isoletta dell’Egeo meta di pellegrinaggio quasi ossessivo da parte di milioni di italiani.
A distanza di oltre vent’anni resiste il fascino ed il richiamo delle immagini girate sapientemente da Salvatores che ci spingono a voler visitare di persona quell’isola che durante la Seconda Guerra Mondiale ha ospitato un gruppo di goffi, a volte disperati, a tratti goliardici soldati, frutto della fantasia del regista e dell’immaginario collettivo. Un ritratto stereotipato ma innegabile che contraddistingue gli italiani nel mondo: burloni, approssimativi, sbadati, furbetti e romantici; con una forte dose d’umanità.
L’atavica pigrizia dei greci che certo non si contraddistinguono per saper cogliere e sfruttare le occasioni che piovono dal cielo, non facilita il compito del visitatore nello scoprire o identificare i luoghi esatti ove sono state girate le scene più emblematiche di Mediterraneo. A Kastellorizo non esiste nessuna indicazione, targa o cartello turistico ad indicare con esattezza qualche posto riconducibile al film. Certo non ci si aspetta un museo a cielo aperto né tantomeno un parco tematico, ma sarebbe carino riuscire a toccare con mano, o perlomeno credere di farlo, porzioni di isola immortalate nel lungometraggio di cui non c’è più traccia. Eppure Mediterraneo ha trasformato la vita di questa piccola isola che fino ad allora non se la passava molto bene.
Anche i collegamenti con la vicina Rodi sono piuttosto scarsi.
Kastellorizo al di là del passato cinematografico, si sviluppa per lo più attorno al porto principale con le solite classiche casette color pastello affacciate sul mare e decine di tipiche taverne che offrono ai visitatori intensi momenti di rilassatezza. L’isola è molto silenziosa e tranquilla così come gli abitanti che hanno dei ritmi, se possibile, ancor più blandi rispetto agli altri greci. Le ore calde della giornata contribuiscono ad abbassare ulteriormente la pressione così che anche gli ultimi neuroni scalpitanti in cerca di nuove idee finiscano per arrendersi e parcheggiarsi in qualche remoto angolino di cervello.
Buon segno per la salute del mare anche la presenza di tartarughe, che salgono in superficie a respirare quasi con timidezza protette dal loro milionario carapace e che ovviamente diventano interessante preda dei turisti in cerca di foto; tra loro c’è chi usa il richiamo del gatto per farle avvicinare (ma è una tartaruga), altri che buttano pezzi di pane (si nutre di pesci, crostacei, calamari…), altri ancora che cercano di tuffarcisi sopra (e lei si immerge).
Oltre al porticciolo è suggerita la visita al Castello di Kastellorizo, che come tutte le fortezze porta con se una storia ricca di episodi epici. La vista che si prospetta dalla roccaforte è molto suggestiva sia per una visione panoramica del porto sia per il circondario dell’isola pieno di spiagge meravigliose. Tra l’altro, a proposito di spiagge, dal porto principale si possono raggiungere con piccole imbarcazioni taxi proprio alcune delle più caratteristiche come la piccola grotta marina di Saint George.
La vista migliore in ogni caso è il premio dei più audaci, ossia le persone che nonostante le temperature pomeridiane ai massimi livelli intraprendono il cammino su una scala in pietra non proprio agevole che promette di vedere l’antica Kastellorizo, una volta giunti a destinazione. Sarà, ma dopo aver inzuppato la maglietta ad accoglierci ci sarà un paesaggio carsico in un assordante silenzio scandito dall’incessante suono delle cicale. In compenso sarà proprio quello il punto migliore dove scattare foto suggestive e realmente panoramiche.
“In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare” si legge nella frase incipit del film Mediterraneo, scritta da Henry Laborit, tra le altre cose filosofo francese e sostenitore del fatto che l’uomo è alla costante ricerca del piacere e con una innata necessità di cambiamento.
Uomo, aggiungiamo noi, che ha sempre più mezzi per comunicare ma sempre meno pensieri da esprimere, partecipe di una società contemporanea basata sul commento e non sulla riflessione.
Il film si conclude con tre reduci facenti parte del gruppo di soldati di stanza a Megiste, che si ritrovano molti anni dopo nello stesso luogo, seduti in una taverna e che, ovviamente stanchi ed invecchiati, tirano le somme della loro vita; amareggiati dagli illusori inganni e false promesse del dopo guerra e certi che l’unico potere di sopravvivenza nelle nostre mani, alla fine dei conti, altro non è che l’incoscienza ed intraprendenza della fugace giovinezza cui tutti abbiamo transitato o stiamo transitando e che ci da la forza di scappare; fino ad arrivare al punto in cui capiremo che forse è proprio da noi stessi che cerchiamo di fuggire.
“Dedicato a tutti quelli che stanno scappando”
p.s.: Caro Gabriele Salvatores, sarebbe davvero bello girare la scena finale del film Mediterraneo vent’anni dopo con gli stessi attori senza dover ricorrere allo stratagemma del trucco per invecchiarli. In fin dei conti quale truccatore migliore se non il tempo stesso?”
Le foto di Kastellorizo su Instagram @controviaggio













