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Siena. Il campioncino

Il protagonista della storia nacque a Siena,

da una famiglia di umili commercianti, nei primi anni ’50, quando le leggende viventi Gino Bartali e Fausto Coppi erano al tramonto delle loro sfavillanti carriere. La forte passione di suo padre per il ciclismo rimase soffocata fino al suo concepimento che avvenne dopo diversi tentativi. Precedentemente e per ben nove volte, fu esposto un fiocco rosa sull’uscio di casa. A quell’epoca solo poche donne potevano concedersi il lusso di praticare dello sport, a maggior ragione le corse in bicicletta.

Non ancora in fasce il bambino venne alimentato con una borraccia di latta, cimelio ritrovato dai familiari durante una passeggiata primaverile nei campi attornianti la suggestiva città toscana. Si sosterrà in seguito che questo fu il motivo per il quale al bimbo i primi denti di latte spuntarono durante l’adolescenza.

Il piccolo campioncino crebbe ed all’età di sei anni cominciò a dividersi tra la scuola elementare e la piccola bottega d’ortofrutta di famiglia. Il padre sosteneva che solo con un duro allenamento suo figlio potesse diventare un ciclista alla stregua dei grandi campioni. Impose al bambino un duro programma di allenamento. Oltre al tempo impiegato allo studio ed al lavoro, avrebbe dovuto dedicare fino a dieci ore al giorno a pedalare. Ma il padre non tenne conto di un fattore non certo secondario: suo figlio era sprovvisto della bicicletta. Essere attorniato dalla madre e nove sorelle stava inoltre pregiudicando la sua mascolinità tant’è che alcuni amici di famiglia, molti anni a seguire, giureranno d’averlo visto per almeno due occasioni con in mano una bambolina di pezza. Particolare da non trascurare. Il primo velocipede gli fu regalato da uno zio falegname specializzato nella fabbricazione di casse da morto e che glielo costruì su misura. La gioia di disporre di un proprio mezzo di locomozione si trasformò ben presto in una sorte di lenta agonia: il padre gli impose fin da subito durissimi allenamenti. Oltre alle ore di fatica passate sulla bici ricavata da un tronco di faggio si aggiunse un ulteriore fattore che in un primo momento poteva sembrare trascurabile: anche la sella e le ruote erano fatte in legno. Queste ultime poi, erano quadrate. L’infanzia scolastica fu parecchio travagliata, vuoi per il poco tempo che poteva dedicare ai compiti, ritenuti perdita di tempo dal padre che in gioventù rimase deluso dal finale della storia della forza gravitazionale di Newton a tal punto da abbandonare gli studi in prima elementare, vuoi perché vittima del bullismo dei suoi compagni che lo prendevano in giro a causa della sua famiglia composta praticamente da sole donne. In realtà, come sembrerebbe dalle testimonianze avvenute molti anni a seguire da amici di famiglia, i suoi compagni di classe erano invidiosi della sua bicicletta più che dei suoi atteggiamenti sessuali equivoci. Con pazienza e dedizione infatti, il piccolo campioncino si era dedicato all’alleggerimento del mezzo, smussando con pialla e scalpello le parti eccedenti del telaio. Non solo: con ingegno ed innata maestria era riuscito a montare delle ruote circolari che gli permettevano di guadagnare parecchia velocità in più rispetto a quelle quadrate. Anche le vibrazioni sul manubrio erano notevolmente diminuite.

L’apice della sua tristezza si materializzò in una tempestosa  giornata autunnale quando al suonare della campanella di corsa all’uscita della scuola dinanzi ai suoi occhi si presentò l’episodio che lo segnerà per tutta la vita. Qualcuno, forse proprio uno dei suoi compagni di classe, incendiò la sua bicicletta. Il Preside sbrigò presto l’accaduto giustificandolo come l’opera di un fulmine, ma i dubbi sulla realtà dei fatti ancora oggi attanagliano i ricercatori. Moltissimi anni dopo da alcuni amici di famiglia trapelerà che sia stato proprio un suo compagno di classe a compiere quel gesto meschino.  Dopo aver appiccato l’incendio avrebbe commentato “Volevi la bici in carbonio? Intanto usa questa carbonizzata” In realtà fonti più autorevoli smentiscono categoricamente questa versione in quanto la prima apparizione delle bici con quel materiale avverrà solo alla fine degli anni ’80.

All’età di undici anni avvenne un’altra svolta nella sua vita quando, la sorella più grande, tornò a fare visita alla famiglia dopo un lungo esilio a Milano dove trovò lavoro come centralinista prima e come prostituta d’alto borgo in seguito. Raccontò al fratello che al nord circolavano biciclette di un metallo chiamato alluminio e con le ruote simili a quelle delle motociclette. Non solo, dalla tasca della pelliccia estrasse anche una foto di un ciclista professionista a bordo di quel mezzo così tecnologicamente avanzato. Il ragazzo alla sola vista ebbe un sussulto. Sua sorella glielo lesse negli occhi ed amorevolmente lo consigliò di intraprendere una professione che gli avrebbe consentito un tenore di vita tale da potersi concedere un mezzo simile. Il fratello ringraziò per il prezioso consiglio ma in un primo momento rifiutò di prostituirsi.

Il tempo passava e finalmente si presentò per lui l’occasione di far parte di una squadra di ciclismo. Narra la leggenda infatti che un giorno non ben precisato, si presentò nella bottega direttamente dalla lontana Torino un signore distinto alla ricerca di nuovi talenti da iniziare allo sport agonistico. Ormai le voci sulle capacità del giovane circolavano insistenti non solo in città, ma in tutta la regione. Piano piano erano sconfinate sul territorio nazionale fino a sibilare nelle orecchie dei più attenti commissari tecnici delle varie squadre. Il sogno si stava avverando. Con la maturità fisica cominciarono ad arrivare le prime soddisfazioni sportive, in ambito scolastico grazie a quella mentale. Con l’offerta di prendere parte della squadra ciclistica allora chiamata Fratelli Bondi Parrucchieri già Campioni del Mondo, il padre lo mise davanti ad una scelta. Le risorse non erano molte e la lattuga era rincarata. Sette delle sue nove sorelle avevano scelto di chiudersi in un convento, la già citata si era data alla prostituzione  mentre l’ultima rimanente era rimasta a dare un aiuto in bottega. La scelta da prendere fu tra continuare con il ciclismo, frequentare l’Università, portare avanti l’attività familiare o prostituirsi.

La decisione fu coraggiosa: tranne la prostituzione decise di coltivare tutte queste opportunità ed anche il campo di patate a cui il padre dovette rinunciare per problemi alla schiena. Non solo: vinse addirittura una borsa di studio che gli spalancò le porte dell’Università di Bologna.

Gli anni a seguire furono intensi e dispendiosi in termine di fatica: la mattina all’alba dopo una sommaria lavata della faccia si dedicava a scaricare con celerità i camion di frutta e verdura. Terminato il lavoro montava in sella alla sua bici cromata in comodato d’uso grazie alla Fratelli Bondi Parrucchieri già Campioni del Mondo ed a tutta velocità da Siena partiva alla volta di Bologna per presenziare alle lezioni del dottorato dell’Università in prima mattinata. Saltava il pranzo per non perdere tempo e ripartiva quindi alla volta di Torino dove nel pomeriggio si svolgevano gli allenamenti allievi della squadra Fratelli Bondi Parrucchieri già Campioni del Mondo. La sera, prima di rientrare a casa a Siena, passava a trovare la sorella a Milano che nel frattempo si era completamente inserita nella comunità tanto da fare un uso costante di cocaina. Molti anni dopo alcuni amici di famiglia sosterranno che anche lui fu costretto a far uso di qualche sostanza per poter sostenere i frenetici ritmi quotidiani, ma i ricercatori smentiranno queste tesi in quanto dalle foto risalenti all’epoca incriminata non si nota alcun buco sull’avanbraccio sinistro dell’atleta.

La notte a Siena, anziché godere del meritato riposo, si dedicava alla raccolta delle patate. Dormiva una mezz’oretta al mese. Le preoccupazioni però spesso gli toglievano anche quel momento di relax facendolo girare e rigirare nel letto.

Le fatiche si fecero sempre più insostenibili fino a quando a metà anni ’60 in un caldo pomeriggio di Giugno durante gli allenamenti con la Fratelli Bondi Parrucchieri già Campioni del Mondo ebbe un mancamento e cadde a terra rimanendo senza sensi per alcune ore. Si risvegliò all’ospedale solo un mese dopo attorniato dai suoi genitori, le sue sorelle, i compagni di squadra e gli amici di famiglia che solo molto anni dopo sveleranno che la stanza dell’ospedale era molto capiente. La diagnosi che fece il medico curante non lascò spazio a dubbi: lo svenimento era dovuto all’allergia dei pollini. In seguito però il caso fu studiato anche da ricercatori di diverse Università d’oltre Oceano e tra le ipotesi che più contrastano il verdetto del dottore spuntarono possibili fattori di stanchezza. Non si saprà mai con esattezza.

Durante la sua permanenza in ospedale avvenne una concomitanza terribile: sua madre infatti scomparve a causa di una malattia incurabile. Stranamente la sua reazione non fu catastrofica, probabilmente perché in questa storia la sua genitrice non viene mai menzionata per faccende rilevanti. D’altronde all’epoca ogni decisione spettava al padre che, pochi mesi dopo, lasciò anche lui il mondo terreno per un infarto occorsogli durante lo scarico di un bilico di cocomeri. Agonizzante sul letto, come testimonieranno molti anni dopo amici di famiglia, avrebbe pronunciato le seguenti parole “Dov’è la matita che tenevo sull’orecchio?”

Il campioncino ormai ventenne e ad un passo dal firmare un contratto con una squadra professionistica di ciclismo rimase molto scosso dalla vicenda tant’è che non solo rifiutò il passaggio nel mondo del professionismo, ma non salì mai più su una bicicletta per il resto della sua vita. L’epilogo non fu glorioso in quanto decise dedicarsi anima e corpo alla prostituzione grazie agli aiuti di sua sorella molto inserita nell’ambiente. Solamente negli anni a seguire alcuni amici di famiglia riveleranno che avrebbe dichiarato che dopo tutti quei chilometri percorsi sul sellino anche il lato più impegnativo del suo nuovo lavoro era meno doloroso.

Del campioncino non si ebbero più notizie certe e si persero le tracce. Ancora oggi circolano voci che ipotizzano la sua scelta di cambiare sesso, anche per svariate volte.

Gli ex amici di famiglia intanto sono alle prese con alcune denunce per diffamazione inspiegabilmente esposte da una vecchia transessuale brasiliana che abita a Milano ma di cui si ignora ogni collegamento.

“La bicicletta è stata, per la donna, subito accessibile, senza divieti, senza remore di puritanesimo, senza scomuniche.”
Adriano De Zan

Firenze. L’Onorevole

Le luci dell’alba non avevano ancora fatto capolino su Roma quando da un portone di un vecchio e signorile palazzo emerse una scura figura che si diresse verso la macchina di grossa cilindrata in sua attesa da decine di minuti. L’autista accese i fari e scese frettolosamente dalla vettura. Si prodigò nell’aprire aprire la portiera posteriore non prima di salutare educatamente l’Onorevole. Lasciò il tempo di fargli sfilare l’elegante soprabito prima di farlo accomodare sui sedili posteriori. Accompagnò quindi la porta del passeggero e con celerità riprese il posto di guida.

“Facciamo in tempo a procurarci dei giornali?” furono le prime parole del politico

“Certo Signore. Lungo la strada possiamo fermarci in qualche edicola o autogrill” la risposta dell’attento autista

“Ma no dai. Non perdiamo tempo. Mi accontenterò di dare un occhio al tablet per oggi. Noi nostalgici non accetteremo mai del tutto il sopravvento della tecnologia, ma dobbiamo adeguarci”

La macchina partì.

Per una mezzora abbondante i due non proferirono parola.

“Mi accenda la radio per favore” ordinò l’Onorevole.

L’autista eseguì.

Il radiogiornale stava trasmettendo le richieste della categoria degli albergatori, sull’orlo del precipizio a causa della pandemia.

“…se proprio non possono farci pervenire i ristori chiediamo almeno una diminuzione o, meglio ancora, cancellazione degli oneri fiscali cui saremo sottoposti a breve. L’intera filiera del turismo è in ginocchio e non possiamo…”

“Spenga, spenga. Grazie” chiese ancora il politico che guardò l’ora prima di inviare una chiamata al Segretario del Partito antagonista. Dopo alcuni squilli a vuoto, rispose.

I due cominciarono a dialogare mentre la macchina procedeva  verso la destinazione.

“Allora come andiamo? Disturbo?

No, sono in auto direzione Firenze.

Come? No niente pranzo oggi, ho sta rottura di palle che mi dura tutto il giorno.

Sì, sì incontri istituzionali per sta roba che è tutto chiuso. A proposito, hai sentito le richieste degli albergatori e compagnia bella? Che due palle questi… Sempre a piangere.

Il tuo partito ha già delle linee per la posizione da assumere nei loro confronti?

Ottimo. Presentiamo proposte simili poi facciamo passare quella che ci costa di meno in termine di voti.

I sondaggi che dicono? Siete avanti di tanto o vi stiamo prendendo?  (risate)

Calmiamo le acque fino alla caduta del Governo poi si vede dai.

Come? Il Ministro non è interessato a ste faccende, anzi è parecchio infastidito ti dirò.

Aveva chiesto quel Ministero per non avere rotture di palle, invece sfiga vuole… (risate)

Dai facciamo così allora. Pensate ad un DCPM al volo che ce li leviamo dal cazzo in un colpo solo albergatori, ristoratori e compagnia bella.

Domani sera dovrei esserci io in tv quindi preparati a ricevere insulti (risate)

Ciao caro, grazie a domani, se hai bisogno chiama pure”

Terminata la conversazione l’Onorevole diede uno sguardo al telefono per accertarsi di non avere messaggi in sospeso ed intimò all’autista di affrettare il passo.

Vennero accolti da una città deserta. Firenze era ferita, moribonda, eppure traspirava tutta la sua indescrivibile bellezza. Pareva il volto pallido e spigoloso di una ballerina accasciata al suolo intenta ad interpretare l’ultimo atto della morte del cigno.

L’autoblu oltrepassò vicoli e viuzze un tempo affollati da migliaia di persone.

Il silenzio non era più infranto dal vociare dei commercianti fiorentini di Ponte Vecchio o i colpi sferzati alle spesse fette di carne chianina provenienti dalle storiche locande ospitate in piccoli ed affascinanti anfratti medievali. Nessun calice di vino rosso alzato al cielo. Lo stesso cielo cui erano rivolte le imprecazioni, ruvidi suoni retaggio della tradizione dialettale toscana. L’abbondanza dell’inferno dantesco aveva lasciato spazio all’inferno dell’assenza.

L’incontro istituzionale con le Autorità avvenne come di consueto a Palazzo Vecchio.

Seguì un breve aperitivo in piedi dove l’Onorevole ebbe modo di incontrare alcune personalità del mondo della politica locale e rappresentanti di categoria, tra cui quella del turismo.

“Benvenuto a Firenze” si rivolse a lui ad un certo punto il Presidente degli Albergatori sbucato all’improvviso da un gruppetto formato da Carabinieri ultra graduati ed ecclesiastici di alto profilo.

“Grazie. Sempre un’emozione questa città…” rispose il politico reggendo il bicchiere della bevanda analcolica e sfoggiando un bel sorriso.

“Avrà sentito che ci stiamo muovendo per sensibilizzare il periodo critico che sta vivendo il settore…” incalzò il suo interlocutore.

“Sì guardi, ne parlavo proprio stamattina con un mio collega. Situazione drammatica. Un po’ per tutti a dire il vero.”

Continuò l’Onorevole assumendo un’espressione seria.

Poi puntualizzò “Certamente il vostro ramo è tra quelli più colpiti ed infatti sono allo studio diverse proposte che a breve sicuramente soddisferanno tutte le vostre richieste. Starei qui volentieri ad illustrare i programmi ma gli Uffizi mi chiamano. Capirà che è importante mandare un messaggio anche per la riapertura dei musei. Comunque stia tranquillo, ci stiamo lavorando”

Non che ce ne fosse bisogno vista la completa assenza di visitatori ma per l’occasione l’ingresso alle Galleria rimase esclusività degli invitati.

L’ospite apprezzò a modo suo il gentile pensiero da parte del Sindaco

“Guardi avevo un ricordo degli Uffizi di quand’ero ragazzino. Mi ci avevano portato i miei zii che erano fissati con l’arte. La fila chilometrica, la gente accalcata. Riuscivo a scorgere a malapena i quadri appesi. Non le nascondo: un incubo. Non ho mai compreso il perché di tanta fatica per vedere qualche secondo un quadro. Sarà per quello che poi ho scelto un indirizzo economico all’Università… Aspetti ho un flash…  La testa con i serpenti, di chi è che non mi sovviene?”

Il sindaco partecipava divertito “Beh certo una visita privata è un privilegio per ammirare al meglio tutte le opere. Testa di serpenti… Forse lei intende lo scudo con testa di medusa?”

“Ecco sì quello… Mi pare fosse Botticelli giusto?”

Nonostante l’istante di imbarazzo, i politici sono mestieranti che ricamano parole come i sarti modellano gli abiti su misura “Vedo che lei è molto preparato” intervenne prontamente il Primo Cittadino che proseguì “ Al Botticelli è dedicato ampio spazio in questo museo, tra i quali i più conosciuti Nascita di Venere e La Primavera. Certo è passato molto tempo dalla sua ultima visita mi sembra di capire, difficile ricordarsi che lo Scudo con Testa di Medusa è opera di Caravaggio. Attenzione però, lei non mi chieda nulla di economia…”

Le risate dei due echeggiarono tra i dipinti dei Maestri Piero della Francesca, Michelangelo Buonarroti, Tiziano Vecellio e le sculture del Bernini, Baccio Bandinelli e centinaia di altri artisti universalmente riconosciuti promotori della Bellezza.

Lo stuolo di celebrità visitò con apparente interesse la Galleria degli Uffizi soffermandosi principalmente sulle firme più note.

Qualcuno riuscì ad avvicinare le dita talmente vicino alle tele da far scattare l’allarme in diverse occasioni e provocando divertite reazioni dei presenti.

“Spero abbia gradito” chiese gentilmente il Sindaco

“Certamente” rispose l’Onorevole

“Per il pranzo e la partita del pomeriggio siete altrettanto ben organizzati? Con queste restrizioni l’inciampo diplomatico è sempre dietro l’angolo”

I due risero.

Poi raggiunsero le rispettive autoblu che li avrebbero portati a pranzo in una Villa sulle colline del Chianti.

La città era a loro completa disposizione, come una prostituta svestita di ogni dignità e decoro alla mercé di clienti occasionali.

 

 

 

 

(Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale e frutto della fantasia dell’autore)

 

Un “bazooka” da 750 miliardi in totale per le imprese: 200 miliardi di garanzie sui prestiti e 200 miliardi per l’export si sommano ai 350 già previsti, con l’arrivo di una copertura fino al 100% per prestiti fino a 800mila euro. Il rinvio delle scadenze fiscali per le aziende danneggiate dalla crisi.

Il rafforzamento del golden power, lo scudo per tutelare le aziende italiane da scalate ostili.
“Con il decreto appena approvato diamo liquidità immediata per 400 miliardi di euro alle nostre imprese, 200 per il mercato interno, altri 200 per potenziare il mercato dell’export. E’ una potenza di fuoco“. Lo dice il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa dopo il Cdm.
“Abbiamo deliberato la sospensione di vari pagamenti fiscali e contributi e ritenute anche per i mesi di aprile e maggio”.
“Abbiamo adottato uno strumento molto efficace per tutelare tutte le imprese che svolgono una qualche attività di rilievo strategico. Attraverso il potenziamento del golden power potremo controllare operazioni societarie e scalate ostili non solo nei settori tradizionali, ma in quelli assicurativo, creditizio, finanziario, acqua, salute, sicurezza. E’ uno strumento che ci consentirà di intervenire nel caso ci siano acquisizioni di partecipazioni appena superiori al 10% all’interno dell’Ue”. Lo dice il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa dopo il Cdm.
“Lo Stato offrirà una garanzia perché i prestiti avvengano in modo celere, spedito. Potenzieremo il fondo centrale di garanzia per le pmi e aggiungiamo il finanziamento dello Stato attraverso Sace, che resta nel perimetro di Cassa depositi e prestiti, per le piccole e medie e grandi aziende”.
“Quando tutto sarà finito ci sarà una nuova primavera, presto raccoglieremo i frutti di questi sacrifici”.
“Sarebbe irresponsabile andare in giro e allentare la fiducia e la responsabilità” a Pasqua, afferma il premier. “Pasqua significa passaggio dalla schiavitù e anche riscatto: speriamo che possa portarci questa libertà. Io vivo questa festività con fede, come redenzione. Speriamo che in una versione più laica sia un passaggio verso un definitivo riscatto”.
“Stiamo lavorando per un intervento molto più corposo da realizzare già questo mese, con un approccio sistemico per tutte le categorie in sofferenza. Questa è un’emergenza non solo sanitaria, ma economia e sociale ad un tempo. Il dl aprile conterrà strumenti di protezione sociale, sostegno alle famiglie e ai lavoratori, soprattutto quelli più in difficoltà”, afferma il premier.
Mes no, Eurobond sicuramente sì. Il Mes è assolutamente inadeguato, gli Eurobond invece sono la soluzione, una risposta seria, efficace, adeguata all’emergenza. Su questo io e Gualtieri siamo pienamente d’accordo anche se qualche retroscenista a volte descrive posizioni differenziate”.
“Abbiamo pensato due possibili opzioni che permetteranno di fare gli esami secondo i reali apprendimenti anche grazie al lavoro sulla didattica a distanza. Abbiamo messo in sicurezza l’anno scolastico. Non si può però assolutamente parlare di sei politico: sono categorie vetuste, la valutazione guarda alla crescita e maturazione dello studente, che è messo al centro. Se ci saranno apprendimenti da recuperare, li recupereranno a settembre”. Lo dice il ministro della Scuola Lucia Azzolina in conferenza stampa.
 La garanzia di Sace coprirà tra il 70% e il 90% dei prestiti, secondo le dimensioni dell’impresa: per quelle con meno di 5.000 dipendenti in Italia e fatturato sotto 1,5 miliardi la garanzia sarà al 90% e con procedura semplificata; scenderà all’80% per imprese con oltre 5.000 dipendenti e fatturato fra 1,5 e 5 miliardi e al 70% per chi ha fatturato sopra i 5 miliardi. E’ lo schema contenuto nel decreto imprese che vincola la garanzia allo stop ai dividenti per 12 mesi alla destinazione del finanziamento per sostenere spese ad attività produttive in Italia.

(ANSA 7 APRILE 2020)

Tra i 50.000 della Stramilano

Una sana e progressiva presa di coscienza ambientale tra la popolazione italica, favoreggiata e sospinta da massicci investimenti delle multinazionali green correct, nonché una normale, tiepida e soleggiata giornata primaverile, hanno contribuito a rendere la 44ma edizione della Stramilano avvincente e frequentatissima.20150329_081650

Le prime avvisaglie di manifestazione ben riuscita si intravedevano già tra i mattutini frequentatori della Metro che come guerrieri di tribù chiamate a raccolta per un evento epocale, facevano bella mostra di pettorine, scaldamuscoli e scarpe tecniche, scalpitanti ed impazienti di raggiungere il punto di partenza presso Piazza Duomo sia della 10 chilometri prima che della 5 poi.20150329_081701

Lembo di asfalto che a pochi minuti dallo sparo di cannone a sancire il via, avrebbe riempito ogni suo spazio vitale con corridori più o meno professionisti, intenti nel praticare stretching, settare Iphone e cardiofrequenzimetri, pregare assieme all’Arcivescovo di Milano intervenuto per redimere i peccatori approfittando dell’alto rischio ultimo respiro per qualche sportivo improvvisato, ascoltare i consigli tecnici dei vari atleti professionisti come Antonio Rossi (canoista e politico) o semplicemente augurando alla madrina di questa edizione Chiara Tortorella un calo di zuccheri tali da provocarle un momentaneo svenimento con conseguente rianimazione da parte di qualche fortunato passante.

La colonna sonora di questi attimi pre-cannonata è stata magistralmente condotta dalla banda dei bersaglieri che di corsa e fiato ne sanno pur qualcosa e da secoli.

L’ombra dell’imponente e solenne navata del Duomo veniva così pacificamente burlata da centinaia di palloncini colorati targati R101 e dall’enorme serpentina umana che movimentava passo dopo passo Corso Vittorio Emanuele.20150327_121922

La fotografia della 10k a molti avrà ricordato più una manifestazione sindacale che una podistica, ma forse proprio la massiccia presenza di corridori e le distanze ridottissime tra i partecipanti fugavano ogni dubbio.

Persone di ogni età, qualcuno accompagnato dai propri amici a quattro zampe, suddivisi tra chi concentrato nel portare a casa un buon risultato a gruppetti di ragazzini intenti a raccontarsi l’ultima carbonara divorata la sera precedente, dai baldanzosi velocisti dei primi quattro chilometri trasformati in striscianti affamati d’aria negli ultimi sei, a sagge persone di mezza età dal ritmo costante ed in graduale aumento ed ammirevoli volenterosi ultra pensionati dalla preparazione atletica invidiabile. La Stramilano dei 10k e 5k è una festa non competitiva, ma correre senza motivazioni cronometriche è chiedere un po’ troppo anche ai meno facinorosi e pretendere di non trarre proprie soddisfazioni nel riacciuffare e sorpassare i baldanzosi galoppanti dei primi chilometri è inevitabile.

20150329_104216Respiro e corsa, contornati nell’occasione dai lucenti palazzi meneghini e dal maestoso Castello Sforzesco, durante il percorso che si conclude ben presto in un’affollatissima Arena Civica dove migliaia di persone ritireranno la loro medaglia fiere d’aver terminato i loro 10 o 5 chilometri e soddisfatte d’esser state le vere protagoniste di una salutare festa collettiva a cui non si può recriminare nulla.20150329_110837

Tutto è bene quel che finisce bene ma a metterci un po’ di pepe alla sportività della Stramilano ci pensano i preparatissimi maratoneti della mezza, 21.097Km questi sì competitivi. Incredibile affluenza anche in questo caso con ben 5.861 runners ed un solo partecipante a portarsi a casa la medaglia d’oro, ossia il keniota Thomas Lokomwa in 1:00:33 seguito dal suo connazionale Kipiego Kennedy arrivato con soli 6 secondi di ritardo e l’italiano dell’Atletica Cento Torri Pavia, Rachik Yassine (tipico nome pavese) terzo in 1:03:11.

Ma corsa non è s20150329_103617olo competizione anche in questo caso dove encomiabili partecipanti, ben mimetizzati tra i campionissimi e noncuranti di fornire ai cronometristi prestazioni superlative, hanno stravinto le loro piccole o grandi sfide personali, inserendosi in ogni caso di diritto nell’albo d’oro delle edizioni della Stramilano che, come il nome stesso indica è vetrina di stravincitori.  In qualunque caso, qualsiasi essi siano.

“Quando corro tutti i pensieri volano via.
Superare gli altri è avere la forza, superare se stessi è essere forti” (Confucio)

Una serata allo stadio Meazza

elDopo aver avuto la fortuna d’esser stati spettatori di una partita di calcio nello stadio più blasonato al mondo, ossia il Maracanà di Rio di Janeiro, non poteva certo sfuggire occasione di assistere ad un incontro valido per la Europe League presso lo stadio Meazza a Milano, la Scala del calcio.

DSC_1089La giornata è soleggiata e tutto sommato gradevole nonostante sia ancora stagione di freddo inverno, di conseguenza la tappa di ritrovo inevitabile diventa la Stazione Centrale con destinazione Duomo, dove nel primo pomeriggio anche i tifosi ospiti si sono dati appuntamento.

Tifosi ospiti al Duomo

Tifosi ospiti al Duomo

Fortunatamente il raduno delle maglie biancoverdi sorvegliate a vista dalle forze dell’ordine, nell’occasione inoperose, si limita ad offrire agli altri turisti folcloristici canti da stadio e bottiglie di birra abbandonate qua e là. Il calcio è uno sport popolare e pretendere dalla massa totale equilibro e controllo spesso è utopia; troppe volte abbiamo visto come possono degenerare certe situazioni e capitolare in scene da guerriglia urbana nelle più rosee tra le disgrazie.

Non sarà questo il caso e visto lo scorrere delle lancette verso il fischio d’inizio cominciamo l’avvicinamento in zona San Siro. A Rio De Janeiro basta salire sulla metro e scendere alla fermata Maracanà per raggiungere in pochi minuti lo stadio, a Milano sarà altrettanto semplice? Ovviamente no. La ricerca in internet del modo più semplice per raggiungere lo stadio ci suggerisce di prendere un tram prima ed un autobus poi. Non ci dice dove trovare i biglietti per salire a bordo e così non rimane che chiedere a bar ed edicole fino a che si compie il primo step: regolarizzare la corsa, che a biglietti acquistati scopriremo essere gratuita grazie un tacito condono per tifosi. In pratica più gente c’è ad usufruire dei mezzi pubblici meno le aziende guadagnano. Buon inizio. Il percorso verso lo stadio si compie in compagnia di alcuni membri delle tifoserie opposte che si limitano ad infastidire acusticamente gli altri occupanti del bus che attraversano il centro città verso le loro defilate destinazioni. In Italia parlare la stessa lingua aiuta e così, internet a parte, grazie alle indicazioni dell’autista riusciamo ad arrivare in prossimità dello stadio dato che il capolinea non è esattamente davanti al Meazza.DSC_1098

Tanto per non annoiare il lettore in seguito con la descrizione delle peripezie avvenute per fare ritorno alla Stazione Centrale, diciamo solo che dopo mezz’ora di viaggio con il bus preso fuori l’uscita dello stadio ci siamo visti attraversare la strada da tifosi che a piedi avevano impiegato lo stesso tempo per fare l’identico percorso.

Il primo impatto con la struttura è decisamente notevole, sia dal punto di vista architettonico che per quello storico: lo rimarcano numerose targhe commemorative affisse che ricordano gli innumerevoli trofei vinti dalle squadre locali.cop

Una delle principali paure, ossia il divieto di portare con sé l’immancabile Nikon ed ottiche varie nonostante la richiesta effettuata giorni prima, viene presto allontanata dato che il controllo degli steward risulta essere parecchio sommario e discreto. Giustamente si focalizzano maggiormente in settori dove i tifosi hanno un aspetto più esagitato rispetto a semplici spettatori da tribuna con evidenti intenzioni più che pacifiche. Passato il tornello non senza imprevisti di lettura del chip del ticket d’ingresso, interminabili gradini ci portano alla nostra postazione a fianco della zona riservata alla sala stampa, il pubblico presente intona qualche canto per evitare di essere completamente sovrastato da quelli degli encomiabili ed ubriachi ospiti, partono gli inni e la partita ha inizio.

FC Internazionale

FC Internazionale

Tra un lancio a vuoto e qualche azione che suscita applausi di un pubblico di casa apatico forse perché deluso dall’andamento della partita, i ricordi tornano inesorabili al Maracanà dove per due ore i tifosi del Vasco da Gama, in lotta per non retrocedere, hanno cantato e ballato movimentando la torcida in un clima di festa quasi surreale.

Durante l’intervallo non troviamo agevole raggiungere il bar dove passare il quarto d’ora di pausa gioco rimanendo così al proprio posto.

La domanda è lecita: possibile che una partita di calcio della durata complessiva di circa due ore possa impegnare inutilmente in trasferimenti lo spettatore per un pomeriggio intero? Qualcuno penserà che magari siamo noi degli impediti. Anche se fosse non è giustificabile: poter accedere ad una manifestazione ed alle iniziative che ne fanno parte deve essere a prova di qualsiasi inefficienza umana. In teoria anche un bambino auto sufficiente da pochi giorni dovrebbe essere messo in grado di raggiungere in massima tranquillità e sicurezza lo stadio.

US Airways Center

US Airways Center Phoenix AZ (USA)

Ultimamente pure in Italia si sono accorti che la struttura può e deve essere non solo utilizzata per le partite ma anche per attività commerciali; non nascondiamo il fatto di sentirci scopritori del concetto alla stregua di Cristoforo Colombo quando scoprì i nuovi continenti dato che, a quanto pare, fino ad oggi nessuno sia mai sbarcato negli States dove, nel lontano 2000 in seguito ad una visita a Phoenix presso l’America West Arena (adesso US Airways) come spettatore di una partita di play off tra Suns e Sacramento Kings, già mi chiedevo il perché non si seguisse il modello degli stadi americani dove tutto avviene con una logica imbarazzante rispetto all’approssimazione italiana.

Vero è che l’educazione sportiva degli americani è concettualmente lontana anni luce da quella nostrana, però sperare di educare il tifoso ammassandolo in strutture superate e poco funzionali è come pretendere dagli alunni il rispetto delle istituzioni mentre i calcinacci si staccano franando, nel migliore dei casi, sulle loro teste.

Al popolo di Santi, poeti e navigatori l’idea di essere anche dei copioni non va proprio a genio, così rimaniamo in attesa che anche in patria nasca l’inventore del pallottoliere mentre nei Paesi più evoluti i bambini girano con i tablet.

Fortunatamente pare esser sbarcato sulla penisola proveniente da lontani Oceani qualcuno in grado di guidare il progetto San Siro verso lidi più internazionali e civili rispetto gli standard richiesti dalla lega calcistica italiana, attualmente allo sbando come di consueto protocollo mafioso. Riuscirà nel suo complicato intento?

Per ora accontentiamoci di una serata allo Stadio Meazza.

zanetti

 

« Grandi giocatori esistevano già al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario» (Gianni Brera descrive il giocatore Giuseppe Meazza)

La porti un bacione a Firenze

novembre 14b

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Firenze è stato un abbraccio ed un affettuoso saluto ad un amico, quelli che si contano sulle dita della mano.

Ci siamo incontrati in Via del Santo Spirito, a pochi metri dal Ponte alla Carraia in uno dei locali che preferisco ogni volta che torno nel capoluogo toscano, Il Santo Bevitore.

Santino

Santino

DSC_0255In realtà i nostri racconti di vita han risuonato tra le mura del piccolo ma gradevolissimo Il Santino, facilmente riconducibile al più ampio fratello maggiore Santo Bevitore situato di fianco, per l’appunto.

In uno dei tre o quattro modesti tavolini dove potersi accomodare i nostri racconti scorrevano piacevolmente come il calice di vino Vermentino che abbiamo scelto di consumare. Un vino bianco particolarmente luminoso come la splendida ed inusuale giornata soleggiata novembrina di cui stavamo godendo.

Il banco dei salumi e formaggi de Il Santino ricorda una vecchia macelleria o, meglio, una salumeria e tutti gli insaccati esposti in vetrina sono invitanti come i profumi, che si librano in una danza olfattiva all’interno del piccolo locale. I formaggi insaporiti dalle conserve intervallavano le nostre parole, a volte dolci, a volte amare, necessarie per descrivere la vita.

Vermentino e formaggi

Vermentino e formaggi

 Ma Firenze non è stato solo l’incontro con un amico, è stato condividere  bellissimi momenti con la mia amata.

La Sorgente di Francesca è stata scelta da Lei, location nella zona alta di Firenze, nel verde delle colline di Fiesole e non proprio vicinissima alla città. Una suggestiva alcova d’amore in una Corte dall’aspetto rassicurante, una Villa dalla storia percettibile e stanze vissute nei quadri, molti dei quali probabilmente dipinti dai padroni di casa.

La Sorgente di Francesca

La Sorgente di Francesca

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Nell’atmosfera un po’ retrò che ho voluto creare nel mio racconto mi riesce enormemente difficile parlare di wifi o segnale del telefono di cui, quasi fortunatamente, abbiamo dovuto fare a meno durante la nostra permanenza nella splendida camera Mimosa.

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Firenze è intimità ma anche condivisione ed aver scelto un locale storico come Fiore (a Scandicci) per sigillare il momento positivo che stiamo vivendo si è dimostrata l’ennesima scelta perfetta, figlia della pazienza e del raziocinio che grazie a dio possediamo entrambi. Ai palati la fiorentina di carne Chianina si è dimostrata una pietanza eccezionale che farebbe vacillare le pupille gustative anche al più convinto dei vegani. Superlativa. Menzionare i contorni, che erano delle verdure cotte, sembra quasi inopportuno ma necessario visto la bontà di pure queste ultime.

Chianina

Chianina

Si è mangiato molto e bene ma si è passeggiato anche nel centro città, dove i rinascimentali monumenti di Piazza Signoria, il Duomo, la Galleria degli Uffizi, Ponte Vecchio, la Cappella dei Medici e la stessa Piazza Santa Maria Novella si sono crogiolati tra i raggi di sole primaverili ed esposti fieri alle migliaia di obiettivi di smartphone e macchine fotografiche puntate, come di consueto, su di loro, le vere Star di questo luogo al centro del mondo.

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Tra un bacio ed uno sguardo intorno, altro non si può fare che sorridere vedendo le decine di ambulanti abusivi tentare di vendere estendibili per smartphone in stile GoPro e pensando che gli antenati delle stesse persone che oggi sono impegnate ad immortalarsi in improbabili selfie sono gli stessi che hanno ideato e costruito ciò che rende Firenze meravigliosamente ed eternamente unica.

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Bellezze a confronto

Bellezze a confronto

Mangia, Prega, Parma

Sono anni che passo di fianco a Parma ma mai avevo avuto occasione di visitarla prima d’ora.

Nel mio immaginario la città ducale aveva un aspetto nitido, regale, giovane, pulito, addirittura snob. L’impatto è stato abbastanza deludente invece, alla stregua di quando andai per la prima volta a Vienna, capitale del romanticismo che mai avrei immaginato subire una crisi d’identità così consistente.

DSC_0391La periferia di Parma offre al visitatore la classica atmosfera della distesa e cruda Pianura Padana, dai colori tradizionalmente sbiaditi ed industrie sparse qua e là quasi a rimarcare la durezza di quel territorio, da sempre solcato dagli aratri di volenterosi contadini e dai sacrifici degli allevatori di bestiame che ancora ci permettono di primeggiare nel mondo intero nel campo agroalimentare.

DSC_0388Ma se le colorazioni ambientali sono quelle che sono, lasciano stupiti le pigmentazioni dei cittadini parmensi che nella mia tranquilla novembrina domenica pomeriggio, risultavano essere alquanto scure, tanto da farmi pensare di essere in un quartiere di Harlem più che in qualche Borgo della città ducale, completamente invasa da cittadini extra europei. Mi limito a fare delle constatazioni ambientali e non riflessioni politiche.

DSC_0395Lasciata alle spalle la periferia e la sagoma dello stadio Tardini dove poche ore prima, fortunatamente senza la mia presenza, si era consumato l’ennesimo scempio di quella che una volta era una squadra di calcio chiamata F.C.Internazionale, si arriva nella zona del centro della città emiliana, irraggiungibile con mezzi propri. Personalmente non mi posso permettere di suggerire una lista di monumenti e chiese dato che la mia visita è stata molto fugace, con lo scatto di poche foto anche a causa di una luce molto impegnativa e poco gratificante. Girando per le vie del centro ci si imbatte comunque nella Chiesa di San Giovanni Evangelista, nel Duomo ed il Battistero. Molto interessante anche Piazza Garibaldi che nel primo pomeriggio ha cominciato a popolarsi. La tappa parmense, come ho da subito ammesso, non è stata approfondita, così dopo aver girovagato a casaccio tra le decine di Chiese, Battisteri e Monasteri, tra un vicolo e l’altro, tra la moltitudine di eleganti palazzi dalle pulsantiere dorate riportanti nomi di avvocati e notai ed altrettanti negozi con le serrande abbassate recanti cartelli vendesi ed affittasi, ecco trovato un luogo non troppo turistico dove assaggiare le molteplici specialità culinarie; a dire il vero di turisti ce ne sono parecchi, ma conforta il fatto di trovare anche molte persone locali.

DSC_0398La trattoria si chiama “Corrieri” in via Conservatorio, il menù offre tutti i piatti tipici emiliani tra cui sottolineo un eccezionale prosciutto crudo di Parma nemmeno lontanamente parente di quello che si acquista nei supermercati. Constatazione degna di Capitan Ovvio, obietterà qualcuno, ma di questi tempi dove gli egiziani fanno la miglior pizza napoletana ed il kebab prende il posto della mortadella, è sempre bene sottolinearlo.

In conclusione, parafrasando il comico Maurizio Crozza mentre imita l’On. Antonio Razzi vien da dire “Bella, ma non ci vivrei”.

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