True colors in SriLanka. Gli animali. (Secondo Capitolo di Tre)
Incominciare una soleggiata e calda giornata facendo colazione all’aperto, sorseggiando il tè, spalmando il miele di palma sulle fette biscottate mentre a pochi metri osservi sui rami degli alberi uno scoiattolo freneticamente intento a procurarsi le sue provviste mangerecce non è scenografia abituale per molte persone, abituate a caffè e brioches al volo nel bar della stazione, con quest’ultima pietanza consumata nelle migliori delle ipotesi. La meraviglia che suscitano nel collettivo gli animali nostrani è ridotta ormai alla discutibile simpatia di veder qualche cane di piccola taglia forzatamente indossare il classico cappottino o gli ormai sdoganati vestitini di svariati tagli e cucito. Fatto sta che la tendenza umana ad avere sempre e comunque tutto sotto controllo ha praticamente annientato gran parte della natura selvaggia ed incontaminata dove gli animali si comportano da tali, aggressività e pericolosità annessi e non da creature della Walt Disney che nel umanizzarle si è resa costretta ad eliminarne tutti i comportamenti nella nostra cultura considerati violenti, censurando così nell’immaginario dei bambini le abituali e crude scene faunistiche che altro non sono che leggi di sopravvivenza.
Tornando alle prime righe in cui il miele scorreva sulle fette biscottate e lo scoiattolo zompettava all’apparenza spensierato sul ramo dell’albero, la sedia su cui il nostro culino stava poggiando era situata su territorio cingalese, per la cronaca. Per il viaggiatore una delle tante attrazioni dello Sri Lanka sono le numerose specie di animali in libertà che condividono con le persone questa spettacolare isola immersa nel verde e bagnata dall’Oceano Indiano, fauna che si erge spesso a protagonista di rilievo durante le esplorazioni e le visite. Come nel caso delle scimmie, presenti quasi ovunque, ai bordi delle strade o nei templi buddisti, arrampicate sui cavi del telefono nelle città, raggruppate nei parchi o semi nascoste sugli alberi. Per chi non ha l’abitudine di vedere saltare scimmie sul tetto di casa o nel proprio giardino, i primi due giorni di permanenza in Sri Lanka sono sorprendenti; non la pensa così la guida costretta a fermare l’auto ogni un per due per far sì che esigenti visitatori possano scattare delle foto a primati di cui il Paese è fortunatamente stracolmo. Nel nord dello Sri Lanka in particolare, laddove l’autostrada non è ancora arrivata, sul ciglio delle strade è facile incontrare iguane e varani dalle notevoli dimensioni, alcuni dei quali innocui è già sulla via dell’addomesticamento a scopo turistico. Per ora non capiterà stessa sorte alle innumerevoli specie di volatili, tra cui il colorato Martin Pescatore, la maestosa Aquila o le volpi volanti indiane, enormi pipistrelli che si nutrono di solo frutta nonostante l’aspetto tenebroso ed inquietante faccia temere il peggio. Tra il verde delle coltivazioni è invece facile imbattersi in buffali di allevamento, mentre nella boscaglia se si è fortunati è possibile l’incontro con i caprioli adulti ed i loro cuccioli, conosciuti disneianamente come Bambi. Animali sicuramente più facili da vedere anche in luoghi meno esotici ma non per questo l’incontro casuale con loro è meno emozionante. Come premesso non sempre la natura è accondiscendente con lo spirito di conquista umano ed i cingalesi non troppo di rado ne fanno le spese, pagando con la loro vita incontri con serpenti velenosi di diverso genere tra cui il famigerato cobra. Purtroppo proprio durante la nostra presenza si è consumata una tragedia capitata ad un signore anziano intento a coltivare il suo orticello, morso da un serpente velenoso di cui si sono perse le tracce. Fosse stato un cobra la causa della morte del pover uomo, non si sarebbe allontanato più di tanto dal corpo della vittima a differenza di altre specie che invece si disperdono velocemente nel verde circostante. Non è raffigurato sulla bandiera nazionale dove troneggia un leone con in pugno una sciabola, ma l’elefante è l’animale più simbolico e ricercato in assoluto. Gli enormi pachidermi dallo sguardo mansueto ma alquanto irritabili, si possono osservare in diverse versioni e, manco ci fosse il bisogno di ripeterlo, possono essere cavalcati in una passeggiata che, se non dal punto di vista del profitto per il proprietario delle bestie, azzera ogni legame con la scintillante e competitiva plasticosa vita occidentale cui apparteniamo. Tappa obbligata è l’Orfanotrofio degli Elefanti che accoglie centinaia di esemplari, oltretutto facilmente avvicinabili. Come si evince dal nome questi animali sono stati prelevati dopo che la solita avidità umana gli ha tolto loro i genitori, probabilmente salvandoli dallo stesso destino. Sinceramente l’ambiente è più stile circense che scientifico ed il trattamento che ricevono è discutibile. In taluni casi incatenati o costretti al contatto con gli umani che si divertono ad allungare loro caschi di banane, i pachidermi accettano loro malgrado l’offerta, sicuramente coscienti del fatto che se si trovano in quella situazione è proprio perché le persone intorno, che strillano e fan foto a raffica, ce li hanno messi. Più fortunati invece sono gli elefanti in completa libertà e che la sera fanno la loro comparsata ai bordi delle strade; l’istinto è quello di scendere dall’auto e scattare the pic of the week, non fosse che il rischio di subire un attacco è altissimo. Se l’avvicinamento con i mezzi non provoca reazioni inconsulte infatti, la presenza dell’uomo può giustamente essere interpretata come minaccia dagli elefanti, quasi prossimi all’estinzione dopo una permanenza sul globo di 5 milioni di anni.
True colors in SriLanka. Le persone (Primo Capitolo di Tre)
Un contributo all’immaginario riguardante le nostre sognate destinazioni deriva spesso da informazioni commerciali che si focalizzano principalmente nella descrizione dei luoghi con immagini naturalistiche e storici richiami sacri ed architettonici. Il punto di partenza collettivo per individuare un luogo è un simbolo che ne aumenta esponenzialmente il prestigio. Spesso, se non sempre, si tralascia il fatto che dietro a delle bellissime opere c’è l’intelligenza, la volontà, la fatica, la genialità, la cultura di un popolo che altro non è, quest’ultimo, che un fitto intreccio di individui facenti parte della stessa comunità.
In Sri Lanka, complice il fatto che esiste sì un’importante ramificata simbologia ma nessuna opera colossale, concentrarsi sulle persone è forse l’unico viatico per capire le innumerevoli sfumature che offre l’isola all’appendice dell’India ed a poche miglia da uno dei paradisi terrestri conosciuto come Maldive.
Nei loro sguardi speranzosi i cingalesi usano gli occhi per guardare al futuro in modo diverso da ciò che hanno dovuto recentemente subire quando una guerra civile, fomentata da interessi economici di parte ma beffardamente camuffata da sentimento religioso, ha spazzato via centinaia di vite. Se queste recenti responsabilità vanno attribuite alla politica interna non si possono altrettanto assegnare loro quelle storiche dove, per l’ennesima volta, sono stati i colonizzatori inglesi a conquistare e sottomettere al proprio volere la popolazione indigena, modificando gli equilibri etnici locali.
Ritornando al presente, la prima cosa che salta agli occhi ad un occidentale è proprio l’aspro contrasto di diverse culture e civiltà; dalla nostra parte l’ormai palese sottomissione ad un sistema rivolto e monopolizzato all’equazione felicità-materia, dalla loro un resistente concettualismo buddista, felicità-spiritualità. Alla luce dei fatti se nel primo caso si assiste ad una smisurata produzione di stress quotidiano che attanaglia testa e stomaco dei progrediti europei, dall’altra regna la serenità e consapevolezza di un popolo che da l’impressione di essere estremamente pulito e concreto. Vengono accolte eventuali obiezioni riguardanti la serenità cingalese, ove la frenesia colpisce i centri più sviluppati economicamente e che inevitabilmente influiscono e modificano le tradizioni, anche in questo caso riconducibili al virus consumistico, embrionato e sviluppato nei paesi occidentali, che ne risulta la causa.
Fatto sta che in particolar modo nei luoghi ancora integri dagli attacchi commerciali e dal contagio del turismo di massa, resistono delle persone miti ed accoglienti che dietro a quella che per i canoni moderni può sembrare povertà è invece l’esatto opposto. I cingalesi hanno una ricchezza interiore tale da mettere a nudo e far arrossire persone avide e potenti che giorno dopo giorno aumentano il loro avere dilapidando l’essere a spese anche di popolazioni sfruttate perché diverse ed indifese. Difficile discostare il piglio filosofico da quello oggettivo perché la sensazione abituale durante il confronto con queste persone, che ci ha accompagnato durante tutto il viaggio, è sempre stato quello della ricerca di una serenità interiore e della comprensione altrui; anche e soprattutto nei piccoli gesti quotidiani rivolti alle altre persone, agli animali ed a tutte le forme di vita che vivono e nutrono il pianeta cui noi facciamo uso improprio ed esclusivo.
In Sri Lanka la presunzione d’essere individui prediletti è pressoché inesistente se non racchiusa nelle rispettate minoranze, comunità religiose induiste, musulmane e cattoliche. L’indole buona ed accogliente dei cingalesi, sia questa innata che derivante dalla filosofia buddista, permette al visitatore di muoversi praticamente ovunque senza l’ansia di prestare ossessiva attenzione alla propria incolumità.
Se in luoghi ad alto rischio l’umiltà, il rispetto ed un adeguato sorriso possono toglierci da situazioni particolarmente spiacevoli, che non è poco, in Sri Lanka saranno il nostro passaporto per concentrarci esclusivamente alle persone che ci circondano ed a tutti i benefici che esse comporteranno nella nostra vita; che è tantissimo.
Un viaggio concettuale sicuramente apparentemente meno profondo di quello che possono offrire i dirimpettai indiani ma che probabilmente non lascia troppo spazio a fraintendimenti radical chic ed a persone tendenti alla ricerca spirituale salvo poi limitarsi alla creazione di improvvisati altarini incensosi presso le loro taverne o folcloristiche quanto inutili reunion commemorative presso splendenti centri ayurvedici.