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Controviaggio: Qualcosa è cambiato

Meno idee si hanno e meno si è disposti a cambiarle

Michelangelo

Della notte appena trascorsa sotto il temporale erano rimaste solo delle inquietanti nubi nere e pozzanghere tanto vaste e profonde da rallentare il flusso del traffico. Avevo trascurato il fatto che avrei perso parecchio tempo prima di svincolarmi dagli ingorghi e raggiungere l’ufficio. Pagai la disattenzione con circa venti minuti di ritardo ma almeno ebbi tempo di riempirmi un po’ lo stomaco prima di uscire di casa.

Al mio ingresso nella conference room erano già tutti schierati ai bordi del lungo tavolo dove ad ogni sedia  corrispondevano colleghi, fotografi, cameraman ed analisti e davanti a loro report pronti ad essere esposti al grande capo, l’unico in piedi, che nel frattempo si impegnava a pulire la lavagna magnetica da appunti precedenti.

stonesProprio lui, ovviamente, esordì in tono severo “finalmente ci siamo tutti, possiamo incominciare”. Notai qualche sguardo indirizzato nei miei confronti con l’intento evidente di imputarmi l’attesa ma non ebbi tempo di scusarmi perché il direttore non perse tempo nel arrivare al punto: “Colleghi, avremo modo di constatare dati alla mano che le cose non vanno malissimo, ma non basta. Non possiamo accontentarci, non siamo qui per galleggiare. Dobbiamo cambiare linea così rischiamo troppo e tutto” mentre lo diceva si muoveva coprendo con la sua snella e decisa figura i pochi appunti rimasti sul boarding; incalzò “se qualcuno di voi ha delle idee questo è il momento per tirarle fuori. Tutte. Anche quelle che a voi sembrano più idiote potrebbero essere vasi di pandora che ci conducono a qualcosa di grande” Le facce preoccupate fecero presto spazio a sorrisini di compiacimento a chi ricopriva ruoli creativi, come il mio, mentre irrigidirono ulteriormente quelli degli analisti che si sentirono esclusi da questa prima richiesta.

Il primo ad esordire fu S che era sempre la più preparata in questi casi. I pezzi che scriveva erano sempre molto dettagliati e ricchi di informazioni ed il lettore, specie quello femminile, la ripagava con numerose gratificazioni “Personalmente credo ci debba essere più sintonia tra i vari pezzi. Mi spiego, quello che pubblico spesso fa difficoltà ad agganciarsi a quello che scrive lui, ad esempio”. Ancora una volta mi ritrovai tutti gli sguardi addosso, perché “lui” ero io. Erano due i motivi per cui ammiravo S: l’aspetto fisico, cui un certo rigore si opponeva idealmente all’immagine di lei in una sognata intimità e la sua sete di successo che la rendeva implacabile ed impeccabile. Ma senti sta pezza di merda, pensai all’occasione facendo svanire tutti i sogni precedenti e sentendo la fronte raffreddarsi all’improvviso. Non ebbi tempo di rispondere che il primo analista, dopo averle staccato di dosso a fatica lo sguardo incantato, partì con un elenco interminabile riguardante i numeri che effettivamente poteva vantare S.

“Sì d’accordo S. grazie ed anche a lei, ma l’intento di oggi non è quello di perfezionare, ma di stravolgere” tagliò corto il capo. “Noi possiamo sicuramente osare di più” intervenne F, responsabile del canale dedicato su You Tube, prontamente incalzato a continuare dal direttore “abbiamo grossi margini di miglioramento, con interviste più approfondite e d’inchiesta. Dobbiamo coinvolgere più persone, ma non è sempre facile”. I cameraman annuivano mentre seguivano le indicazioni del loro responsabile che invece fece innervosire non poco il big boss che lo interruppe “Facile? E chi cazzo ha mai parlato di cose facili? Qualcuno di voi ha forse avuto facilmente il posto che ricopre? In caso posso prendere informazioni ed altrettanto facilmente vi ritrovereste col culo sul marciapiede di fuori. Qui niente è facile. Entusiasmante, importante, crescente, ma non facile”

Erano passati parecchi minuti di discussione e non sembrava esserci soluzione alle richieste di cambiamento. L’aria si era appesantita nonostante i continui flussi di aria condizionata, quasi inefficaci al cospetto dell’umidità emessa dalle persone all’interno della sala e di quella che si intravedeva dalle finestre che davano sul parco difronte allo stabile.

La segretaria personale del grande capo aveva provvidentemente fatto irruzione nell’ufficio chiamandolo a rispondere al telefono con una certa urgenza, così da permetterci una pausa. Gli analisti si raggrupparono tra loro e cominciarono a snocciolare dati, scartare cibi e sorridere di nuove scoperte nel mondo dei videogame, S aprì la propria borsetta, estrasse lo smartphone e non esitò un istante a digitarci centinaia di parole probabilmente dirette al suo amante o a qualche amica di pettegolo; i fotografi si sedettero sul tavolo in compagnia dei cameraman smaniosi di fumare qualche sigaretta e scambiarsi informazioni sui nuovi viaggi in agenda. Rovistai d’istinto, senza un motivo specifico, nella mia borsa; forse in cerca del tablet. Mi capitò tra le mani un libro che avevo cominciato a leggere ma non ero mai riuscito a portare avanti. Viaggio in Portogallo, di José Saramago. Una guida turistica spirituale, poetica e romanzata del Paese lusitano che aveva dato i natali allo scrittore premio Nobel della letteratura.

Il capo rientro e le persone cominciarono a ricomporsi lasciando da parte almeno apparentemente il clima apatico che si era formato.

“Un romanzo!” esclamai attirando questa volta volutamente gli sguardi “…sembrerà di leggere un romanzo!” Nessuno aveva ancora capito cosa stava balenando tra la mia testa in quel momento, ma ignaro di tutto continuai “la rete è piena stracolma di indirizzi, numeri, prezziari, indicazioni e suggerimenti su cosa fare, come e perché” si era spento anche l’ultimo brusio “mancano indicazioni per raggiungere l’anima, la spiritualità, il carattere dei luoghi.” S sorrise scettica ed accennò una timida interazione che venne sommessa dal capo che mi fece cenno di andare avanti “Ci sono migliaia di siti uguali, diari di viaggiatori che ci raccontano quello che hanno fatto e quello che dobbiamo fare per seguirne le orme. Va bene, grazie, utili. Noi però possiamo offrire qualcosa di diverso evitando di togliere o opacizzare la convinzione del viaggiatore di essere il primo scopritore di ciò che vede. Quella sgradevole sensazione di bere da un bicchiere dove hanno già bevuto altre persone.” “Interessante”, si lasciò scappare F tra lo sguardo esterrefatto degli analisti e quello visibilmente stizzito di S “inutile stare a descrivere le dimensioni del bicchiere e la bevanda che ci puoi versare. Descriverò chi la bevanda l’ha prodotta, come e dove vive, i suoi amori e le sue paure. Ci saranno aneddoti di vita, di speranze, di gioie che alla fine la bevanda nel bicchiere sarà un frullato di sentimenti. Ecco con cosa si asseterà il mio lettore.” S questa volta non riuscì a trattenersi “ma così andiamo a stravolgere tutto!” mettendo sul vassoio d’argento la mia rivincita lavorativa che non tardò ad arrivare per bocca di chi decideva “Quello che avevo chiesto”

La gioia di aver contribuito a trovare la nuova via lasciò da parte inutili rancori e prese ancora più slancio: “e credo che far interagire la parte romanzata con quella informativa e di ricerca possa essere di ulteriore successo. Il lettore vorrà ricalcare le orme del protagonista ed andare a visitare il set”  non tardò la puntualizzazione del capo “Bene S, compito tuo spiegare come arrivarci a questo set

La stanchezza e la staticità mentale papabile fino a prima del mio speech d’improvviso imboccarono la via della creatività e da lì a poco la lavagna diventò un campo di battaglia carica di informazioni, collegamenti e sottolineature.

Minuto dopo minuto si intensificava frenetico il lavoro di restauro della nostra opera.

Nel frattempo però accadde qualcosa di strano ed inspiegabile: i colleghi cominciarono uno ad uno a sbiadirsi, disperdersi tra le luci della stanza, scomparire lentamente, come anime libere che si introducevano ed incastravano nel progetto che assimilava queste forze per ingigantirsi, colorarsi, prendere vita.  Rimasi lì, a guardare ciò che stava accadendo, quasi incredulo che fossi proprio io la causa di tutto ciò. Le persone con le quali avevo ideato questa nuova formula erano scomparse ed anche la lavagna, il tavolo e l’ufficio si scomposero in tanti piccoli pezzi che volarono all’orizzonte lasciandomi solo in mezzo al nulla.

Solo, con le mie fantasie ed un nuovo progetto tra le mani.

Viaggiare d’autunno

La meteorologia classifica l’autunno al pari della primavera, come una stagione intermedia; la durata viene quindi stimata tra il 1° settembre e il 30 novembre

 

Mi sono svegliato, o almeno credo.autunno

Nel dormiveglia socchiudo gli occhi ed intravedo la luce dell’alba. Li richiudo avaro di sonno e diventano sempre più definiti i rumori all’esterno; capisco che è un camion della spazzatura quello che emana un acuto segnale ad intermittenza interrotto dal secco frastuono del cassonetto rilasciato a terra. Dura qualche minuto, poi si allontana portando con se il cadenzato rumore diesel e lo scorrere dei pneumatici sull’asfalto amplificati dal cemento bagnato. Pare abbia piovuto o, chissà, forse sta piovendo.

I sogni della notte lasciano spazio ai primi pensieri razionali; c’è da scegliere l’abbigliamento adatto per uscire, ma ancora non so se piove o meno, se fa caldo oppure no, se la giornata di oggi sarà caratterizzata da un vento forte, umidità o da chissà quale altro ostacolo meteorologico. La lucina arancione della ricarica della Nikon è fissa,  la batteria pronta per essere inserita nella macchina.

Scorre l’acqua in bagno, arta malapena ho realizzato che ti sei fatta la doccia qualche istante fa.

Sarai davanti allo specchio concentrata a sistemarti. Chissà se guardandoti penserai a quante centinaia di individui si sono riflesse proprio lì, dove adesso sei tu. Persone con le loro storie vissute, le loro famiglie, i loro desideri e segreti; ansie, paure e differenti modi di usufruire la stessa stanza che stiamo vivendo noi ora. In pochi ci pensano, secondo me. Forse è proprio grazie al pbeattlesotente ed istantaneo senso di proprietà che contraddistingue gli esseri umani che le strutture ricettive esistono. Dal momento in cui ci viene data la chiave la camera diventa nostra; per qualche giorno o settimana la possediamo. Centinaia di persone dormono nello stesso letto certi di essere, non dico gli ultimi, ma i primi ad averlo fatto.  Stranezze.

Sul letto ci sono seduto, adesso. Il bollitore elettrico ha ufficializzato l’inizio della nuova giornata con il suo goffo balletto dovuto al bollore dell’acqua che ho già versato nella tazza. La bustina del tè deteinato me la porto da casa, un amuleto per affrontare nuove culture senza staccarmi dalle mie radici. Apro la confezione di un prodotto locale e ne assaporo il gusto. Tu sei quasi pronta e ti sposti continuamente tra la stanza ed il bagno per gli ultimi preparativi. Devo rompere il silenzio per farti notare quanto sia buono quello che sto degustando; svela sapori inimmaginabili se mangiato lontano da qui. Devi assaggiarlo!

I preparativi per affrontare il primo giorno di viaggio stanno procedendo come di consueto e le lenzuola poc’anzi stropicciate sono perfettamente aderenti al materasso per accogliere la pianta della città. Occupa molto spazio, odora di stampa, ai lati della schematica mappatura pacchiane finestre colorate raccomandano ristoranti, attività e quant’altro. Lievi distrazioni su quello che da lì  a poco diventerà un campo di battaglia pieno di appunti e cerchiature solo all’apparenza disordinate. Una volta usciti capiremo se è il caso di raggiungere questi luoghi camminando o con altri mezzi.

Entriamo nell’ascensore che una coppia di giovani italiani ha appena lasciato alle loro spalle. Sembrano essere in disaccordo su molte cose mentre si incamminano nel corridoio; si chiude la porta. Torna il silenzio.

Ancora non sappiamo cosa ci aspetterà là fuori, ma sono sicuro che ci piacerà anche questo viaggio.

Bello viaggiare d’autunno, penso.

Con te.

 

 

 

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Tilos: laboratorio d’artisti

campanileAscoltare il silenzio senza timore, nell’epoca attuale risulta quasi impossibile. Per molti.

L’indigestione di informazioni, tra le tante inutili e fittizie, cui siamo sottoposti quotidianamente, inghiottite alla stregua delle oche da foie gras, altrettanto gonfiate a suon di mangimi sparati in gola da tubi poco cortesi, ci ha disabituato ad assaporare la libertà del nulla, la leggerezza dell’ascoltare senza dover giustificare o rendicontare. L’ossessionante condivisione del tutto, ci ha lasciato privi di apprezzare attimi in cui il vero tutto è rappresentato da momenti di niente apparente.

Introduzione decisamente importante e forse troppo pretenziosa per chi magari cerca solamente qualche spunto in più per visitare Tilos, penserà qualche lettore, ma necessaria a comprendere a fondo la spiritualità dell’isola greca; il turismo e tutto il ramificato folclore che ne consegue, lì, non ha piantato radice alcuna.

scaleAttraccati al porto principale di Livadia passano pochi secondi dalla piccola calorosa accoglienza ed adunanza dei vari albergatori mentre recuperano i loro ospiti al ritorno alla quiete. L’istantanea confusione si dissolve tra l’accelerata di qualche furgone e le conseguenti nuvolette di fumo presto scolorite tra l’azzurro del cielo. Come il botto finale ad indicare la fine dei fuochi d’artificio è il motore del traghetto a silenziarsi man mano che questo si perde all’orizzonte verso la sua prossima meta.

Ti ritrovi solo. A guardarti in giro.

I pochi noleggiatori di poche auto e pochissimi scooter aspettano, senza avvicinare o disturbare i nuovi arrivati che tanto, come le api attratte dal pistillo dei fiori prima o poi arriveranno a loro.

Grazie a questi mezzi comincia l’esplorazione di Tilos ed i suoi ampi spazi battuti da un sole incessante e raffiche di vento caldo che non attenuano di niente le temperature soffocanti.

rovineArrampicarsi su quelle che una volta erano mulattiere ed osservare l’isola dai punti più alti, in solitudine, già ci racconta molto sulla spiritualità del luogo. Così come l’antico villaggio abbandonato Mikrò Choriò dove trovano rifugio dal sole che picchia incessante sia le capre che qualche volenteroso signore intento a restaurare la Chiesa o qualche edificio che forse non accoglierà mai nessuno. Le strade sono deserte e la stazione di servizio è aperta solo mezza giornata. In caso di emergenza i supermercati del piccolo centro cittadino vendono carburante in tanica, impensabile ai giorni nostri.

Seguendo le viewsegnalazioni turistiche si raggiungono i luoghi indicati come più interessanti da visitare, tra cui il museo che ospita lo scheletro di un elefante nano; ma l’edificio è abbandonato a se stesso, chiuso ed in balia di qualche vandalo e tante capre che lo usano come riparo. Molte spiagge sono poco frequentate ed interessanti punti d’attracco di barche a vela di passaggio.

Un laboratorio d’artisti, ecco cosa potrebbe essere e cos’è forse a giudicare da qualche insegna affissa su case isolate. La misticità ed il silenzio di questa isola schiva e riservata rispetto alle sue rumorose ed iperattive sorelle più illustri, la rendono luogo perfettocampana per scultori intenti a modellare opere di creta con le mani mosse dai liberi pensieri e ed il fruscio del vento o scrittori che a Tilos concedono il corpo e la sua statica presenza, ma non la mente, fluttuante in chissà quale altro luogo o palcoscenico frutto della fantasia. Magari semplici accordi di un brano che un musicista donerà alla stessa comunità che mai potrebbe cogliere l’aspetto embrionale dell’arte, spesso fiorente nel nulla, entusiasta nel glorificarne l’aspetto finale, svilito in stanze affollate.

Oppure ispirazione di un poeta, osservatore del mare e dei pescatori, dei gabbiani e delle onde che giorno dopo giorno cullano il mistero di quel profondo blu, che come inchiostro non cambia la sostanza ma entusiasma con nuove forme.

Questi spicchi di mondo, in fin dei conti, sono loro stessi poesia.

 

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