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Ogni gara ha il suo tempo

Attendo l’in o l’out alla mia richiesta di partecipazione alla Maratona di Boston.

Non sono troppo fiducioso perché l’organizzazione  ha già comunicato che vista l’altissima richiesta ci saranno tagli ai tempi meno competitivi.

Per poter presentare domanda alla Maratona di Boston è infatti richiesto un tempo di qualifica minimo che però non garantisce automaticamente l’ingresso alla gara podistica più antica del mondo.

L’attesa per un corridore penso sia una delle sofferenze più immani debba sopportare. Stare fermo, impotente. Non bastasse il caldo umido di questi giorni mi ha pure bloccato con un influenza, così addio a qualche seduta di allenamento.

Ecco perché scrivo.

Chi non conosce l’autore di queste prime righe penserà che sono un maratoneta  professionista, chi lo conosce che mi sono montato la testa.

Niente di tutto questo. Stai leggendo delle righe scritte da una normalissima persona che ha trovato un’attività capace di fargli ancora credere che con una giusta dose di caparbietà, sacrificio e testardaggine si possano raggiungere obiettivi importanti. La gara è un semplice compimento, un resoconto di quello che abbiamo fatto. L’applicazione del bib number alla maglietta è il sipario che cala sui giorni di fatiche, sudore versato. Scarpe consumate su marciapiedi sgretolati, asfalti polverosi e scivolosi. Tra le macchine che ti vengono incontro a fari spenti, i maleodoranti  gas di scarico, gente in scooter che ti fischia o che ti manda a fanculo. E’ anche questo ma fortunatamente non solo questo. Ci sono pure gli sguardi persi nel mare, il sole che ti sfida alto; per poi dartela vinta regalandoti tramonti che tolgono il fiato per qualche minuto ed alimentano i polmoni e la mente per ore. Poi i brividi di tanta bellezza e quelli del vento che, a favore o contrario, è sempre amico.

Come in un rapporto amoroso le cose belle hanno il sopravvento di quelle brutte. Che pur esistono.

Non lo so se ad aprile del prossimo anno avrò il privilegio di confrontarmi con altre migliaia di persone tra i quartieri del Massachusetts che in un percorso noiosamente faticoso ti accompagnano tra sali e scendi fino al traguardo di Boston, però sono sicuro che ne avessi la possibilità alla temuta Heartbreak Hill non mi fermerei e finirei la mia maratona così come l’ho iniziata: correndo.

Intanto aspetto, consapevole che nella vita ogni cosa arriva a suo tempo; ogni gara ha il suo tempo.

Affronto i compiti che ho davanti e li porto a compimento a uno a uno, fino a esaurimento delle forze. Concentro la mia attenzione su ogni singolo passo, ma al tempo stesso cerco di avere una visione globale, e di guardare lontano. Perché si dica quel che si vuole, ma io sono un maratoneta
(Haruki Murakami)

Tilos: laboratorio d’artisti

campanileAscoltare il silenzio senza timore, nell’epoca attuale risulta quasi impossibile. Per molti.

L’indigestione di informazioni, tra le tante inutili e fittizie, cui siamo sottoposti quotidianamente, inghiottite alla stregua delle oche da foie gras, altrettanto gonfiate a suon di mangimi sparati in gola da tubi poco cortesi, ci ha disabituato ad assaporare la libertà del nulla, la leggerezza dell’ascoltare senza dover giustificare o rendicontare. L’ossessionante condivisione del tutto, ci ha lasciato privi di apprezzare attimi in cui il vero tutto è rappresentato da momenti di niente apparente.

Introduzione decisamente importante e forse troppo pretenziosa per chi magari cerca solamente qualche spunto in più per visitare Tilos, penserà qualche lettore, ma necessaria a comprendere a fondo la spiritualità dell’isola greca; il turismo e tutto il ramificato folclore che ne consegue, lì, non ha piantato radice alcuna.

scaleAttraccati al porto principale di Livadia passano pochi secondi dalla piccola calorosa accoglienza ed adunanza dei vari albergatori mentre recuperano i loro ospiti al ritorno alla quiete. L’istantanea confusione si dissolve tra l’accelerata di qualche furgone e le conseguenti nuvolette di fumo presto scolorite tra l’azzurro del cielo. Come il botto finale ad indicare la fine dei fuochi d’artificio è il motore del traghetto a silenziarsi man mano che questo si perde all’orizzonte verso la sua prossima meta.

Ti ritrovi solo. A guardarti in giro.

I pochi noleggiatori di poche auto e pochissimi scooter aspettano, senza avvicinare o disturbare i nuovi arrivati che tanto, come le api attratte dal pistillo dei fiori prima o poi arriveranno a loro.

Grazie a questi mezzi comincia l’esplorazione di Tilos ed i suoi ampi spazi battuti da un sole incessante e raffiche di vento caldo che non attenuano di niente le temperature soffocanti.

rovineArrampicarsi su quelle che una volta erano mulattiere ed osservare l’isola dai punti più alti, in solitudine, già ci racconta molto sulla spiritualità del luogo. Così come l’antico villaggio abbandonato Mikrò Choriò dove trovano rifugio dal sole che picchia incessante sia le capre che qualche volenteroso signore intento a restaurare la Chiesa o qualche edificio che forse non accoglierà mai nessuno. Le strade sono deserte e la stazione di servizio è aperta solo mezza giornata. In caso di emergenza i supermercati del piccolo centro cittadino vendono carburante in tanica, impensabile ai giorni nostri.

Seguendo le viewsegnalazioni turistiche si raggiungono i luoghi indicati come più interessanti da visitare, tra cui il museo che ospita lo scheletro di un elefante nano; ma l’edificio è abbandonato a se stesso, chiuso ed in balia di qualche vandalo e tante capre che lo usano come riparo. Molte spiagge sono poco frequentate ed interessanti punti d’attracco di barche a vela di passaggio.

Un laboratorio d’artisti, ecco cosa potrebbe essere e cos’è forse a giudicare da qualche insegna affissa su case isolate. La misticità ed il silenzio di questa isola schiva e riservata rispetto alle sue rumorose ed iperattive sorelle più illustri, la rendono luogo perfettocampana per scultori intenti a modellare opere di creta con le mani mosse dai liberi pensieri e ed il fruscio del vento o scrittori che a Tilos concedono il corpo e la sua statica presenza, ma non la mente, fluttuante in chissà quale altro luogo o palcoscenico frutto della fantasia. Magari semplici accordi di un brano che un musicista donerà alla stessa comunità che mai potrebbe cogliere l’aspetto embrionale dell’arte, spesso fiorente nel nulla, entusiasta nel glorificarne l’aspetto finale, svilito in stanze affollate.

Oppure ispirazione di un poeta, osservatore del mare e dei pescatori, dei gabbiani e delle onde che giorno dopo giorno cullano il mistero di quel profondo blu, che come inchiostro non cambia la sostanza ma entusiasma con nuove forme.

Questi spicchi di mondo, in fin dei conti, sono loro stessi poesia.

 

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