Gorizia: città ai margini, ma… (III parte, conclusione)

Come citato nel titolo, nonostante le numerose attrazioni storico e culturali, Gorizia rimane troppo spesso ai margini delle esigenze dei passanti che sono invece attratti dal Paese dei Balocchi che si trova a pochi passi e risponde al nome di Nova Gorica.
Chi arriva in auto, una volta imboccata l’uscita autostradale a Villesse e lasciato dietro a se il capannone che ospita Ikea ed il centro commerciale Tiare dal destino segnato e futura cattedrale vuota da reinventare, percorre il raccordo autostradale fino ad arrivare alla rotonda che non può passare inosservata grazie ad enormi archi che però non sempre calamitano i turisti che preferiscono tirare dritto ed approdare in Slovenia.
L’attraversamento del confine, non più contraddistinto dalle cabine riservate alla Polizia di Frontiera ed al esibizione di documenti, è comunque evidente e riconoscibile a prima vista, come già menzionato.
I distributori di benzina sono solo una delle parti più ghiotte presenti oltre confine e chiaramente vengono presi d’assalto sia dai turisti che dagli stessi goriziani che, pur avendo una tessera regionale che consente prezzi scontati sul carburante da quando hanno perso le agevolazioni di zona franca, non disdegnano di fare il pieno in Slovenia.
Anche chi è propenso alla cattiva abitudine di fumare potrà acquistare stecche di sigarette a prezzi convenienti nei vari Free Shop.
Queste caratteristiche di contorno ci spianano la strada verso i veri protagonisti del rinascimento sloveno di confine che sono i Casinò ed i vari locali di lap dance e via dicendo. Anni or sono frotte di concittadini, corregionali e veneti per lo più, riempivano le sale del Casino Park prima e dell’ultimo nato Perla poi, dove tra palline metalliche saltellanti sulla roulette e l’incessante tintinnio di irrequieti gettoni nelle slot machine si alternavano spettacoli con artisti italiani ed internazionali di una certa fama, mentre le tasche di alcuni avventori si riempivano momentaneamente e quelle di tanti si svuotavano completamente. Fatto sta che mentre le strutture ricettive goriziane cercavano di resistere sul mercato nonostante tassazioni elevate e scenari museali da prima guerra mondiale, Nova Gorica surclassava la vicina con tappi di champagne volanti e sculettanti ragazze in paillettes.
La luce del giorno è inesorabile rispetto alle entreneuse che riviste struccate e senza gli effetti della sbornia si rivelano semplici ragazze in cerca di scorciatoie per raggiungere la fortuna, così come in assenza della complicità notturna anche Nova Gorica è costretta a svelare la sua identità strutturale fortemente legata al passato ed appartenente al regime socialista di Tito che tutto era fuorché un viveur. Tranne il palazzo della Transalpina, che infatti non è stato costruito dalla Jugoslavia, sono ben pochi gli edifici degni di nota, tranne forse pochi palazzi che furono costruiti dagli italiani. Per evitare fraintendimenti la mia è solo un’analisi oggettiva di ciò che vedo sul confine, non un’accusa rivolta alle risorse culturali slovene dove a Lubiana, ad esempio, offrono tutta la loro bellezza.
A proposito di bellezza, la pagina contenente la parola doveva essere strappata nel vocabolario degli architetti che con il loro pennino ad inchiostro hanno dato vita a due delle opere se non altro discutibili; se infatti l’Ospedale di San Pietro sfoggia pareti blu e rosa shocking, pensavo per evitare che gli elisoccorso atterrino sui Casinò ma il palazzo bicolore fu costruito in precedenza, la casa sfasata (foto) che si trova nei pressi del valico di Salcano è davvero il capolavoro.
Naturalmente come nel caso delle persone che possono essere simpatiche ad alcuni e meno ad altri, anche pregi o difetti del territorio possono suscitare reazioni differenti.
Le cose da scrivere sulle due città e sul territorio circostante non terminerebbero di certo qua, ma il sassolino nello stagno che ho voluto lanciare, anche per rendere in qualche modo un piccolo omaggio alla mia terra d’origine, ha avuto un inaspettato riscontro con centinaia di visite giornaliere al blog controviaggio.wordpress.com e sulla pagina Facebook causando mi auguro l’effetto farfalla. Qualche goriziano troverà sicuramente da brontolare sulle mie descrizioni a torto o ragione ma sicuramente saprà contribuire a divulgare la verità storica che sarebbe bene valorizzare in una sana curiosità turistica. I forestieri che invece saranno incuriositi e spinti da queste righe per dedicare un piccolo o grande viaggio nelle città ai margini Gorizia e Nova Gorica, potranno scoprire autonomamente i dettagli mancanti o eventuali verità involontariamente omesse in questi post; ed una volta giunti sul luogo potranno anche e sicuramente contare sugli animati racconti dei diffidenti e, a modo loro, ospitali goriziani.
Alitalia contro Trenitalia. Si salvi chi può.
Diversamente fallita Alitalia contro Ferrovie privatizzate dello Stato.
Ci scusiamo con i nostri followers perché sicuramente nell’immediata post lettura delle due Compagnie sopra citate avranno avuto attacchi di isterismo, clonati di vomito ed il riaffiorare di grottesche esperienze vissute.
In effetti il pendolare italiano grazie all’incompetenza ed approssimazione di chi opera e gestisce l’apparato “circolatorio” del Belpaese spesso più che un viaggio affronta delle prove di “normale” sopravvivenza.
La prima esperienza che mettiamo sul piatto è quella volata che dall’aeroporto di Trieste ci ha portati a Milano Linate. L’aeroporto a Ronchi dei Legionari (GO) grazie all’ennesima mal gestione politica con investimenti dubbi e scarsa lungimiranza non solo è rimasto formato mignon, ma vista la concorrenza con gli aeroporti di Venezia, Treviso e Lubiana (Slovenia) continua a snellire i pochi operativi esistenti. Ed è proprio parlando di operativo che l’efficiente servizio email della “diversamente fallita” Alitalia ci comunica qualche giorno dopo la nostra abbastanza vantaggiosa offerta di un cambio orario: l’AZ 7048 non decollerà alle 18:30 ma alle 20:50 e non arriverà alle 19:25 bensì alle 21:45.
Lavorando nel settore non ci meravigliamo certo di queste sottigliezze. Quello che invece desta qualche leggera preoccupazione è il fatto che poche ore prima l’Ansa comincia a battere notizie poco rassicuranti riguardo la Compagnia che pare sull’orlo del secondo fallimento. In quel caso volo perso e nessun rimborso. Fortunatamente il giorno da noi prescelto per volare è un mercoledì, gli abili amministratori della compagnia tricolore assicurano servizio completo fino a sabato. Sospiro di sollievo.
Solito siparietto ai controlli dove gli impeccabili Vito Catozzo (personaggio inventato da Giorgio Faletti negli anni 80) applicano la legge minuziosamente e ci fanno lasciare a terra un gel da barba da 200ml anche se giunto alle ultime spruzzate (il limite consentito è 100ml nel bagaglio a mano). Il materiale recuperato, ci dicono, verrà donato alla Caritas. In effetti la schiuma da barba è sempre stato recondito desiderio dei barboni.
Tutto liscio quindi, anzi, il carrello dell’aereo toccherà suolo lombardo con 15 minuti di anticipo.
Opera Air France.
Decolliamo con un amministratore delegato, atterriamo con un altro e qualche milione di buonuscita in meno nelle casse delle Poste, ma per quel che ci riguarda la missione è compiuta: siamo a Linate.
Se a Milano ci siamo andati, da Milano dovremo pur tornare. Un comodissimo Freccia Bianca a soli 29 euro è quel che fa per noi. Dimezzato il costo rispetto l’aereo, ma non certo le comodità. Chiaro, sono 3 ore e 50 di viaggio contro 45 minuti, ma grazie al tablet e qualche altro aiutino tecnologico il tempo passa in fretta.
La temperatura non proprio primaverile e l’umidità ci scavano le ossa in Stazione Centrale, noi attendiamo imperterriti di scoprire quale sarà il binario in cui recarsi; ci guardiamo intorno abbagliati da maxi schermi che proiettano pubblicità e notizie flash confermandoci che Ridley Scott con il suo Blade Runner fu profeta.
La partenza è prevista alle 17:05 così alle 16:50 finalmente appare il numero del binario in cui recarsi. Ci appartiamo in attesa che la mandria salga sul trenino. Preso il posto 9A nel vagone 4 veniamo a scoprire che gli abbonati non hanno un’assegnazione di posto, pertanto devono attendere che tutti gli altri si siedano e poi elemosinare posti liberi. Ecco perché ci sentiamo giustificati nel dare degli incompetenti a chi è pagato per gestire certe situazioni. Il bello è che senza essere inventori basterebbe copiare da Paesi civili.
Ma a noi che ce ne frega? Non siamo né abbonati né pendolari. Parte il primo dei due film programmati, After Earth, durata 1 ora e 40’. Il secondo non so mica se riusciremo a guardarlo tutto. Il treno schizza a gran velocità verso Brescia per recuperare i ben 20 minuti di ritardo accumulati alla partenza. In Giappone i Ministri dei trasporti chiedono scusa pubblicamente in questi casi, da noi è normale. Sempre a Brescia termina il primo film. Il treno ha già 100 minuti di ritardo con una non precisata prolungata sosta nella stessa stazione. Dicono si sia buttato sotto il treno qualcuno nel tratto di Rogoredo. Mentre ci informiamo in rete sull’accaduto scopriamo che una volta al mese c’è un qualcuno senza nome che tenta periodicamente il suicidio. Scopriamo anche casualmente che se il ritardo è dovuto causa terzi le FS non si fanno carico di nessun rimborso. Se l’intraprendenza dei legali delle ferrovie è decisamente vivace, nulla ha da invidiare quella dell’operativo che da Brescia dopo circa 1 ora di attesa decide di deviare il treno verso Cremona e regalare ai passeggeri un panorama non previsto. Si salta quindi Desenzano del Garda passando per Cremona e Mantova per poi ritornare sulla via maestra ed approdare a Verona. Gli avvisi del capotreno sono pressapochisti. Guardate che non è che ci inventiamo le cose appositamente per il blog… Tutto vero!
A bordo una coppia di giovani giapponesi che avevano scelto Venezia come ultima meta prima di suicidarsi a causa delle poche emozioni che riserva loro il Sol Levante riguadagnano entusiasmo e cominciano a scambiarsi effusioni orgogliosi e fieri di non essere nati nell’Italia gestita da un branco di deficienti. Li vedremo scendere a Mestre con solo 3 ore di ritardo felici e saltellanti con il cestino di sostentamento delle Ferrovie. (Acqua, succo di frutta, Loacker, pseudo crackers)
Nel vagone bar tre inservienti dall’accento napoletano fanno trascorrere il tempo raccontandosi cazzate attorniati da una coppia di esibizionisti con una bottiglia di Berlucchi che riusciranno a far cadere e la solita signorotta di mezza età dall’aria radical chic che inevitabilmente lavora nella redazione del TG4. Ci teneva a dirlo. Insomma, le disgrazie non vengono mai sole. Consumiamo la birra (solo 4 euro una lattina) e richiediamo la ricevuta all’inserviente che a quanto pare non è solito rilasciarle. Un consiglio al barista: comprati al supermarket la stessa marca di birra che vendi, non rilasciare ricevute ed intascati la differenza. (Mmmm abbiamo come il presentimento che il suggerimento sia arrivato tardi).
Morale della favola il Freccia Bianca arriverà alla nostra stazione di destinazione, Monfalcone, con 3 ore esatte di ritardo.
Se durante il week end Austria e Francia decidono di occuparci noi ci inventiamo un’influenza e non combattiamo. Avvisati.