Italiani in fuga. In Slovenia.

Da quando nel 2004 la Slovenia ha fatto il suo ingresso nella Comunità Europea ed in particolar modo con l’adozione della valuta Euro tre anni dopo, è sicuramente diventata meta ambita da molti italiani esausti nel dover essere perseguitati dal fisco del Belpaese. Per motivi logistici i più fortunati in tal senso possono almeno per una volta considerarsi proprio i goriziani che hanno cercato non tanto la fortuna, quanto la serenità, nel Paese limitrofo. Movimenti impensabili fino a qualche decennio fa, quando l’economia italica godeva di ottima salute confronto alle grigie prospettive che si percepivano oltre confine.
La Slovenia, è il caso di dirlo, non è un paradiso fiscale e molti imprenditori italiani prima di scegliere a quale nazione affidare le sorti della propria attività commerciale hanno voluto confrontarsi con diversi aspetti presenti nel carnet vessatorio degli Stati confinanti.
A differenza della Svizzera dove è evidente l’intento di slalomeggiare le imposte italiche, la Slovenia non offre sconti particolarmente interessanti a chi volesse piazzare la propria bandierina aziendale ma, da come ho avuto modo di capire grazie alla disponibilità di amici ed imprenditori, garantisce l’equità e semplicità nei pagamenti. Chi chiede semplicemente di lavorare senza occuparsi nel frattempo di ingegnarsi in sistemi più o meno legali per cercare di pagare il contributo statale e con l’ansia che anche fior di commercialisti ed avvocati ai quali rivolgersi settimanalmente non commettano errori, che comunque graverebbero solo ed esclusivamente sulla sua responsabilità, in Slovenia, o Austria, troverà dei Paesi dove è consentito farlo; dedicare il proprio tempo lavorativo all’attività e pochi minuti al pagamento delle imposte che giustamente vanno corrisposte a fronte di un rientro comunitario.
Ho avuto il piacere di intervistare Marco Travan che assieme a Romano Ballaben e Roberta Corbelli è uno dei tre soci fondatori di Illusio d.o.o., azienda all’avanguardia della comunicazione situata proprio a Nova Gorica e costituita dai tre componenti italiani.
Nella chiacchierata con Marco si evidenziano gli aspetti che ho sopracitato che riguardano il primo confronto degli aspiranti imprenditori su quali convenienze possano esserci nell’aprire un’attività in Italia o in altri Paesi e la scelta obbligata e non di certo gioiosa nell’affidarsi agli Stati confinanti dettata da esigenze anche economiche ma mirate ad un tenore di vita umano e non robotico come ormai avviene in Equitalialand dove lo Stato con tentacoli burocratici al limite della follia ti avvolge nel suo abbraccio soffocante; in molti casi mortale.
A distanza di pochi metri un piccolo imprenditore è costretto ad abnormi sacrifici che se fortunato potranno prolungare l’attività e lo stato d’agonia in cui è costretto a vivere per lavorare a discapito personale e della propria famiglia a favore di uno Stato in metastasi; l’altro è dedito a fare semplicemente ciò che un Paese di nuova concezione ma di antica e saggia moralità gli consente di fare: lavorare per vivere. In quest’ultimo caso parliamo di Slovenia.
Gorizia: città ai margini, ma… (III parte, conclusione)

Come citato nel titolo, nonostante le numerose attrazioni storico e culturali, Gorizia rimane troppo spesso ai margini delle esigenze dei passanti che sono invece attratti dal Paese dei Balocchi che si trova a pochi passi e risponde al nome di Nova Gorica.
Chi arriva in auto, una volta imboccata l’uscita autostradale a Villesse e lasciato dietro a se il capannone che ospita Ikea ed il centro commerciale Tiare dal destino segnato e futura cattedrale vuota da reinventare, percorre il raccordo autostradale fino ad arrivare alla rotonda che non può passare inosservata grazie ad enormi archi che però non sempre calamitano i turisti che preferiscono tirare dritto ed approdare in Slovenia.
L’attraversamento del confine, non più contraddistinto dalle cabine riservate alla Polizia di Frontiera ed al esibizione di documenti, è comunque evidente e riconoscibile a prima vista, come già menzionato.
I distributori di benzina sono solo una delle parti più ghiotte presenti oltre confine e chiaramente vengono presi d’assalto sia dai turisti che dagli stessi goriziani che, pur avendo una tessera regionale che consente prezzi scontati sul carburante da quando hanno perso le agevolazioni di zona franca, non disdegnano di fare il pieno in Slovenia.
Anche chi è propenso alla cattiva abitudine di fumare potrà acquistare stecche di sigarette a prezzi convenienti nei vari Free Shop.
Queste caratteristiche di contorno ci spianano la strada verso i veri protagonisti del rinascimento sloveno di confine che sono i Casinò ed i vari locali di lap dance e via dicendo. Anni or sono frotte di concittadini, corregionali e veneti per lo più, riempivano le sale del Casino Park prima e dell’ultimo nato Perla poi, dove tra palline metalliche saltellanti sulla roulette e l’incessante tintinnio di irrequieti gettoni nelle slot machine si alternavano spettacoli con artisti italiani ed internazionali di una certa fama, mentre le tasche di alcuni avventori si riempivano momentaneamente e quelle di tanti si svuotavano completamente. Fatto sta che mentre le strutture ricettive goriziane cercavano di resistere sul mercato nonostante tassazioni elevate e scenari museali da prima guerra mondiale, Nova Gorica surclassava la vicina con tappi di champagne volanti e sculettanti ragazze in paillettes.
La luce del giorno è inesorabile rispetto alle entreneuse che riviste struccate e senza gli effetti della sbornia si rivelano semplici ragazze in cerca di scorciatoie per raggiungere la fortuna, così come in assenza della complicità notturna anche Nova Gorica è costretta a svelare la sua identità strutturale fortemente legata al passato ed appartenente al regime socialista di Tito che tutto era fuorché un viveur. Tranne il palazzo della Transalpina, che infatti non è stato costruito dalla Jugoslavia, sono ben pochi gli edifici degni di nota, tranne forse pochi palazzi che furono costruiti dagli italiani. Per evitare fraintendimenti la mia è solo un’analisi oggettiva di ciò che vedo sul confine, non un’accusa rivolta alle risorse culturali slovene dove a Lubiana, ad esempio, offrono tutta la loro bellezza.
A proposito di bellezza, la pagina contenente la parola doveva essere strappata nel vocabolario degli architetti che con il loro pennino ad inchiostro hanno dato vita a due delle opere se non altro discutibili; se infatti l’Ospedale di San Pietro sfoggia pareti blu e rosa shocking, pensavo per evitare che gli elisoccorso atterrino sui Casinò ma il palazzo bicolore fu costruito in precedenza, la casa sfasata (foto) che si trova nei pressi del valico di Salcano è davvero il capolavoro.
Naturalmente come nel caso delle persone che possono essere simpatiche ad alcuni e meno ad altri, anche pregi o difetti del territorio possono suscitare reazioni differenti.
Le cose da scrivere sulle due città e sul territorio circostante non terminerebbero di certo qua, ma il sassolino nello stagno che ho voluto lanciare, anche per rendere in qualche modo un piccolo omaggio alla mia terra d’origine, ha avuto un inaspettato riscontro con centinaia di visite giornaliere al blog controviaggio.wordpress.com e sulla pagina Facebook causando mi auguro l’effetto farfalla. Qualche goriziano troverà sicuramente da brontolare sulle mie descrizioni a torto o ragione ma sicuramente saprà contribuire a divulgare la verità storica che sarebbe bene valorizzare in una sana curiosità turistica. I forestieri che invece saranno incuriositi e spinti da queste righe per dedicare un piccolo o grande viaggio nelle città ai margini Gorizia e Nova Gorica, potranno scoprire autonomamente i dettagli mancanti o eventuali verità involontariamente omesse in questi post; ed una volta giunti sul luogo potranno anche e sicuramente contare sugli animati racconti dei diffidenti e, a modo loro, ospitali goriziani.