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Intramontabile mito: Moto Guzzi
Stavo cercando un aforisma appropriato alla Moto Guzzi per poter cominciare questo post ma alla fine l’incipit più adatto è sempre lo stesso, quello che caratterizza l’esistenza dello stesso blog Controviaggio: l’umanità.
Il valore aggiunto della mia visita al Museo Moto Guzzi si chiama Walter, un ex amministratore dell’azienda motoristica di Mandello del Lario, che è praticamente nato e cresciuto nello stabilimento in cui lo stesso padre era stato impiegato. Attualmente in pensione si dedica all’accompagnamento di curiosi ed appassionati tra le file di gloriose due ruote che fanno splendida mostra di loro al Museo in via Emanuele Vittorio Parodi 57 a Mandello del Lario (LC).
Ma facciamo un piccolo passo indietro; lo stabilimento Moto Guzzi dopo i suoi fasti gloriosi ha passato momenti non proprio esaltanti che sono terminati con l’acquisizione da parte del Gruppo Piaggio (2004) che, tra i vari, ha rilevato anche le storiche Aprilia, Gilera, MV Agusta, Laverda e Derbi. Moto Guzzi è uno dei brand trainanti con circa 30 motocicli prodotti al giorno.
Indubbiamente interessante la veste moderna della linea Moto Guzzi che vuole intelligentemente far valere il suo passato con evidenti richiami storici che si abbinano in modo affascinante alle nuove tecnologie facendo trasparire quell’umanità di cui le persone sentono sempre più il bisogno di legarsi. L’avevo scritto nel post del Mugello, moto e motori sono la goccia d’olio che cade dal carter (caratteristica tipica delle vecchie Moto Guzzi), la brugola e la martellata per adattare la bandinella o un soffio nel carburatore per ripulirlo dalle schifezze. Ogni moto parcheggiata nei corridoi del museo ha una sua storia, un suo aneddoto che Walter mi racconta con passione ed orgoglio; storie di persone comuni, di ingegneri che già negli anni 50 hanno avuto idee rivoluzionarie ed impensabili ancora oggi come l’addetto stampa che in sella ad un cinquantino si è girato l’Africa, la moglie di un appassionato belga che alla morte del marito ha donato la sua moto al museo perché orgogliosa di rivederla esposta, alla moto con gli sci laterali costruita specificatamente per la Polizia Norvegese mai ritirata ed abbandonata sotto una pergola a Mandello, anche quest’ultima donata dai proprietari alla Moto Guzzi.
Motori di 12 cilindri assemblati grazie alle onde magnetiche, sistema che 50 anni dopo suona come fantascientifico, il primo prototipo di turbo e piloti come Omobono Tenni, nel 1937 primo pilota non britannico vincitore su Moto Guzzi al Tourist Trophy dell’Isola di Man, che rischiavano la vita quotidianamente alla ricerca di record allora imbattibili su moto decisamente più scomode e complicate rispetto quelle odierne, con sistemi frenanti quasi superflui nella logica di allora. Se ancora oggi chi ha vissuto gli anni migliori della Moto Guzzi, come Walter, è patriottico a discapito di altre case produttrici che han preso spunto (per non dire copiato) con risultati meno brillanti, merito va dato anche alla mentalità dei fondatori dell’omonima fabbrica, l’Ing. Carlo Guzzi ed il pluridecorato aviatore Giorgio Parodi che hanno modellato il sogno grazie alla loro interminabile passione. Forse sono proprio queste componenti che mancano terribilmente nell’Europa voluta dai nuovi burocrati, umanità e passione. Forse è proprio il motivo per cui gli italiani si sentono a disagio in questo sistema così asettico.
In ogni caso l’Ing. Carlo e l’aviatore Giorgio, grazie ad un prestito iniziale di 2000 Lire da parte del padre di quest’ultimo che credeva nel progetto del figlio e del suo amico ingegnere nel 1921 gettarono le fondamenta di quella che sarebbe diventata un mito, la Società omonima Moto Guzzi. In un angolo del museo dedicato alla riproduzione dell’ufficio dell’Ing. Carlo Guzzi è ancora presente la lettera originale dove il padre Emanuele Vittorio Parodi specifica che il prestito sarebbe stato un investimento iniziale in attesa di verificare lo svolgimento del progetto. Il logo sarà un aquila, lo stesso utilizzato dall’Aviazione Navale, dedicato al loro amico e socio Giovanni Ravelli, scomparso in un incidente aereo.
Moto Guzzi attraverserà in sella buona fetta della storia, tra moto di grande successo, momenti bui e periodi di profonda crisi ma con la filosofia aziendale che ha caratterizzato un altro grande industriale, l’Ing. Adriano Olivetti. Il paese Mandello del Lario si è ampliato grazie alla Moto Guzzi che si è sempre adoperata per portare uno sviluppo a misura d’uomo, dando la possibilità agli allora pescatori e contadini di studiare nelle aule interne, apprendere il funzionamento dei motori per poi esser capaci di progettarne di nuovi, di occuparsi dello svago dei dipendenti come nel caso della Canottieri Guzzi nella sede storica di via Statale e che attualmente si sta riproponendo con iniziative interessanti e costruendo alloggi che potessero agevolare i propri lavoratori.
Ancora adesso il Museo Moto Guzzi è piacevole ed istruttivo da visitare, perché pulsa umanità e passione, elementi fondamentali che rendono gli oggetti animati, che trasmettono carattere alle cose che assieme al sacrifico e volontà superano record impensabili.
Senza cuore tutto si limiterebbe ad un ammasso di ferraglia colorata.
Ecco perché vien quasi da perdonare le orde di tedesconi carichi di birra quando durante i raduni si portano via i tappi e le cinghie originali dalle moto esposte o addirittura il palo con il nome della via difronte l’ingresso della fabbrica. Forse in sella alla Moto Guzzi anche loro si sentono più umani.
« Preoccupatevi degli interessi del nostro Paese più che del vostro. Non circondatevi di troppi agi; non sottraetevi al servizio militare, né al pagamento delle tasse. Siate indulgenti con gli altri e severi con voi stessi. Prego Iddio che i vostri figli siano la gioia della vostra vita come voi lo siete per me. » (Testamento lasciato ai figli da Giorgio Parodi)
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